Credevo in tutto ciò che diceva la Chiesa, ma poi… Intervista a Krzysztof Charamsa
Intervista di Rodrigo Carretero a padre Krzysztof Charamsa pubblicata sull’edizione spagnola dell’Huffington Post il 26 febbraio 2017, liberamente tradotta da Giacomo Tessaro
Krzysztof Charamsa (nato a Gdynia, in Polonia, nel 1972) sa bene come funziona l’ala più intransigente della Chiesa. Questo sacerdote ha fatto parte per anni della Congregazione per la Dottrina della Fede, ex Sant’Uffizio, noto anche come Inquisizione. Nell’ottobre del 2015, però, disse basta e provocò un terremoto che fece tremare i pilastri del Vaticano. “Desidero che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, con un compagno, felice e orgoglioso della sua identità” dichiarò in una intervista al Corriere della Sera, prima di indire una conferenza stampa assieme al suo compagno, un catalano di nome Eduard, la quale provocò la reazione infuriata della Chiesa, che espulse Charamsa dal Vaticano. Da allora vive in Catalogna con il suo compagno. Oggi, quasi un anno e mezzo dopo, ha appena pubblicato il libro La prima pietra, dove narra la sua uscita allo scoperto e racconta gustosi dettagli sul funzionamento interno della Chiesa.
Lei dice di essere gay fin da quando i suoi genitori le diedero la vita. Perché decise di far parte della Chiesa, un’istituzione che nella sua storia non ha mai dimostrato nessuna amicizia per gli omosessuali?
Sono stato educato dalla Chiesa, che per me è sempre stata parte della mia famiglia. Avevo già la consapevolezza di essere gay ma lo negavo, lo rifiutavo, dicevo a me stesso che era una confusione momentanea. Volevo eliminare questa possibilità, perché la consideravo una cosa malvagia, contronatura, malata. Facevo così perché ero sottomesso alla formazione omofobica della Chiesa: essere gay andava in direzione totalmente opposta a ciò che credevo.
In tutto questo tempo non ha mai avuto rimorsi di coscienza? Voglio dire, lei faceva parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, un tempo chiamata Sant’Uffizio o Inquisizione, molto ostile verso gli omosessuali…
Io condividevo totalmente ciò che la Chiesa mi insegnava. Credevo che la sua mentalità fosse del tutto veritiera e giustificata. Avevo fiducia nella Chiesa e non pensavo assolutamente che le sue decisioni e le sue norme fossero basate su una totale ignoranza degli argomenti trattati. Cominciai a scoprirlo quando iniziai a lavorare per la Congregazione: lì vidi che questa imposizione di una ideologia del passato non si basa per nulla su un dialogo disciplinare, sul confronto con le altre scienze, con la conoscenza umana, o semplicemente con l’esperienza delle persone. Noi non conosciamo famiglie omosessuali, però gridiamo ai quattro venti che tutti gli omosessuali sono criminali o pedofili. Tutto questo non potevo saperlo quando ero in seminario. Semplicemente credevo nella Chiesa, che era la fonte di tutto ciò che conoscevo sull’omosessualità.
Quando si rese conto di tutto questo?
Il mio processo di coming out interiore cominciò solo quando, in Congregazione, cominciai ad aprire gli occhi ad altre fonti di conoscenza, oltre la demagogia teologica che non si confronta mai con un discorso accademico multidisciplinare. Oggi, per esempio, la Chiesa continua a insegnare che gli omosessuali non hanno capacità umana d’amore. Cominciai a chiedermi: siamo andati a verificare cosa provano le persone omosessuali? Davvero non provano sentimenti d’amore, solo un desiderio sessuale edonista? Ero vittima di una visione piena di pregiudizi e falsità, che costituisce la base su cui la Chiesa poggia la sua posizione omofobica.
A cosa si deve questa posizione omofobica, che secondo lei la Chiesa sostiene?
La Chiesa ha una determinata interpretazione delle Scritture e della tradizione, ma da qualche decennio la società ha acquisito una conoscenza dell’omosessualità che i nostri nonni non si sognavano nemmeno. La Chiesa, per evitare di confrontare queste nuove conoscenze con la sua interpretazione, stigmatizza i gay. È un rifiuto che sfiora la paranoia. A causa di ciò che oggi sappiamo sulla sessualità, la Chiesa perde un elemento del suo sistema di potere. Confronto sempre quello che stiamo vivendo con le vicende simili del passato, con la scoperta del sistema solare o con l’evoluzione. Abbiamo perso centinaia d’anni prima di prendere sul serio queste scoperte, prima di cominciare a capire che la Chiesa aveva bisogno di cambiare la sua interpretazione delle Scritture. Ha finito per accettarlo, ma non prima di aver fatto soffrire moltissime persone.
Se il Vaticano sospetta che un prete è gay, in che modo agisce?
Ci sono casi molto diversi di trattamento di sacerdoti gay. Molte volte tutto finisce con gran copia di consigli su come coprire tutto, restare in silenzio, e nulla succede. Succede lo stesso quando un prete intrattiene una relazione con una donna. Il vescovo dirà loro: “Dovete essere discreti, nessuno deve sapere niente”. Questa è la cultura del silenzio, ma ci sono anche casi di sacerdoti omosessuali costretti a cure psicologiche, a terapie di conversione. Esiste anche questo nella Chiesa. Non usano l’elettroshock, però ci sono molte altre forme di cure psicologiche per l’omosessualità. In pratica, la Chiesa ti può dare il permesso di condurre una doppia vita o condannarti ai tuoi incubi interiori.
Quindi, ciò che disturba la Chiesa è che questi casi diventino pubblici?
L’incubo della Chiesa è la trasparenza, il dire a voce alta ciò che deve rimanere tabù. Ci sono casi di preti che hanno reso pubblica la loro omosessualità e sono stati subito sospesi a divinis, mentre ce ne sono tantissimi che hanno un compagno e, dato che vivono discretamente, possono continuare senza perdere il lavoro. La Chiesa agisce solo quando qualcosa diventa pubblico. Per questa istituzione il panico è la stampa, la globalizzazione, Internet, perché ha paura delle informazioni che la riguardano.
Poco fa parlava di preti che hanno relazioni con donne. È una cosa abituale?
In Africa, incontrare un candidato vescovo che non abbia una relazione con una donna è molto difficile, quasi impossibile. Ci sono sacerdoti che hanno una compagna e il vescovo chiude tutti e due gli occhi, con la raccomandazione che tutto rimanga segreto. Questa è l’ipocrisia della Chiesa, che io denuncio. Il celibato dei sacerdoti è una legge su cui la Chiesa farebbe bene a riflettere, alla luce dei molti sacerdoti che vivono la propria eterosessualità con una persona al loro fianco, in maniera sanissima, senza cadere in contraddizione con l’amore per Dio. Molte volte queste relazioni sono un’autentica benedizione per queste persone, perché le aiutano a scoprire che il sacerdozio consiste nel servire i fratelli. Quando vedo i molti preti che non hanno una relazione, mi rendo conto di quanto siano amareggiati, totalmente sconnessi dalla realtà. Non hanno idea di cosa sia la vita di famiglia, la vita di coppia, protetti come sono tra le mura di una corporazione che dà loro tutto ma li rinchiude in un mondo che non esiste.
Come funzionano le cure psicologiche di cui parlava poc’anzi?
Le conosco perché me ne hanno parlato degli esperti della Congregazione per la Dottrina della Fede, la nostra fonte di informazioni sull’omosessualità. Il primo nome da citare è Joseph Nicolosi, padre delle terapie di conversione e oracolo sul tema omosessualità. Paul Cameron è un altro di questi, uno che non smette di dare conferenze, sponsorizzate dalla Chiesa Cattolica, in cui insegna che l’omosessualità si deve neutralizzare in due modi: mediante la medicina e mediante la legge, attraverso la penalizzazione. È convinto che la penalizzazione sia molto più efficace per eliminare dal globo questa pericolosa patologia. E questa è la posizione della Chiesa, la quale, invece di condannare queste terapie, le applica. Il famoso esperto del Vaticano, monsignor Tony Anatrella, ha preparato la legge che proibisce ai gay il sacerdozio, firmata nel 2005 e confermata da papa Francesco nel 2016. Ora Anatrella è accusato dai suoi pazienti di abusi sessuali durante le terapie, che sono una truffa e vanno contro i Diritti Umani.
Cosa si dice durante queste terapie?
È una manipolazione spirituale-psicologica, come quando ti tolgono il ministero e ti chiudono in un convento e ti dicono che devi curare con la preghiera la tua perversione, la tua patologia interiore. Ti aiuta uno psicologo cattolico, che non ha la minima idea di cosa sia l’omosessualità: di psicologi del genere ce ne sono moltissimi nella Chiesa. Creano una realtà che non esiste o conservano una visione dell’omosessualità risalente a un secolo fa.
Chi si sottomette a queste terapie?
Non ho un quadro completo della situazione, ma so che sono promosse dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. So che mai la Chiesa ha condannato tali terapie e che esistono dei gruppi che ne utilizzano alcuni elementi con gli omosessuali. Esistono le testimonianze di coloro che si chiamano “ex gay”, che sono passati per questo tipo di manipolazione, che prima hanno dato testimonianza dell’efficacia di queste cure e ora scoprono di essere stati ingannati per motivi religiosi. Vivono la depressione e il dilemma di come uscire da questa truffa che hanno accettato per fede, per correggere qualcosa che non può né deve essere corretto. La Chiesa perpetua questa truffa, promuovendo una cura per una malattia che non esiste.
Prima ha fatto riferimento a papa Francesco, che ha confermato la legge che proibisce il sacerdozio ai gay. Questo non stona con l’immagine di apertura che il Pontefice dà di sé?
Questa è una legge che sancisce l’apartheid, sulla falsariga delle leggi antisemite di Hitler. Le prime dichiarazioni di Francesco erano completamente in controtendenza con quanto lui stesso diceva da arcivescovo di Buenos Aires. Soprattutto quella frase: “Se un gay desidera servire il Signore, ma chi sono io per giudicare?”. Oggi ha rinnegato tutto perché ha detto che nessun omosessuale è capace di servire il Signore. È una contraddizione. Considero una manipolazione dell’opinione pubblica ciò che sta facendo papa Francesco con gli omosessuali, perché ho l’impressione che con questo suo atteggiamento voglia occultare una persecuzione ancora più irrazionale degli omosessuali. Da una parte abbraccia e parla pubblicamente con un transessuale, e intanto i suoi uffici vaticani emanano una circolare dove si legge che i transessuali non sono in grado di essere cattolici. La paranoia antigay si è sviluppata ancora di più sotto Francesco. Quando, in futuro, la Chiesa chiederà perdono agli omosessuali, nessuno dovrà accettarlo. Quanti ancora dovranno soffrire per questo ritardo della Chiesa? Questo non può essere perdonato.
Lei è arrivato a dire che “esiste ovviamente una relazione tra il celibato e la pedofilia”. Lo crede veramente?
Ci sono molti studi sulla relazione tra la pedofilia e la sessualità repressa, piena di complessi, vissuta come qualcosa di negativo, in ambienti rigidi e puritani che ti impongono restrizioni irrazionali. Il celibato obbligatorio fa sì che la sessualità non si sviluppi in modo sereno, esprimendosi liberamente. Ciò che viene ostinatamente proibito, scappa fuori per altre vie. La pedofilia è sempre esistita, ma è sempre stata occultata da una cultura del silenzio che la mia Chiesa continua a mantenere, favorendo così la stigmatizzazione delle vittime.
Testo originale: Krzysztof Charamsa: “El papa Francisco ha desarrollado aún más la paranoia antigay del Vaticano”