Le lesbiche musulmane e l’omofobia dei paesi arabi
Articolo di Vittoria Iacovella tratto dal sito Azuz del 28 aprile 2007
Tolti i veli, negli hammam, mani femminili che si muovono, si massaggiano, si coccolano, talvolta vanno oltre, in silenzio. Il lesbismo non è legato alla cultura, esiste ovunque, anche dove si rischiano frustate, carcere, fino alla morte.
Se l’omosessualità nella società islamica è un tabù, il lesbismo lo è ancora più profondamente. Un detto del Profeta Maometto proibisce non solo che gli uomini abbiano rapporti, ma anche “Il sihâq delle donne è una fornicazione (zinâ)”.
In molti paesi l’omosessualità è punita con il carcere, o pene corporali, per esempio in Bahrain, Qatar, Algeria, Maldive.
In alcune nazioni come Turchia, Giordania, Egitto e Mali l’omosessualità non è proibita come tale, ma i gay possono essere condannati per offesa alla moralità pubblica. Per questo negli Usa è stata creata un’organizzazione internazionale di sostegno a lesbiche, gay, bisessuali e transessuali di religione islamica in tutto il mondo, chiamata “Al-Fatiha” , il nome della sura che apre il primo capitolo del Corano.
Le ragazze che vogliono vivere serenamente la propria omosessualità sono costrette a migrare all’estero. Irshad Manji è ormai quasi un’icona: giornalista, musulmana credente, omosessuale dichiarata.
E’ una giovane nata in Uganda, cresciuta in Canada, ma proveniente da una famiglia di origine pakistana.
Lotta per un Islam riformista e per i diritti delle donne, nonostante le numerose minacce di morte è ancora lì, a parlare anche alle lesbiche dicendo che omosessualità e Islam potrebbero convivere. Scendiamo più in basso, andiamo a cercare fra le persone meno conosciute. E’ sempre nei segreti meandri di Internet che la gente riesce finalmente ad esprimersi: nel suo blog Emraa Methlya, una ragazza lesbica egiziana, racconta la sua vita, le fantasie ed esperienze di lesbica in un paese islamico.
Tuttavia, ci sono paesi come l’Iran, in cui anche internet è un terreno rischiosissimo. Così Il giardino di Shahrzad è un libro che raccoglie i diari dal web di tre lesbiche e una transessuale iraniane che si celano dietro un nome collettivo: “Vida”. Alcune delle autrici vivono all’estero, almeno una vive in Iran, e tutte dialogano attraverso il web.
Nel libro si legge: “Credo in Dio e nel Corano, ma non in tutte le regole che sono venute dopo. L’Islam è per tutti, anche per gli omosessuali. È per tutti gli esseri umani, e io sono un essere umano”.