E’ tempo di “liberare le esistenze” dei cristiani LGBT e dei loro genitori
Testimonianza di Antonio del Gruppo Davide di Parma, su “Liberare le esistenze” ritiro con i cristiani LGBT e i loro familiari organizzato dalla Diocesi di Torino (6-8 gennaio 2017)
Ho partecipato al ritiro della Diocesi di Torino con Jerry, il mio compagno. Ci animava una speranza profonda: quella di iniziare il nuovo anno in modo “forte”, meditando su temi importanti e nutrienti, e incontrando nello stesso tempo persone belle, profonde, autentiche. Le nostre speranze sono state esaudite. Ci siamo trovati accanto a persone, uomini e donne, che per la maggior parte non avevamo mai visto, ma l’intesa è stata immediata ed autentica. Ci accomuna un cammino lungo, in cui abbiamo affrontato gli stessi problemi e messo in gioco le stesse risorse; ci accomunano i valori del Vangelo, la fede nei sacramenti, il dolore per le ferite inferte, spesso, proprio dalla Chiesa.
La bellezza delle persone che abbiamo incontrato, a volte percepibile solo in uno sguardo, in un silenzio, in una frase interrotta, in un tono di voce, è forse il dono più prezioso di Torino. Per me è stato importante soprattutto incontrare uomini e donne della mia stessa età o anche più grandi: per la prima volta ho compreso che il tempo del lamento, della rabbia e della rivendicazione può cedere ad un tempo della pacificazione, della riconciliazione e della speranza.
L’età che avanza porta saggezza, forse un sano strato di ironia ed autoironia; e il ricordo delle sofferenze subite si addolcisce grazie alla consapevolezza grata dei doni ricevuti e delle conquiste fatte: crescere, trovare un equilibrio personale ed affettivo, realizzarsi come persone e professionisti, portare nelle relazioni il sorriso mite della nostra omosessualità vissuta come identità, risorsa, dono. Purtroppo non c’è stato il tempo di approfondire la conoscenza personale di ognuno e di ognuna; ma le testimonianze ascoltate nei momenti di gruppo, come anche le conversazioni familiari intorno alla tavola, mi hanno confermato la potenza e la bellezza dell’amore di Dio che ancora si incarna, si mescola alle nostre storie, entra nello spazio e nel tempo di ciascuno per tracciarvi le sue armonie, anche se a volte attraverso incomprensioni, binari morti, occasioni mancate, scontri e perdite. La bellezza di queste persone è la forza di sorridere e sperare senza nascondere più le cicatrici o le ferite, che rivelano discretamente come è stata costruita la speranza di oggi. E va bene così.
Ringrazio la psicologa Arianna Petilli per avere saputo creare un clima di confidenza, rispetto, accoglienza, capace di smorzare con allegria i momenti meno lieti e di tenere insieme le storie e gli umori, i sorrisi e le lacrime di ciascuno. Sono state particolarmente utili le riflessioni sul senso di colpa e sul senso di colpa “etico”, cioè non dovuto ad alcuna infrazione morale, ma solo al proprio naturale ed innocente modo di essere. Le riflessioni proposte da Arianna e alimentate dai contributi di tutti hanno permesso di guardare al senso di colpa come ad un oggetto, come dall’esterno, e di comprendere che è ora di liberarsene: non con rabbia, ma con la consapevolezza che ci sono molte altre cose belle da godere, e da costruire.
Costruire. Questa parola sa di concretezza, stabilità, fatica, progetto, gioia. Ognuno di noi ha qualcosa da costruire. Una coppia, una famiglia, un’esistenza solida. Qui è stato prezioso il contributo dei genitori. Certo, dal momento che faccio parte del gruppo “Davide” di Parma, mi sento molto parziale… ma nel contesto del ritiro di Torino è stato possibile guardare in una nuova luce la presenza e il contributo di Corrado e Michela, Elena ed Enrico.
Loro sono stati e sono importanti non solo per la loro testimonianza, ma per lo stile con cui ci accolgono e ci amano. Lo stile dei genitori, che ti guardano per leggerti dentro, per fare sempre qualcosa di più per i figli, e per spingerli sempre più avanti. Questo sguardo, questa energia ho sentito da parte loro… come un’eco di quella parola antica che dice “Fate quello che Egli vi dirà”. I genitori ci ricordano da dove veniamo e dove siamo chiamati, come siamo chiamati ad amare: in modo fedele e fecondo.
Un ritiro non sarebbe tale, se non fosse anche il monte in cui il Figlio rivela il Suo volto. Se non ci fosse la firma di Dio, che sa come incontrarti e rivelarsi anche in un istante semplice e inatteso. Sì, ognuno di noi ha sentito la voce di Dio, a Torino, ma ognuno in modi e momenti diversi. Durante le lodi, o la messa, o la cena, o una passeggiata per la splendida città sabauda. Il messaggio che è arrivato a me è questo: l’amore non si merita. Né l’amore degli uomini, né l’amore di Dio. L’amore è un dono gratuito, che si può solo ricevere con umiltà e scambiare – anche nella forma del perdono, quella che più corrisponde alla natura di Dio. Ricevere l’amore non come premio, ma come dono ci libera dall’ossessione di ottenerlo per i nostri meriti… e ci fa tornare come bambini.
Siamo grati agli amici di Torino, che hanno voluto coinvolgerci in un’esperienza stupenda per “liberare le esistenze”. Speriamo di rivederli e di poterci raccontare ancora le meraviglie del Signore nelle nostre vite.