Io sono dell’altro gregge. Sono una lesbica cristiana
Testimonianza di Janet Blair pubblicata sul mensile The Lutheran (Usa) del febbraio 1999, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
“Io ho anche delle altre pecore che non sono di questo ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore” (Gv. 10:16). Spesso i credenti pensano che queste parole di Gesù si riferiscano ai gentili, che Cristo radunerebbe in “un solo gregge”. Ma c’è un altro gruppo di persone ai margini di cui Gesù potrebbe parlare – le lesbiche e i gay cristiani. Io sono quella dell’altro gregge. Sono una lesbica cristiana.
I mesi scorsi hanno suscitato in me una grande emozione a causa di Matthew Shepard, il giovane studente del Wyoming (Stai Uniti) percosso e inchiodato ad uno steccato perché era gay. Conosco molto bene il messaggio espresso con la violenza, e come me lo conoscono ogni gay e lesbica: “Non siete i benvenuti; non siete ben accetti, non siete figli di Dio”. Con questo nelle orecchie può essere difficile sentire le parole di amore e di accoglienza di Gesù.
Nel giugno (1999) sono stata un membro con diritto di voto dell’assemblea del Metropolitan New York Synod (dei Luterani americani), durante la quale abbiamo approvato due risoluzioni: accogliere le persone omosessuali nelle nostre congregazioni e dedicare un sinodo a specifiche azioni pastorale dirette a gay e lesbiche. Abbiamo anche chiesto al nostro vescovo di sollecitare le Chiese partecipanti a studiare le Scritture riguardanti la sessualità umana e a considerare positivamente le congregazioni come Reconciling in Christ, che accolgono gay e lesbiche nella pienezza della vita parrocchiale.
Le discussioni su questi argomenti sono state accese e sono durate molte ore. Ad un certo punto mi sono alzata davanti a quasi un migliaio di altri luterani come me e ho condiviso con loro il fatto di essere lesbica.
Non dimenticherò mai il modo in cui le teste si sono girate verso di me quando ho detto la parola “lesbica”. I miei occhi hanno inconntrato quelli di una donna che mi guardava sbalordita – come se non ne avesse mai vista “una”. Ricordando i suoi occhi, adesso mi domando se sapeva di avere un’amica o una parente omosessuale. Aveva mai incontrato una persona gay che insegnava catechismo come faccio io o che era attiva come me nel consiglio parrocchiale?
Mi domando se quelli che alzano duramente la voce contro questa risoluzione, avrebbero parlato se mi avessero conosciuto – se mi avessero stretto la mano per scambiarci la pace di Dio, se si fossero inginocchiati accanto a me per fare la comunione o se mi si fossero seduti vicino al funerale di qualcuno che amavamo entrambi. Mi avrebbero riconosciuto solo come una parrocchiana che aveva consolato i cuori e calmato le loro lacrime?
Sanno che ogni volta che parlano di me come se fossi un mostro – o come se fossi impantanata nella malvagità e fossi troppo stupida per capirlo – danno voce all’idea che Dio mi rifiuta? Hanno la minima idea che ogni volta che il mio spirito è oppresso da questo rifiuto, è allora che si avvicina sempre di più a Dio?
Sono cresciuta nella Chiesa luterana. Sebbene mi senta al sicuro, amata e riconosciuta dalla mia congregazione – un gruppo piuttosto tradizionale di luterani – sono solo una delle poche dell'”altro ovile” che ha fatto un’esperienza del genere. Molti di questi altri figli di Dio si allontanano dalla Chiesa cristiana perché sentono che, per loro, la porta è chiusa. La biasimano per il suo rifiuto, il suo fallimento, la sua frammentazione, la sua tristezza e la morte.
Non vorrei far parte di una Chiesa nella quale attraverso le persone della mia congregazione non risplendesse la grazia di Dio. Senza di loro non sarei abbastanza forte da continuare a credere che appartengo all'”unico gregge” di Dio, che sono amata dall'”unico pastore” che è stato compassionevole con gli esclusi e che ha detto: “Amatevi l’un l’altro come io vi ho amato”.
Sono qui – perché ho sentito e ho sperimentato la verità delle parole di Gesù grazie all’affetto e all’apertura che mi ha mostrato la mia congregazione.
Da bambina ho imparato che Dio ci ama e ci accoglie tutti. Cosa avrei fatto se, da adulta, avessi scoperto che nella Chiesa non c’era più posto per me? La mia rabbia e il mio disappunto sarebbero diventati dubbio e odio per me stessa. Forse, cosa tristemente ironica, adesso penserei a queste parole di Gesù: “Se vedete che il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me”.
Perché il mondo mi odia – più quando parlo francamente che quando sto in silenzio. Però ogni volta sono guarita dalla compassione e dal sostegno dei miei amici e della mia congregazione. Sono loro che mi aiutano a sentire le parole di Gesù al di sopra del tumulto del rifiuto: “Conosco le mie pecore, e le mie pecore conoscono me. Nessuno le rapirà dalla mia mano”.
Nelle mie preghiere e nei miei sogni, sento la Chiesa dire alle lesbiche e ai gay cristiani: “Venite a tavola, figli di Dio”. Vedo i figli omosessuali di Dio avanzare cantando inni, partecipare alla liturgia e condividere il corpo e il sangue di Gesù. Li vedo arrivare perché la Chiesa luterana li sta chiamando, come Gesù fa con tutti: “Venite a me voi tutti che siete stanchi… e io vi darò ristoro”.
Testo originale: I belong. ‘I am here because I have experienced the truth of Jesus’ words’