Chiesa cattolica e identità Transgender. Una riflessione teologica
Articolo di Francis DeBernardo pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), il 4 aprile 2017, libera traduzione di Armando Capasso
Nell’ultimo mese la rivista Commonweal ha dedicato un paio di articoli di due teologici sull’argomento “La Chiesa e l’Identità Transgender: Alcune Cautele, Alcune Possibilità“ (“The Church and Transgender Identity: Some Cautions, Some Possibilities.”). I teologi in questione sono Cloutier, professore associato di teologia all’università cattolica dell’America [di Washington, ndt.] e autore di “Walking God’s Earth: The Environment and Catholic Faith” (Liturgical Press); e Luke Tinothy Johnson, professore emerito “Woodruff” di Nuovo Testamento e Origini Cristiane all’università Emory [di Atlanta, ndt.] e autore di “The Revelatory Body: Theology as Inductive Art” (Eerdmans).
Nel post di oggi [04/04/2017, ndt.] sul blog Bondings 2.0 presenterà gli argomenti di Cloutier, e poi il punto di vista di Johnson.
Se noi pensiamo di leggere questi due articoli come rappresentanti delle posizioni “a favore” e “contro”, essenzialmente l’articolo di Cloutier dev’essere considerato “contro”. Ma io non sono sicuro che questa sia una definizione totalmente adatta, infatti Cloutier s’interroga chiaramente su un sacco di discorsi transgender, un’altra dimensione che attraversa il suo saggio è una qualche sensibilità verso le persone che si identificano transgender. Lui vede l’importanza di trovare un modo che le comprenda e le rispetti, anche se è ovvio che non approva quello che lui vede come un’assunzione soggiacente a molte motivazioni per l’eguaglianza [delle persone, ndt.] transgender.
La sua introduzione riassunta sul dibattito nazionale [negli U.S.A. sulle persone, ndt.] transgender mostra che lui riconosce degli eccessi su entrambi i lati della discussione:
Da una parte c’è l’accettazione della identità scelta dell’individuo come di primaria importanza e non semplicemente erronea, o completamente offensiva. Per di più, c’è una (corretta) comprensione dello sforzo reale e della sofferenza patita dalle persone transessuali. L’altra parte vede la semplice realtà della mascolinità e della femminilità biologica così ovvia (e spesso argomento della verità religiosa), che non può concepire alcuna possibilità di accettazione (dell’identità tranfgender). Ciò che risulta visibile, sempre di più, da queste contraposizioni non sono argomenti ragionati, ma azioni di coercizione; tipo nell’amministrazione Obama furono ben pubblicizzate le direttive anti-discriminazioni persuadendo scuole ed ospedali ad adattarsi “al senso che l’individuo ha del proprio genere [biologico, ndt.]”, ma vi furono reazioni negativa come l’infamante “bathroom bill” della Carolina del Nord.
Cloutier riconosce che il dibattito ha rivelato che “le cose importanti sono al palo“, e così lui si propone di esaminare due questioni: “Che cosa intenda per identità transgender?” e “Come il dibattito sull’identità e i diritti transgender influiscono sul bene comune?”
Per rispondere alla prima domanda, Cloutier esamina della varie definizioni di identità di genere correntemente usate. Sfortunatamente, lui tende a focalizzarsi su alcune di quelle estreme presenti in questa discussione, tali come:
… Facebook adesso offre cinquantasei opzioni di genere. A noi sembra di abbracciare di corsa un’etica che dismette l’esigenza di proporre degli individui reali, in favore dell’esplorazione delle possibilità di come essi diventino.
Mentre alcune persone possono credere a ogni cosa che ci sia su Facebook, io non penso che molte persone con seri problemi mentali usino questa piattaforma di social media come strumento usuale per legittimarsi.
Cloutier sospetta che le persone transgender testimonino che il corpo non rifletta “veramente chi io sia“. Lui valuta negativamente questo modo di pensare:
“… [Noi] stiamo dicendo essenzialmente che l’identità è una materia della libertà di espressione di un sentire interiore, e perciò quello che noi abbiamo supposto di rispettare è la scelta individuale di esprimere, in ogni caso, l’identità che si sente della sua corporeità maschile o femminile… Sia i cattolici conservatori che progressisti hanno speso decenni nel tentativo di riabilitare la bontà della corporeità, dalla problematica della spiritualizzazione, compresa la nostra sessualità corporea in particolare come sito sospetto di corruzione a cui si chiede un rigido regime di dominazione. Ultimamente noi siamo impegnati a un visione globale sacramentale dove il corpo e l’animo sono un tutt’uno. Da questa prospettiva, un senso immateriale che il corpo di uno è ‘sbagliato’ sembra un bel problema.”
Ecco un punto su cui Cloutier sbaglia. Dalle molte persone transgender che ho incontrato, non ne ho incontrate molte che hanno detto, in modo serio, che i loro corpi erano sbagliati. Più precisamente, mi hanno detto che i loro corpi non esprimevano il loro genere.
Da quanti cercano una modificazione biologica (del loro corpo), ho imparato che la loro decisione è dovuta al fatto che apprezzano e riveriscono i loro corpi e li vogliono simili a come si sentono, non perché li vedono sbagliati.
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Testo originale: The Church and Transgender Identity, Part 1