Cos’è la quaresima per un cristiano. Osservare la legge o seguirne lo spirito?
Riflessioni di Luigi Sandri* pubblicate sul quotidiano “Trentino” il 27 febbraio 2017
Finisce, domani, il carnevale, e mercoledì – per i cattolici – inizia la Quaresima, con l’imposizione delle ceneri. Riti antichi, per molti desueti, e connessioni che hanno radici nella storia, sulle quali può essere utile addentrarsi. Il Cristianesimo, duemila anni fa, cominciò il suo cammino nell’impero romano, ove alcuni periodi dell’anno erano dedicati al divertimento della plebe – con le danze le “dionisiache” dei greci, ad esempio.
Allora, e solo in quel periodo, era lecito compiere azioni che nel tempo “normale” sarebbero state punite dalla legge. Quando – a partire dal IV secolo – la gente dell’impero divenne in massa cristiana, quei festeggiamenti, in qualche modo all’origine del nostro carnevale, in sostanza rimasero, seppure, grazie alle pressioni dei vescovi, “moderati” nelle loro licenziosità.
Non potendo, comunque, sradicare quegli usi, le autorità ecclesiastiche pensarono bene di far seguire al periodo della gioia sfrenata un tempo di penitenza, digiuno e conversione in vista della Pasqua. A poco a poco nacque così un particolare tempo liturgico – che infine fu fissato a quaranta giorni: da qui il nome di “Quaresima” – caratterizzato da severa disciplina. Questa prassi continua ancor oggi nelle Chiese orientali, seppure il Concilio ortodosso celebrato a Creta nel giugno scorso abbia un poco addolcito la rigida normativa tradizionale.
Nella Chiesa cattolica, invece, dopo il Concilio Vaticano II molte delle antiche e rigorose norme sono state quasi del tutto abolite o, in pratica, cadute in disuso. D’altra parte Paolo VI affermò, giustamente, che “convertitevi e fate penitenza” era un comando di Gesù che in nessun modo si sarebbe potuto abolire; ma, precisò quel papa, le “modalità” pratiche della penitenza potevano, invece, essere cambiate. In concreto: divenne desueta la regola che prevedeva di “non mangiar carne” ogni venerdì, soprattutto in Quaresima; e come giorni di digiuno stretto ne sono rimasti due: Mercoledì delle Ceneri e Venerdì santo.
Nei secoli passati, la norma di “non mangiar carne” il venerdì riguardava in realtà i ricchi, perché la povera gente, anche se avesse voluto, non tutte le settimane poteva permettersi di mangiar carne. E, il venerdì, alcuni benestanti rispettavano sì il precetto, ma in compenso mangiavano pesci costosi; e spesso non pagavano i loro operai.
Insomma, osservavano la legge, ignorandone però lo spirito. Non avevano mai compreso il capitolo 58 del profeta Isaia, che polemizzava con ebrei osservanti le norme sul digiuno, ma aridi nel cuore: “Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. E’ forse questo il digiuno gradito al Signore? O non è piuttosto questo: sciogliere le catene inique e condividere il pane con l’affamato?”.
Parole sferzanti che, “mutatis mutandis”, dovrebbero interrogare anche i cristiani che pensassero di essere a posto evitando di mangiar carne il venerdì, e però dimenticano di praticare giustizia e solidarietà.
* Luigi Sandri è giornalista dal 1975, ed è stato corrispondente dell’Ansa da Mosca e Tel Aviv. Vaticanista di lungo corso per Ecumenical News International, collabora con la rivista “Confronti”, oltre ad essere editorialista dei quotidiani “Alto Adige” e “Trentino”. Tra le sue opere, “Città santa e lacerata. Gerusalemme per ebrei, cristiani e musulmani” (Monti, 2001), “Cronache dal futuro. Zeffirino II e il dramma della sua Chiesa” (Gabrielli, 2008)