“Il pregiudizio è umano, non è di Dio”. Il mio cammino spirituale verso la transizione
Intervista a Charlotte Goiar pubblicata sul blog homoprotestantes (Spagna) il 5 giugno 2016, libera traduzione di Ilaria Ziccardi
Charlotte Goiar afferma “Il pregiudizio è umano, non è di Dio, Dio è amore”. E’ una cristiana che qualche mese fa si è sottoposta ad una operazione chirurgica per cambiare sesso che ha voluto condividere con noi la sua esperienza.
Quasi un anno e mezzo fa ci è giunto alla posta del blog Protestants Inclusius un messaggio che ci informava che una donna galiziana si trovava a Barcellona (Spagna) per sottoporsi ad una operazione chirurgica per cambiare sesso e chiedeva un sostegno religioso. È stato così che ci siamo conosciuti la notte prima dell’operazione. Ricordo l’entrata nella stanza dell’ospedale, nella quale eri sola, lì ho trovato una donna determinata, che aveva percorso un lungo cammino per arrivare fino a lì. Ci sono state molte conversazioni e momenti di preghiera ed ho intuito un misto di paura e speranza. Come ricordi quei giorni?
Quel momento è stato molto importante nella mia vita. Avevo bisogno di questa operazione dal momento della nascita. Mi sentivo sola ed ero sottoposta a una forte tensione sia psicologica che fisica da parte di tutti, solo pochi giorni prima dell’operazione mi hanno confermato la data. Hanno fatto tutto il possibile per mettermi alla prova fino all’ultimo momento. Sono stati giorni difficili e a volte vitali, non entravo in sala operatoria per capriccio ma per necessità. Si trattava di chirurgia maggiore, sapevo che le persone erano morte nelle sale operatorie di tutto il mondo per sottoporsi a questo tipo di intervento così completo. Quando affronti una cosa così da sola, sentendoti completamente sola e devastata emozionalmente, semplicemente ti travolge e ti abbandoni a qualcuno più grande di te, perché non puoi fare di più. Avevo solo una amica a Barcellona e voi che non conoscevo. Ho lasciato tutto nelle mani di Dio.
Una delle cose che mi ha più sorpreso delle nostre conversazioni è stata la lunga e dura battaglia legale che hai dovuto affrontare per ottenere che la sanità pubblica si facesse carico dell’operazione per cambiare sesso. Ci puoi spiegare brevemente quella battaglia legale?
Il servizio galiziano della salute non ha mai voluto curarmi, nonostante la patologia mi sia stata diagnosticata ufficialmente a 16 anni e necessitavo dell’operazione da allora, mi hanno sempre negato l’operazione chirurgica che era stata indicata dai medici. Dopo molti anni di lotta amministrativa è arrivata quella giudiziaria, hanno fatto ricorso a tutte le sentenze e hanno ostacolato la sua esecuzione più che potevano. È probabile che se l’avessero rimandato di qualche mese mi sarei suicidato. Hanno fatto tutto il possibile per indebolirmi e rovinare la mia salute dalla mia adolescenza fino allo stesso giorno che, 25 anni dopo, mi ha fatto entrare in sala operatoria.
Hai anche scoperto che la parola transessuale non ti faceva sentire a tuo agio, hai utilizzato un’espressione che non avevo mai sentito: la sindrome di Harry Benjamin. Puoi spiegarci in cosa consiste questa sindrome e perché non ti senti di identificarla con la parola transessuale?
Non mi sono mai sentita identificata con queste etichette sessuali ambigue, per la loro ambiguità intrinseca e il loro essere indefinito. C’è una diagnosi medica che si chiama Transessualismo che colpisce le persone. Nel mio caso usare “transessuale” come identità è fare una personificazione della malattia, e io non ho tale diagnosi. La mia identità è donna. Sono una donna. Questo è ciò che si riflette nel mio documento d’identità. E l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ora lo denomina come “Incongruenza di genere” (CIE-11) ed è anche conosciuta come sindrome di Harry Benjamin.
Questa sindrome è un disturbo dello sviluppo sessuale che colpisce circa 1/30.000 bambini con genotipo XY e 1/100.000 bambini con genotipo XX, secondo i dati statistici della OMS, nella quale la differenziazione sessuale a livello fisico e anatomico non si corrispondono. Così, una bambina nata con questo disturbo, sembra essere fisicamente un bambino alla nascita, anche se il sesso cerebrale è femminile. Al contrario, i bambini nati con questo disturbo presentano uno sviluppo fisico femminile anche se neurologicamente continuano ad essere maschi.
Come qualsiasi persona può immaginare, il disturbo è grave e il suo trattamento è uno dei più drastici della storia della medicina e richiede interventi medici e chirurgici multipli nella vita.
L’operazione è durata 10 ore e ricordo che quando è finita eri esausta, ma volevi continuare a parlare. A me le operazioni fanno paura e ho pensato che eri una persona molto forte. Cosa ti ha condotto alla chirurgia per cambiare sesso? Non tutte le persone che si trovano nella tua situazione optano per la chirurgia. Perché per te è stata necessaria?
La chirurgia non è facoltativa ed è indicata da un medico. Dipende da una diagnosi medica specifica ed è l’unica opzione terapeutica che esiste. Coloro che non necessitano di questa operazione non è perché scelgono di non operarsi, ma perché non condividono la stessa diagnosi o sono diagnosticati male: tutti i casi di sindrome di Harry Benjamin sono gravi e richiedono operazioni chirurgiche.
Mi hai spiegato col sorriso che il personale che si occupava della cura ai pazienti della clinica nella quale ti hanno operato si è sorpreso della tua richiesta di ricevere un sostegno religioso prima del tuo ingresso. Tu ti definisci cristiana. Come e da quanto tempo ti sei avvicinata al cristianesimo?
Si, prima dell’intervento chirurgico ho chiesto alla clinica se disponevano di un sostegno religioso come in tutte le grandi cliniche europee; sorpresi da questa mia richiesta mi hanno risposto di no. Mi sto riferendo alla Clinica Diagonal di Barcellona, dove mi hanno operato e sono stata ospedalizzata per più di due mesi.
Tutto è cominciato dalla morte di mia madre tre anni fa. Ero così colpita da tutto, mi sentivo sola e trascurata da tutti mentre affrontavo la crudeltà e l’inumanità del Servizio Galiziano della Salute, che mi ha portato ad un momento della mia vita in cui non ne potevo più. A quel punto mi sono detta che da sola non potevo sopravvivere, che doveva esistere una forza superiore a me con la quale superare questo.
Non ho mai capito e continuo a non capire che colpa ho io per essere nato con questa patologia e non capisco l’odio che risveglia in tante persone. Mi sentivo così vulnerabile, isolata e insignificante davanti alla grandezza di quello che stavo affrontando, che mi sono abbandonata a qualcosa di più grande di me, al quale poter lasciare il controllo della mia vita. È arrivato un momento nel quale era la mia unica salvezza. Se non fosse stato per Dio a quest’ora sarei morta.
Mediante una amica cristiana inglese, a poco a poco ho cominciato a studiare alcuni testi biblici. Fu così che gradualmente ho trovato sollievo in Dio, lasciando così tutto nelle mani di una forza superiore a me, allora ho cominciato a leggere la Bibbia per la prima volta poco dopo aver compiuto 40 anni. Ho approfondito lo studio di Gesù Cristo, figlio di Dio, nel quale ho sempre creduto fin dall’infanzia. Fu cosi, in un momento di profonda disperazione, quando già tutto sembrava perduto e non ne potevo più, che il cristianesimo mi ha donato una nuova vitalità per continuare a vivere. Credo nella creazione dell’universo, credo che dietro ad esso ci sia un disegno.
Credo in Dio, ma il mio concetto di Dio differisce del tutto da quello tradizionale, biblico, contenuto nelle scritture degli uomini; il mio concetto di Dio è molto più astratto ed elevato. Dio non può essere contenuto in una forma materiale mediante i libri o la religione umana, poiché è la forma intangibile di tutta la creazione.
Come cristiana metodista credo che abbiamo bisogno di rivolgerci a Dio attraverso suo figlio, Gesù Cristo, in modo più libero e naturale, perché Dio abita nella parte più profonda del nostro essere, e per dirigerci verso questo centro non applico regola né scritto umano, di origine mentale o materiale, perché non credo che questo sia il modo giusto.
Hai sentito comprensione da parte della chiesa? Ti sei sentita trattata bene?
Sia dalla Chiesa Cristiana Metodista sia dalla Protestants Inclusius, entrambe di Barcellona, ho sentito una comprensione assoluta e una grande sensibilità e umanità verso di me e le mie condizioni mediche. Non solo mi sono sentita trattata con rispetto e affetto, il sostegno, i dettagli, qualsiasi cosa di cui avevo bisogno era lì,. Di contro, non una sola persona della mia famiglia si è minimamente interessata di sapere se ero uscita viva dalla chirurgia e del mio percorso post-operatorio.
Non esiste nessun verso biblico che condanna le persone che soffrono di disturbi congeniti. All’opposto invece, quando coloro che si credevano giusti domandarono a Gesù Cristo, figlio di Dio: “E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?” Egli rispose: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Matteo 25, 39-40).
Il problema non si trova nel cristianesimo, ma nelle persone e nell’interpretazione distorta che si fa dei testi sacri e come la mettono in pratica. Il pregiudizio è umano, non è di Dio. Dio è amore, non ha pregiudizi verso nessuno. Il pregiudizio contraddice del tutto la natura e l’essenza stessa del cristianesimo. Il cristianesimo non condanna nessuno, lo fanno gli uomini in suo nome, e questo è un errore dell’uomo, non del cristianesimo.
Una cosa che ho osservato nei giorni dopo l’operazione è che tu non vivi una fede teorica, ma una che è profondamente connessa con la tua esperienza. È cambiato qualcosa nel tuo modo di interpretare la fede cristiana da allora?
L’errore e la malvagità dell’uomo sono orripilanti, la sua bruttura si contrappone completamente alla bellezza e alla bontà naturale della gloria di Dio. Siamo belli perché siamo connessi a Dio. Tutta l’armonia del creato si sposta verso l’esperienza estetica quotidiana che ci circonda attraverso gli atti belli e nobili, la cui bontà si sente e si trasmette da una persona all’altra, ed è proprio qui dove ho potuto sperimentare la presenza divina.
Le manifestazioni di affetto e l’amore incondizionato di tante persone, le esperienze positive che ho vissuto… Tutto questo è Dio. Tutto il resto è estraneo a Lui. Ho sempre percepito Dio attraverso l’esperienza diretta e genuina della vita. Questo non è cambiato, percepisco Dio ed interpreto la fede cristiana nello stesso modo, attraverso le esperienze della vita.
Anche così, continui a mantenere una relazione “quotidiana” con Dio. Com’è questa relazione?
È una relazione spontanea e naturale. Non mi inginocchio a pregare, non faccio cose del genere, semplicemente vivo una relazione continua con Lui, in ogni momento so che Lui è qui presente, non occorrono parole o testi, solo i sentimenti. Ma va bene pregare, e soprattutto farlo in gruppo, come quando l’abbiamo fatto tante volte in clinica, è un’esperienza unica che fino a che non la vivi non sai che ti rivitalizza e che ti fa nascere una pace interiore. La preghiera è una forma ulteriore per rivolgersi a Dio, e credo che debba essere il più spontanea possibile.
Per concludere, pensando alle famiglie cristiane o non cristiane, con figli o figlie che stanno affrontando una esperienza simile a quella che tu hai passato, cosa vorresti dirgli? Quale credi sia il modo migliore per aiutare e stare accanto a questi bambini?
“Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il Regno dei Cieli” (Matteo 9:14). Penso che è molto importante che i genitori di questi bambini non perdano la fede a causa degli errori umani che gli altri hanno compiuto, poiché dei bambini è il Regno dei Cieli, e precisamente, in queste situazioni così drammatiche che questi bambini stanno vivendo, risulta quanto più necessario e vitale mantenere la fede, tanto per i genitori quanto per i figli e figlie.
Grazie mille Charlotte. Che Dio ti benedica
Testo originale: Charlotte Goiar: “El prejuicio es humano, no es de Dios, Dios es amor”. Una cristiana que hace unos meses se sometió a una operación de reasignación de sexo