L’amore di un genitore non conosce limiti, nemmeno davanti all’HIV
Testimonianza di Josh Middleton pubblicata sul sito Pozitive Hope (Stati Uniti) il 18 febbraio 2016, liberamente tradotta da Silvia Lanzi
Fin da giovani impariamo che le brutte notizie non piacciono a nessuno, specialmente ai nostri genitori. Non vogliamo dover ammettere un errore fatto da chi amiamo. È nella nostra natura voler anticipare il dolore o il dispiacere. Facciamo di più per evitare un dolore immediato che per ottenere piacere. La nostra mente elabora congetture ed emana giudizi perché il futuro è sconosciuto e ciò, a volte, ci scuote fino nel midollo.
Ho parlato con tantissime persone che vivono con l’HIV e che non farebbero mai il passo di dirlo ai propri genitori. Sono diversi i fattori che influenzano le persone sull’aprirsi oppure no. Molte cose trattengono le persone, incluse le relazioni con i loro genitori e gli altri membri della famiglia, l’educazione, la religione e l’ideologia politica famigliare, i problemi con il sesso e, ovviamente, la paura. Svelare di aver contratto l’HIV è una decisione molto personale, specialmente nei riguardi dei genitori. Vi racconterò perché svelare il mio stato di salute ai miei genitori si è rivelata una delle cose migliori che abbia fatto da quando mi è stata diagnosticata la malattia. Prima di farlo, è importante capire che educazione io abbia avuto.
Sono sempre stato e sarò sempre un cocco di mamma: qui lo dico. La verità è che ho sempre avuto un buon rapporto con entrambi i miei genitori. Mi hanno amato e aiutato durante i cinque anni di dipendenza dalla crystal meth, durante dozzine di ricoveri in cui ero più morto che vivo, in shock settico o con fasciti necrotizzanti. Dal momento che sono stato così tante volte in ospedale, forse penserete che avevano una suite per me e che i miei genitori dormivano a turno nella stanza giusto per assicurarsi che ci fosse qualcuno con me. Quando mi svegliavo e uscivo dai fumi dell’anestesia, loro erano al mio fianco. Quando gridavo per il dolore, quando la depressione mi colpiva duramente a causa dei tanti ricoveri ad un’età così giovane, mi prendevano la mano e mi confortavano.
Erano il tipo di genitori che mi avrebbero sempre incoraggiato a raggiungere i miei obiettivi e realizzare l’impossibile. Mio padre è stato sempre un uomo che ha lavorato duro per instillare in me un’etica solida, e lo fa ancora. Il piglio accogliente di mia madre mi ha fatto diventare la persona premurosa che sono. Entrambi hanno giocato un ruolo importante nel farmi diventare l’uomo che sono oggi e ne sarò grato per sempre.
Per la prima parte della mia vita la religione per me non è stata altro che una parola. I miei genitori avevano convinzioni contrastanti perché uno era mormone, l’altra cattolica. Per questo venne deciso che noi ragazzi crescessimo senza alcuna religione. Questo stato di cose cambiò all’inizio della mia adolescenza, quando diventammo tutti cristiani rinati ed ero abbastanza grande da capire il mio nuovo credo. Non c’è bisogno di dire che tutta la mia vita è stata abbastanza conservatrice e anche quando diventai adolescente le cose rimasero così. Il sesso era il solo argomento di cui non parlavamo. Sembrava che, se avessimo ignorato l’argomento, non sarebbe successo niente. Da un punto di vista cristiano non sarebbe dovuto succedere nulla prima del matrimonio.
Guidare fino a casa dopo la mia diagnosi fu difficile: sapevo di avere bisogno di aiuto. Avevo solo come un vuoto nella mia vita e un foglio datomi da un dottore che indossava un camice da laboratorio bianco e che diceva, in poche parole, che la mia vita sarebbe cambiata per sempre. Avevo già abbastanza messo alla prova i miei genitori durante i miei anni di dipendenza, con una montagna di problemi medici che nemmeno si aspettavano. E adesso questo?
Penserete che fosse una scelta facile da fare: dire o non dire. Mi avevano già aiutato nel bene e nel male. Essere così vicino ai miei genitori e il tipo di famiglia in cui ero cresciuto rendeva tutto difficile. Avevo paura di ciò che non conoscevo e di come avrebbero reagito. Il sesso non era esattamente in prima linea nelle nostre discussioni, così l’HIV mi sembrava un argomento assolutamente alieno.
Mentre ero al lavoro pensavo a queste cose e mi maceravo dentro. A quel tempo decisi di non dirglielo perché vivevo ancora con loro. Vedere chi mi aveva amato e cresciuto giorno dopo giorno nel periodo più delicato della mia vita mi faceva tremare le gambe. Un genitore conosce i suoi figli e, in fondo, sapevo che avrebbero capito il dolore che provavo. Era come se sentissero che qualcosa andava terribilmente male, ancora prima che spiccicassi una sola parola in proposito.
Mi capivano a fondo ma sapevo che, se volevo affrontare la diagnosi, avrei avuto bisogno del loro aiuto. Fu molto emozionante, piansi tantissimo ma, dopo aver detto tutto, mi amarono ancora come prima. Mi chiesero se fossi gay, uno stereotipo fin troppo comune su questo virus. Mi promisero che l’avremmo affrontato insieme e che sarebbero stati incrollabilmente al mio fianco. Fu molto difficile perché sentivo di trasferire il peso e il dolore della diagnosi da me a loro, mentre affrontare il problema era affar mio. Sono sempre stato una persona molto altruista e l’ultima cosa che volevo era vederli soffrire, mi dilaniava dentro.
Nelle settimane seguenti alla mia diagnosi affrontai molti alti e bassi emotivi e anche i miei genitori dovettero lottare per accettare la mia nuova vita. Ci siamo educati reciprocamente e quello che una volta era tabù divenne oggetto di conversazione a tavola. Fu l’inizio di una conversazione che avrebbe dovuto tenersi molto prima della mia diagnosi, ma ora finalmente la cosa era venuta allo scoperto, il sesso era qualcosa di cui si poteva parlare e lo era anche l’HIV, perché adesso faceva parte di me. La mia diagnosi non ha fatto crescere solo me ma anche tutta la mia famiglia.
Capisco che sia difficile dirlo ai vostri genitori, ma credo di poter dire onestamente che è tutto nelle vostre mani. Mi rendo conto che la mia educazione non è la stessa che avete avuto voi e che non abbiamo gli stessi genitori. È stata una decisione presa dopo averli osservati bene, di cui non mi pento. Sono i miei più grandi sostenitori e mi aiutano in questo viaggio, compresa la decisione di essere franco riguardo alla mia salute.
Il punto è che i genitori possono essere la fonte di aiuto più grande. Molti si perdono solo perché vogliono evitare loro il dolore. Come si può vedere da questa storia, non sempre le cose finiscono come pensiamo. L’amore di un genitore non conosce limiti, nemmeno di fronte all’HIV, ma non lo saprete mai se non darete loro un’opportunità.
Testo originale: A Parent’s Love Knows No Bounds: Disclosing to my Parents