L’ineffabile dell’essere cristiani e omosessuali
Articolo di Luca del gruppo di Cristiani LGBT e loro familiari di Reggio Emilia, pubblicato sul mensile parrocchiale “Insieme” dell’Unità pastorale di Santa Maria degli Angeli di Reggio Emilia, dicembre 2016, pag. 26-27
La nostra terra, quella emiliana, ci aiuta a convivere con il ciò che è reso poco definito dalla nebbia, per cui ciò che è ineffabile e spesso contorto può comunque essere colto nei suoi bordi poco nitidi, senza avere paura. Essere credenti e omosessuali, avere una vita che si dedichi anche al servizio, richiede una fede attiva che spesso è spaventata dalle apparenti contraddizioni, che ci chiede per andare avanti di ignorare le montagne immense che stanno dinanzi.
Ma questo riguarda anche coloro che sono genitori, fratelli, coloro che hanno un legame affettivo più che di parentela con le persone omosessuali, giocato dentro o fuori questo strano mondo che è il contesto cattolico italiano contemporaneo. Per molti la propria fede è stata in passato una storia di solitudine, e così è ancora per molti giovani che sono divisi nell’età delle scelte tra la propria fede e la propria natura. La convivenza tra questi due aspetti è un filo sottilissimo che separa la repressione dal relativismo, il “sono sbagliato” dal “tutto è opinabile in fondo”.
Molti ragazzi come me hanno avuto la fortuna di riuscire a crescere nella fede e con la propria identità, a fasi alterne magari e in maniera asimmetrica. Per ciò di cui ho potuto fare tesoro, non sono serviti ingegno, fatica e buoni intenti, piuttosto sono servite le persone che ho incontrato, il desiderio di trovare risposte, e credere che una strada fosse possibile.
La mia fede, alla quale ho tentato talvolta di rinunciare nonostante la sua bellezza, poiché spesso troppo ingombrante, per me è stata più che una porta stretta, è stata l’asola di un bottone piuttosto! Al di là di questo voglio rassicurare ogni persona la cui esistenza viene sconvolta da qualcosa di eccezionale: è nell’eccezione che facciamo esperienza di Dio, non nell’ordinario, perché Dio non ha mai avuto nulla di ordinario, il suo modo di amare in primis direi da quando si è manifestato, ci ha sempre fatto fare percorsi incredibili, per nulla scontati.
Coloro che hanno la sorte di essere omosessuali crescono in un contesto straordinario, poco codificato, oscuro talvolta, i cui esiti non sono affatto prevedibili, ma questo vale per chiunque viva situazioni sconvolgenti credo, di alterità.
Concludendo questa sequenza di pensieri sconnessi, ricordo ora di quando parlavo con un sacerdote dell’essere credenti e omosessuali: credevo fosse una pista inedita, un sentiero mai tracciato, e forse non sentendomi come gli altri volevo sentirmi un po’ speciale, diciamolo. Ebbene lui mi disse che ogni vita in realtà è inedita se non vissuta a pieno, ogni strada è da tracciare, e non c’è nessuno che sia esentato da questo compito.
Per quanto possa sembrare difficile è un po’ come i ruscelli di montagna, mi diceva, quando piove l’acqua tende ad andare verso valle, e se non trova la strada se la crea da sola senza troppa fatica, c’è poco da fare, la vera fatica risiede nell’amore e non nelle cose da fare.
Ora, il neonato gruppo di Reggio si occupa di coloro che si scontrano con il binomio fede-omosessualità, a volte paradossale ma talvolta estremamente interessante. Ma non è solo questo credo, è il capire che al di là di ciò che sono i miei limiti di persona, i muretti che mi sono posto o che mi hanno aiutato a costruire, c’è un fratello che come me, a prescindere dalla sua sessualità, si pone bene o male le stesse domande, o desidera sentirsi a casa all’interno di una Chiesa dove nessuno può restare fuori all’addiaccio.