Sulle benedizioni delle coppie gay è tempo di superare i nostri limiti
Riflessioni del Reverendo Lowell E. Grisham, della St. Paul’s Episcopal Church di Fayetteville (USA) pubblicata su resources.christiangays.com (USA) il 20 luglio 2003, libera traduzione di Silvia Lanzi
Mi è stato insegnato di vedere con buon senso ciò che ci circonda. Finché sono stato al college, non ho mai conosciuto nessuno che potessi identificare come omosessuale – la gente educata non parla di questi argomenti. D’altra parte, ho imparato presto il linguaggio del mettere gli altri alla berlina.
C’era un nostro vicino, un ragazzo che si chiamava Tony. Era un po’ più piccolo dei miei compagni, ma grande per la sua età – più grosso di me. Ma Tony non giocava mai con noi. L’avevamo invitato, ma lui non voleva. Preferiva giocare a casa. Aveva delle bambole e la loro casa in miniatura. Andava parecchio d’accordo con le ragazze della porta accanto. La faccenda non ci interessava più di tanto. Però c’era qualcosa che ci rendeva nervosi. Così lo prendevamo in giro chiamandolo femminuccia. Uno lo chiamò “queer”, così lo facemmo tutti, anche se non sapevamo cosa significasse. Non proprio. O sì? Da qualche parte dentro di me, sentivo che era sbagliato prenderlo in giro. Di solito lo ignoravamo. Era facile. Lui era diverso.
Quando andai in seminario, sapevo il significato di quelle parole: omosessuale, eterosessuale, gay, lesbica, sebbene non fossi sicuro del significato di transgender. Lì ho incontrato il primo gay dichiarato della mia vita. Michael era un prete che venne a raccontare la sua storia al nostro gruppo del primo anno del seminario. Una storia che assomigliava a molte altre che avevo già ascoltato.
Sapeva fin da bambino di essere diverso. Non aveva nessun esempio da seguire nell’essere una persona gay, tranne un messaggio molto forte – ovvero che esserlo era una cosa cattiva. Così represse tutti i sentimenti e i pensieri e sposò la sua migliore amica, determinato ad essere un marito buono e devoto. Comunque quella bugia era troppo per lui e i costi fisici ed emotivi erano enormi. Lui e la moglie arrivarono ad un divorzio amichevole; a quel punto lei aveva capito.
A quanto ricordo, un paio d’anni dopo il suo divorzio incontrò e si innamorò del suo compagno di tutta una vita, fecero una piccola cerimonia di affidamento reciproco scambiandosi gli anelli e diventarono una coppia innamorata e felice.
Mi ricordo il dibattito che seguì. Guardai Michael negli occhi; gli puntai il dito contro e dissi con profonda convinzione: “Ma lo sai? Il tuo corpo è tempio dello Spirito Santo“. Non abbassò mai lo sguardo. Mi guardò e disse con profonda convinzione: “Sì, il mio corpo È tempio dello Spirito Santo“. Era la prima anomalia nella mia visione del mondo.
È stato due estati dopo che ho dovuto davvero fronteggiare la faccenda. Quell’estate stavo facendo un corso in ospedale con un piccolo gruppo di altri seminaristi. Era un gruppo notevole. Illuminato, dotato, impegnato spiritualmente. Si riescono a conoscere abbastanza bene le persone quando, in un piccolo gruppo di seminaristi, si interagisce per cinque ore al giorno.
Col passare delle settimane, è naturale che inizi ad emergere un leader, pur tra pari. Nel nostro gruppo, Dave era riconosciuto, anche se in modo informale, come il più maturo spiritualmente, quello con la sensibilità pastorale più spiccata e dalle capacità teologiche più complete. Iniziò a guadagnare il nostro rispetto. Poi scoprimmo che era gay.
Quell’estate Dave ci fece un grande regalo. Permise che un gruppo di ragazzi etero facesse tutte le domande più stupide che si può fare ad una persona gay. Allo stesso tempo anche noi studiammo un po’ per conto nostro. Con queste nuove informazioni e qualche riflessione, tutti noi cambiammo idea.
Imparai che l’orientamento sessuale è qualcosa di dato, non si sceglie. Che i test psicologici mostrano che le persone omosessuali sono sane e normali quanto quelle etero. Ho imparato che gli eterosessuali sono più inclini alla pedofilia e agli abusi sessuali degli omosessuali. Quando un venerdì Dave ci chiese di andare alla festa del cinquantesimo di una coppia gay sua amica, imparai che un altro dei miei stereotipi non era vero.
Quell’estate guardai per la prima volta le Scritture andando al di là della mia convinzione che la Bibbia condannasse gli omosessuali. Non c’erano molti passi in tal senso. Gesù non aveva detto nulla a riguardo.
Molti dei passaggi dell’Antico Testamento, culturalmente molto condizionati, sono quelli ai quali ora non siamo legati. L’assunto biblico è che tutti siano eterosessuali e che avere comportamenti omosessuali è innaturale. Ma, mi domando, e se qualcuno fosse naturalmente omosessuale? Essere costretti a comportarsi come un eterosessuale sarebbe innaturale.
Una volta che avevo cominciato ad avvicinarmi alla Bibbia aperto alla possibilità che l’orientamento sessuale fosse parte della nostra eredità, dataci da Dio, ho iniziato a scoprire che le Scritture ne parlavano in molti passi.
Pensate a tutte le storie in cui si si è scoperta la presenza e la benedizione di Dio nel momento più inaspettato. Uno schiavo neonato che fluttuava nel Nilo; un roveto ardente: il figlio più giovane, il pastore Davide; una voce flebile; una moabita di nome Rut; l’umile bimbo di una vergine; un pubblicano basso; una donna cananea; un eunuco etiope; un ufficiale della truppa romana d’occupazione; una donna samaritana; un pescatore di Galilea.
Uno dei temi principali del Vangelo è quello che ci mostra come Dio si fa vedere nello straniero e nell’emarginato; che Gesù, in Cristo, fa crollare i muri che abbiamo costruito e che separano le persone senza alcuna ragione valida.
Dio in Cristo fa piazza pulita di queste barriere e rompe con le regole che contrappongono il ricco e il povero, l’uomo e la donna, lo schiavo e il libero, il conformista e l’anticonformista e, molto importante, nella dottrina dell’incarnazione, Dio sorpassa il confine tra il divino e l’umano.
Si sente questo messaggio praticamente ogni settimana, in uno dei passi delle Scritture. Oggi “invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani (i non circoncisi) siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio” (Efesini 2:13-16a ) .
Queste erano parole radicali, e la politica d’inclusione degli incirconcisi della Chiesa era così minacciosa per molti capi ebrei – e un tale allontanamento dalle Scritture e dalla tradizione – che è costata la vita a molti dei primi cristani.
Prima di Gesù, Paolo e Pietro, gli incirconcisi erano fuori dal confine tracciato dalla religione. Ma, quando Gesù, Paolo e Pietro videro che la presenza di Dio si manifestava anche in loro, superarono il confine a favore dell’inclusione. Da allora, la Chiesa ha sempre fatto così.
La Chiesa ha riconosciuto che le convenzioni sociali del periodo della Bibbia non costituiscono l’immutabile parola di Dio, e ogni volta che scopriamo nuove possibilità di liberazione umana e di una vita più piena, le abbiamo accolte. La Bibbia proibisce di prestare ad interesse, da per scontato che il governo sia portato avanti dai re e che la schiavitù sia parte dell’andazzo, che le donne debbano essere silenziose ed obbedienti e che il divorzio e le seconde nozze siano proibite. Ma abbiamo visto la possibilità della grazia e abbiamo cambiato le nostre tradizioni, anche se non senza sforzo.
Abbiamo avuto conflitti e disaccordi ad ogni passo. Si trovavano buoni cristiani, sinceri e pieni di fede nelle scritture in entrambi gli schieramenti – i gentili potevano diventare cristiani? Si potevano battezzare gli eunuchi? Si poteva permettere un’attività economica incentivata dal prestito ad interesse? Solo i re avevano il diritto divino di governare? Gli schiavi potevano essere liberi? Le donne potevano servire, leggere in chiesa, diventare preti? I divorziati potevano risposarsi? Le persone di colore potevano avere gli stessi di quelle bianche?
Sembra che ogni generazione viva uno di questi conflitti. Mentre stavo crescendo il “problema” era la razza. Nel Mississippi lottare contro tradizioni alcune secolari costituiva un’incredibile minaccia.
Dopo tutto, si pensava che Dio avesse separato le razze fin dalla creazione. Il matrimonio interraziale era un crimine e, per molti bianchi, anche emotivamente ripugnante. Quando il vicario disse che le persone di colore erano le benvenute, molte persone buone e sincere lasciarono la parrocchia.
La bella notizia fu che molti di loro ritornarono, e nessuna di loro credendo che Dio volesse la separazione tra neri, la razza inferiore, e i bianchi. Una volta che ci fu l’integrazione, non sembrò troppo male; di sicuro fu meno innaturale di quel che sembrava ad alcuni. Capirono che la loro paura era esagerata. Oggi come oggi, si tratta di qualcosa di assolutamente impensabile: sediamo al ristorante di fianco ad un uomo di colore; un divorziato episcopaliano si risposa e si comunica nella chiesa di St. Paul; una donna vicario, Lynne Spellman, celebra la messa.
Nelle parole della Lettera di Efesini 2:19: “Cristo è venuto a proclamare la pace ai lontani e ai vicini; perché, attraverso di lui, tutti abbiamo accesso allo Spirito del Padre. Così dunque voi non siete più né stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio“.
Credo che la completa inclusione delle persone gay nella vita della Chiesa sia inevitabile, e che ci dia un’energia divina, come ha fatto quella di non circoncisi, degli schiavi, delle donne e delle persone di colore. Credo che sia un’opera dello Spirito Santo alla quale non ci si può assolutamente sottrarre.
Aspetto il giorno in cui non si canzoneranno più persone come Tony, che anzi saranno accettate e potranno uscire per un appuntamento, innamorarsi e donarsi ad un’altra persona con il pieno appoggio della loro Chiesa e della società, proprio come ho fatto io.
Aspetto il giorno in cui ragazzi come Michael non dovranno più reprimere i loro veri sentimenti, non dovranno sposare la loro migliore amica e condannare così loro e le loro mogli ad un futuro frustrante.
Aspetto una società che non opprima più lesbiche, gay, bisessuali e transgender e non faccia sentire loro di vivere nascoste.
Aspetto il giorno in cui tracceremo un cerchio più ampio e varcheremo la linea che permette ai gay cristiani di impegnarsi secondo i valori della Chiesa, gli stessi con i quali mi sono impegnato con la mia sposa: “fedeltà, monogamia, affetto e rispetto reciproci, con la cura, l’onestà e quell’amore santo che rende possibile a due parti di vedere nell’altra l’immagine di Dio” (General Convention, 2000). Più di un centinaio di Chiese episcopaliane si sono già offerte di benedire queste unioni; la chiesa quella di St. Paul non sarebbe la prima. Nemmeno in Arkansas.
Credo che quando arriverà quel giorno, non sembrerà strano e terribile come molti di noi temono. Vi darò un’istantanea di come potrebbe essere. Come è stato in un’altra chiesa episcopaliana, descritta nelle memorie di Nora Gallagher “Practicing Resurrection”. La loro prima cerimonia di benedizione, tra Charles e Philip, risale al 1977. La storia inizia con una conversazione tra Mark, il sacerdote che avrebbe presieduto la benedizione serale e Martha, incaricata di preparare la cerimonia e che aveva già lasciato capire che non l’avrebbe fatto.
Martha Smith stava stirando i paramenti in sacrestia. Le sue mani si muovevano con il ferro che stirava la croce processionale.
“Dunque, verrò alla cerimonia,” disse mentre Mark spuntava dalla sacrestia. “Ma” e si fermò.
“Ma?” disse toccando il bordo.
“Non parteciperò alla comunione”.
“Come?” disse gentilmente.
“Perché non ci credo,” disse piano, continuando a lisciare, stavolta con le mani, i lini dei paramenti.
“Va bene,” disse Mark posandole delicatamente una mano sulla spalla. “Grazie per avermelo detto. Promettimi solo una cosa”
Martha fece un cenno affermativo.
“Promettimi che verrai”
“Promesso” disse dopo aver preso in mano il ferro da stiro.
La storia di Nora continua descrivendo l’inizio della cerimonia in cui rifletteva: “Credo che ognuno di noi stesse pensando come si sentiva durante questo matrimonio, e se era diverso da quello che provavano gli altri. Sentivo le stesse lacrime che sentivo quando due persone avanzavano nella navata, con così tante speranze e promesse nel cuore, rinnovando la speranza degli altri. Quei due stavano proclamando il dono umano di una promessa – come tanti altri che avevo visto prima di loro”.
Dopo aver dichiarato le proprie intenzioni, la predicatrice Anne Howard iniziò il suo sermone.
“Oggi siamo in un campo completamente nuovo,” Iniziò. “È un giorno nuovo, che non abbiamo mai visto prima, e ci spaventa un po’”
Poi raccontò una storia. La visita che la sua famiglia fece all’antico santuario di St. Cuthbert a Durham, in Inghilterra. Una cattedrale normanna massiccia e meravigliosa.
Guardai il pavimento… e vidi una lunga striscia di marmo incastonata in esso. Si estendeva per l’intera larghezza della navata, da est a ovest. Non avevo mai visto niente di simile. Alzai lo sguardo e vidi un frammento su una colonna che ne spiegava il significato: il marmo era stato posto all’incirca nel 1100, quando venne costruita la cattedrale, per tenere indietro le donne, lontane dalla parte principale della chiesa. Era una barriera protettiva, per mantenere l’altare e il reliquiario di St. Cuthbert puro e libero dal potere corruttore delle donne…
Mi fece male vedere quella linea. Ricordarla mi fa male ancora oggi – quella barriera creata in nome della purezza. Quel giorno mentre me ne stavo lì, circondata dal potere della cattedrale, pensavo agli uomini che avevano posato quel marmo e alle donne che stavano dietro la linea… Conosciamo bene le linee…
Quella linea sul pavimento della cattedrale di Durham Cathedral non ha più ragion d’essere. È un relitto del passato. Credo che il giorno in cui fu posato quel marmo, Dio abbia pianto. E credo che ogni volta che oltrepassiamo una linea del genere, Dio danzi.
Oggi, noi oltrepassiamo la linea. Oggi, le antiche barriere perdono il loro potere. Oggi la guarigione è possibile perché celebriamo qualcosa di più grande di noi, unendo il nostro comune coraggio e la nostra buona volontà.
Oggi non celebriamo solo l’amore di questi due uomini, ma l’amore di un Dio che ci invita tutti ad oltrepassare il confine, di non starcene più fermi, di camminare verso la guarigione, la speranza e la gioia. Oggi oltrepassiamo quella linea. E Dio danza. Amen.
Si sedette. La chiesa era calma come nel fondo di una foresta. Ci sedemmo, in quella calma. E allora Charles e Philip si alzarono, scambiandosi i loro voti…
Dopo aver preso la comunione ed essermi seduto, qualcosa mi fece alzare lo sguardo. E nella navata, nella fila per la comunione, ecco Martha Smith, solenne, quieta e misurata.
Quando arrivò di fronte a Mark si fece il segno della croce e unì le mani a coppa.
“Il corpo di Cristo” disse Mark, mettendo il pane nei suoi palmi alzati.
“Amen,” rispose…
Più tardi, in sacrestia, Martha Smith stava pulendo il calice e mettendo i paramenti sacri nella borsa della lavanderia appesa vicino alla porta.
Mark arrivò dalla chiesa e la vide lì, intenta a rassettare solennemente, come fosse un dato di fatto. Lo guardò e lui guardò lei.
“Martha, anche se non sono fatti miei, posso chiederti come mai sei venuta alla comunione?”, chiese Mark.
“Perché nella mia vita ho tracciato troppe linee” rispose e si guardò intorno per un secondo o due, poi prese un altro calice da lavare. Danzammo per molte ore nella parrocchia”. (Nora Gallagher, Practicing Resurrection: A Memoir of Work, Doubt, Discernment, and Moments of Grace, 120-124)
Ho visto la presenza di Cristo nelle vite delle persone gay. Ho visto i frutti dello Spirito Santo manifestarsi nelle loro relazioni d’amore. San Paolo ci dice che i frutti dello Spirito Santo sono “gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede e autocontrollo” e continua dicendo “Contro tali cose non vi è legge” Galati 5:22-23
Credo che sia tempo di rimuovere la linea che divide la Chiesa dal riconoscere e dal benedire le sante e durature intenzioni d’impegno delle coppie gay. Credo che Dio le abbia già benedette.
Credo davvero che Dio stia invitando con amore la Chiesa a “oltrepassare la linea, a non nascondersi più, ad andare verso la guarigione “e ad unirsi all’eterno cerchio sempre in espansione della danza di riconciliazione di Dio”.
Testo originale: Crossing Lines – One Person’s Thoughts About Same-Sex Blessings