“Se non fosse per l’HIV, oggi non sarei dove sono”
Testimonianza di Tina Middleton* pubblicata sul sito NHS Choices (Inghilterra) l’8 settembre 2014, libera traduzione di Diana
Tina Middleton prese l’HIV all’età di 20 anni. “Ho avuto una relazione con un malato di emofilia e non sapevo che aveva l’HIV, finché non rimasi incinta. Feci subito un test, all’inizio pareva tutto a posto, infatti risultò negativo. Però a marzo del 1992, a 8 mesi di gravidanza, feci un altro test che risultò positivo. Fu la peggior notizia che potessi ricevere.
Non lo dissi a nessuno. Il mio principale obiettivo era portare a termine la gravidanza. All’epoca non si sapeva molto degli effetti dell’HIV durante la gravidanza e quando partorii tutto il personale sanitario indossava mascherine e tute di protezione. Fu orribile. Non si sapeva che un parto cesareo sarebbe stato più sicuro, così ebbi un parto naturale e poi venni sistemata in una stanza d’isolamento, lontana dalle altre madri. Dovetti dirlo a mia madre a ai miei migliori amici, perché volevano conoscere il motivo per cui le infermiere indossavano tutte la mascherina protettiva. Rimasero scioccati , nemmeno io fui in grado di rassicurarli, perché non ne sapevo molto. L’atteggiamento era: “Sta tranquilla e non dirlo a nessuno”.
I mesi che seguirono la nascita di mio figlio Adam furono terribili. Se ora guardo indietro a quel periodo, non so come ne sono uscita. Pensavo al suicidio. Avevo rotto col mio partner (non a causa dell’HIV) e continuavo a piangere. Mi affacciavo al balcone del mio appartamento pensando di buttarmi giù. Gli altri cercavano di capire senza che io ne parlassi, e alcuni miei amici non volevano entrare in rapporti intimi con me. Altri si domandavano se lavorassi nel campo del sesso.
Quando entrai nella clinica per malati di HIV, il personale era fantastico e di grande supporto, ma allora l’HIV era considerata la malattia degli uomini gay e io ero l’unica donna. Mi sentivo isolata e depressa.
Cinque mesi dopo la nascita di mio figlio incontrai Andrew che conoscevo da tempo. Sapeva della mia malattia e sia lui sia la sua famiglia mi accettarono. Ci sposammo e tre anni dopo nacque il mio secondogenito Mark, per inseminazione, per evitare di trasmettere il virus a mio marito. La vita migliorò, ma mi dicevano che la mia aspettativa di vita era da 8 a 10 anni, così misi in pausa la mia vita.
Le cose cominciarono a cambiare nel 2001 quando divorziai da Andrew. Capii che dovevo essere indipendente per me e per i miei figli. Anche le cure per l’HIV erano cambiate. Era possibile curarlo e io ero in salute. La gente era diventata più consapevole del fatto che non si trattava di una condanna a morte.
Per anni non ho parlato della mia malattia, ma oggi sono molto più aperta e non mi sento più isolata. Ho avuto due attacchi gravi di questa malattia e ho rivelato il mio stato di malata di HIV ai miei amici che lo hanno accettato e hanno voluto sapere come aiutarmi.
Dopo la separazione da Andrew ho dovuto imparare a crearmi nuove relazioni. Seguo questo metodo: prima tratto come amici i miei partner potenziali in modo che possano conoscermi come persona. Non ho mai fatto sesso senza informarli prima della mia malattia e questa è stata una grossa pressione. È difficile, non dormivo per una settimana per paura delle loro reazioni, ma devo dire che sono stata fortunata e nessuno mi ha mai respinta.
Ora ho una relazione stabile con Martin, che è un grande. Prima di aver rapporti l’ho informato e gli ho dato del materiale informativo sul PEP (profilassi post esposizione a HIV).
L’HIV fa parte delle nostre vite, ma non ne parliamo molto, sebbene mi tormenti se non assumo le mie compresse.
È un fastidio dover sempre usare preservativi, preferiremmo poterne fare a meno, ma questo non influenza molto le nostre vite.
Dal 2001 sono stata in cura e ho combattuto a lungo con gli effetti secondari. Dopo due anni ho scoperto di essere resistente alla maggior parte dei farmaci che assumevo. L’anno scorso decisi di sospendere il trattamento per 3 mesi, poi per 6 mesi.
In questo periodo mi ammalai di bronchite e di polmonite pneumocystis (PCP) che colpisce spesso i malati di HIV. Avevo frequenti attacchi, ma ora va meglio sebbene i miei livelli di energia siano bassi e abbia problemi di respirazione.
Sono di nuovo in cura e gli effetti secondari si sono stabilizzati. Il conteggio di CD4 (glicoproteina) è migliorato, anche se continua ad essere basso, e il carico virale è migliorato. Non conto i CD4, ma guardo come mi sento, lo so meglio dei dottori come sto, oggi mi sento in forma e in salute.
I miei figli non sanno ancora che ho l’HIV e questo è il prossimo ostacolo. Una parte di me vorrebbe pianificare in modo che ci sia qualcuno che mi sostiene, ma un’altra parte di me pensa semplicemente di dirlo quando sarà il momento giusto. Da 4 anni lavoro alla Terrence Higgins Trust, e questo significa che conoscono l’HIV e tutte le questioni correlate, lo accettano e si sono dimostrati accoglienti, così penso non sarà un problema dirlo ai miei figli.
Sono ottimista sul futuro. Ho avuto la mia ipoteca, amo la vita e il mio lavoro. So che ci sono ancora sfide da superare, ma ho ancora tempo da vivere e molto da fare. Condividere con altri la mia esperienza è un bene.
Spesso partecipo a dibattiti sull’HIV per lavoro e la gente è sorpresa, quando dico che da 15 anni convivo con l’HIV. Non si può dare un volto all’HIV, ma stranamente, se non fosse per il mio HIV, non sarei quella che sono ora e in questo momento.
Testo originale: “IF IT WASN’T FOR HIV, I WOULDN’T BE WHERE I AM TODAY”