Sei un cristiano omosessuale? Forse è un problema per la tua chiesa ma non per Dio
Riflessioni tratte da sisterfriends-together.org (Stati Uniti) del 14 maggio 2008, liberamente tradotto da Marius e Lidia Borghi
Non sorprende affatto che uno dei messaggi ricorrenti per i cristiani gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ), sia che l’essere omosessuali è causa di problemi: quasi tutti i giorni succede qualcosa che dà a questo assurdo messaggio insignificante ancora un minuto di pubblicità.
In famiglia esitiamo a fare coming out con le persone che amiamo perché non vogliamo che ne rimangano sconvolte.
Ci preoccupiamo per i pesi che deriveranno loro, per la sofferenza che dovranno provare, per i conflitti che si creeranno e quando, finalmente, diciamo loro che siamo gay, ci sentiamo in colpa per essere stati in qualche modo responsabili del loro pianto o della loro rabbia…
Dopo tutto, se non avessimo detto nulla, avremmo risparmiato loro tutto ciò.
Nei rapporti che abbiamo in famiglia e con amici tutt’altro che cristiani, noi evitiamo di rivelare aspetti della nostra vita, in modo da non turbarli ulteriormente.
Mentre gli altri parlano facilmente di quello che sta succedendo nella loro esistenza, quando arriva il nostro turno di condividere ciò che ci capita, diamo una risposta apparentemente sicura: “Oh, nulla di che, le solite cose”.
Si vede ciò che il tema dell’omosessualità sta procurando all’interno della chiesa. I cristiani, da entrambe le parti, sono impegnati in accesi dibattiti sulla Bibbia e sull’omosessualità nelle loro congregazioni, nei gruppi di culto e proprio qui su internet.
Le confessioni religiose principali minacciano di contestare la validità della partecipazione delle persone gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ) nella vita e nel ministero della Chiesa, nonché l’ordinazione di gay e lesbiche.
Pastori etero sono stati rimossi dal loro ministero perché hanno avuto il coraggio di celebrare un matrimonio gay e altre personalità famose nel mondo della chiesa sono state ostracizzate e messe in ridicolo per essersi poste volontariamente come amiche e sostenitrici di gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ) nella chiesa e nella società.
Mentre esaltiamo quelle congregazioni che si sono dichiarate aperte ai diritti di gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ) e siamo grati ai nostri amici e sostenitori etero che hanno pagato un prezzo personale, allo stesso tempo sentiamo il dovere di pagare costantemente un pegno nei loro confronti, e proviamo dispiacere per tutta la confusione e il disagio che il nostro orientamento sessuale ha portato alla chiesa di Cristo.
Ci chiediamo se non stiamo cercando di affrettare troppo il cambiamento, così esitiamo a prendere cariche nella chiesa ed evitiamo, all’interno di un edificio religioso e sotto lo sguardo della gente, qualsiasi contatto fisico con il nostro partner, perché potrebbe essere più facile per tutti se fossimo un po’ meno visibili ed eloquenti.
In questi e in altri modi si rafforza il messaggio che il nostro orientamento sessuale è un grave problema, causa di divisione e di tensioni nella chiesa, che suscita dolore e conflitto nelle nostre famiglie.
Portiamo dentro di noi quella voce che, per alcuni, diventa interiorizzata e generalizzata a tal punto che il problema non è più il nostro orientamento sessuale, bensì “il problema sono io”. Io sono il problema.
Sono un problema per la mia famiglia. Sono un problema per la chiesa. Sono un problema per Dio. Quando interiorizziamo il problema come noi stessi, allora si comprende come mai ci troviamo talvolta a vivere come se dovessimo chiedere scusa per la nostra stessa vita. “Sono qui, sono un diverso, mi dispiace”…
Tu non sei un problema. Non è un problema che tu sia gay. Non è neppure l’essere gay a causare il problema. Questo problema non è affare tuo.
Il problema è come gli altri ci rispondono. Il problema non è rappresentato da noi, ma appartiene a coloro che rispondono alla nostra piena umanità come se si trattasse di un problema. No. Non è nemmeno quello.
Il vero problema risiede in tutti gli insegnamenti erronei riguardanti la Bibbia, l’omosessualità e la ridicola disinformazione che è stata tramandata sulle persone gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ) nel corso dei decenni.
Il problema risiede nella chiesa che già aveva un enorme problema con la questione della sessualità, molto prima che si facesse sentire la nostra voce gay. Il problema esiste al di fuori di noi. Il problema non siamo noi. Il problema non sei tu. Te lo ripeto per una ragione, caro amico.
Che il problema non sia io o non riguardi me non significa che io non senta nulla nel vedere il dolore di coloro che amo per il fatto di essermi svelato a loro.
Ma invece di colpa o di rabbia, provo compassione, riconoscendo che il loro dolore viene sia da una vita di insegnamento cristiano in cui, nelle ombre della sua dottrina, si nasconde l’esclusività, sia da coloro che, all’interno del cristianesimo, hanno usato il loro pubblico pulpito per promuovere la paura e la disinformazione sui gay e le lesbiche, come per attuare una campagna di raccolta fondi e cercare il consenso dei conservatori.
Che il problema non sia io o non riguardi me non significa che io non dia valore al prezzo che è stato pagato dagli alleati e dagli amici etero. Sono profondamente grato e commosso per i sacrifici che so essere stati fatti da tanti, ma ritengo che il sapere che cosa hanno scelto di fare non abbia nulla a che vedere con me.
In Michea 6:08 siamo chiamati a essere un popolo che pratica la giustizia e così, ogni volta che qualcuno difende le persone gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ), non è una cosa che sta facendo per il bene tuo o mio, ma per il bene del Vangelo.
Proprio come tu e io, in qualità di persone GLBTQ, siamo ugualmente chiamati a sostenere la giustizia, non solo per noi, ma per tutti coloro che sono emarginati e oppressi.
Un giorno, parlando dell’etica cristiana, un uomo che ammiro molto ha detto che “tutto quello che diciamo e facciamo esprime esattamente quello che noi crediamo di Dio. Noi viviamo la nostra teologia”.
Quelle parole hanno cambiato il modo in cui mi avvicino alla vita. E’ la pietra di paragone cui costantemente ritorno durante la giornata, almeno in quei giorni in cui devo essere determinato nella vita, piuttosto che muovermi nella confusione.
“Che cosa sto dicendo di Dio per mezzo dell’azione che sto per intraprendere o con le parole che sto per dire? Che cosa devo credere di Dio per questa cosa che tengo nel mio cuore, per questo pensiero cui sto dando la mia attenzione?”
Nel rivendicare l’interezza della nostra vita come persone gay, lesbiche, bisex, trans e queer (GLBTQ) e in particolare come persone GLBTQ di fede, non abbiamo nulla di cui scusarci, ma piuttosto stiamo dichiarando la teologia dei nostri cuori, che Dio è un Dio creativo, un Dio di meraviglie, il Dio di un amore estremamente comico e stravagante, un Dio che, a volte, proprio non può resistere dal fare le cose più imprevedibili, mentre opera attraverso le persone più inimmaginabili. Un Dio di amore, di grazia e di compassione.
Un Dio di coloro che sono gay, etero, bisex e trans e di tutti coloro che rientrano nello spettro selvaggiamente creativo dell’umanità.
In “Gifted by Otherness”, M.R. Riley ricorda il suo cammino spirituale verso la riconciliazione: “Non ero convinta di avere un problema o di essere un problema. Ho visto chiaramente che gli altri avevano un problema con me, ma il loro punto di vista sembrava semplicemente sorpassato e incompetente.
A giudicare dalla ricchezza della mia vita spirituale, Dio non ha avuto alcun problema con me.
Credevo, allora come adesso, di essere nata gay per la grazia di Dio e che Dio ha trovato questa cosa buona proprio come tutta la creazione”.
Ok, ho intenzione di ripeterlo ancora una volta. Il messaggio che ti dice che sei un problema o che la tua sessualità sta causando un problema è sbagliato. Sbagliato, davvero sbagliato, assolutamente sbagliato.
Non hai nulla di cui chiedere scusa come persona di Dio gay, lesbica, bisex o trans, ma hai da esprimere tutto ciò che riguarda una grazia e una pienezza da cui il mondo potrebbe attingere il doppio e ancora di più.
Stammi bene!
Testo originale Theology Not Apology