Testimonianze dall’inferno ceceno, dove continua la caccia ai gay
Articolo di Hilton Dresden pubblicato sul sito Out magazine (USA) il 1 agosto 2017, libera traduzione di Silvia Lanzi
“Mi hanno pestato petto e faccia con i loro piedi e mi hanno sbattuto la testa sul pavimento”. Una nuova inchiesta, pubblicata dal Russian LGBT Network, e che si può leggere integralmente qui, riporta le terribili testimonianze di trentatré gay ancora perseguitati in Cecenia. L’articolo ipotizza che dozzine di vittime siano state uccise e alcune torturate a morte. E nonostante la pressione internazionale sul governo ceceno, continuano ad esistere campi di detenzione.
Secondo l’inchiesta, chi sta dietro a tutto questo è il Dipartimento degli affari interni Ceceno, un settore della divisione generale del ministero degli affari interni della Federazione Russa. I testimoni indicano come responsabili degli attacchi anche gli ufficiali di polizia locali e la Rosgvardia (la guardia nazionale della federazione russa). Molti testimoni parlano di alcune persone che hanno partecipato alle torture: Magomed Daudov (detto “The Lord”), portavoce del parlamento della repubblica cecena; Aiub Kataev, capo del ministero degli affari interni della federazione russa di Argun, e Abuzaid Vismuradov (“The Patriot”), capo della divisione speciale dei First Responders.
Ecco la testimonianza di una vittima: “Un giorno, tutti i miei parenti vennero a sapere che ero detenuto. Venne da noi ‘The Lord’, il presidente del parlamento Magomed Daudov. Eravamo tutti seduti davanti a lui, che si avvicinò, scatto delle foto col cellulare, e chiese ad ognuno di noi se eravamo gay. Noi dovevamo rispondere ‘sì’. Tutto questo succedeva di fronte ai nostri cari a cui parlò, dicendo che eravamo una disgrazia per il nostro paese e per le nostre famiglie. Disse che se volevano onorare la tradizione avrebbero dovuto ucciderci. E che non sarebbero stati puniti per averlo fatto“.
Molti delitti d’onore nascono da una concessione come questa, di cui parla un testimone oculare: “era un giovane uomo preso in marzo dai miliziani e detenuto ad Argun. Suo padre e suo zio andarono da lui. Gli aguzzini mostrarono loro le prove che era omosessuale e i due risposero che l’avrebbero punito. Lo portarono nel bosco e seppellirono senza funerale“.
Molti testimoni dicono anche che i gay catturati erano minacciati di morte se non facevano i nomi di altri omosessuali, aumentando così il numero delle potenziali vittime. Come afferma uno di questi: “Mi buttarono a terra e mi picchiarono. Mi pestarono petto e faccia con i loro piedi e mi sbatterono la testa sul pavimento. Uno di loro mi disse: ‘Non picchiatelo fino a farlo svenire, così che non soffra più. Ne abbiamo bisogno. Parlando con me usavano pronomi femminili e mi chiedevano i nomi di altri omosessuali che conoscevo. E se non glieli dicevo, mi minacciavano di morte”.
In prigione, gli arrestati per la loro omosessualità erano trattati peggio di quelli in carcere per terrorismo o per reati legati alla droga. Un altro testimone racconta:
“Ci costringevano a stare proni sul pavimento e ogni persona nella cella ci doveva colpire tre volte sulle parti basse con un tubo. Alla fine della settimana, c’erano già 18 persone LGBT detenute e torturate. Il più giovane aveva all’incirca diciassette anni, il più vecchio quarantasette. Non potevamo lavarci. Ad alcuni vennero delle piaghe, e la cella puzzava di carne marcia”.
Raccontano come le vittime fossero tenute in ostaggio e che ci voleva un milione di rubli (circa 16.500 dollari) per liberarle. Finora il Russian LGBT Network ha ospitato in luoghi sicuri della Russia centrale circa sessantaquattro gay. Comunque, la maggior parte delle persone in pericolo rimane ancora in Cecenia.
Testo originale: New Horrifying Testimonies From Chechen Gays Reveal Continued Torture