Che significato ha la bandiera arcobaleno per le persone LGBT?
Gay Pride di Rick James pubblicate sul sito resources.christiangays.com (USA) il 16 dicembre 2008, libera traduzione di Giada Atzeni
Di tanto in tanto mi viene chiesto il significato del mio bracciale multicolore (arcobaleno). Di solito rispondo che chi lo indossa è gay o gay-friendly. Di norma non dico che “riguarda il pride”, anche se sarebbe la definizione giusta. Solitamente la mia risposta tipo è abbastanza esaustiva, e poi chi me lo chiede cambia argomento.
Se fossi convinto dell’interesse di queste persone a saperne di più, potrei dire loro che per la maggior parte degli omosessuali i bracciali, gli anelli o gli adesivi sui paraurti hanno una serie di significati. Prima di tutto, sono un modo per auto-identificarsi. In secondo luogo, sono un modo per mostrare una piccola dose di orgoglio per ciò che siamo in quanto individui, elettorato e parte di una comunità più ampia.
Ma ricordo una volta in cui l’inquisitore aveva posto una domanda ed era veramente alla ricerca di una risposta a qualcosa che l’aveva lasciata perplessa. Credo stesse realmente cercando di capire. Mi ricordo benissimo di questo fatto perché la domanda era partita da un parente stretto (precisamente mia madre), che conosceva il significato del mio bracciale.
Anche se al momento non avevo una risposta che fosse all’altezza dell’ottima domanda, da allora ho avuto molto tempo a disposizione per pensarci su. Qui di seguito trovate la mia risposta a tale domanda, così come alcune considerazioni generali sul Gay Pride.
Perché i gay, al contrario degli etero, sentono il bisogno di indossare cose del genere?
Il punto è che gli etero si auto-identificano costantemente, ogni giorno; forse non con bracciali e roba simile (anche se non è insolito), ma in molti (se non in tutti) gli aspetti della vita. Fateci caso: quando una coppia etero cammina per la strada tenendosi per mano, si auto-identifica. Quando una coppia si scambia un bacio sulla guancia o sulle labbra in un luogo pubblico, si sta auto-identificando.
Quando un ragazzo o una ragazza etero parlano di quello/a che gli/le piace con i compagni di scuola o passano un bigliettino d’amore, si auto-identificano. Quando un muratore fischia una bella donna che cammina per strada, si sta auto-identificando.
Se si ascoltano canzoni d’amore alla radio ci si rende conto che riguardano sempre l’eterosessualità. Quando una macchina passa per strada mostrando un grazioso coniglietto bianco con il farfallino, non ci sono dubbi sull’identità sessuale del conducente. La lista è infinita.
Se in questo momento stessi parlando con mia madre, le direi: “Mamma, guardati la mano sinistra. Ciò che vedi (la fede) è un simbolo di auto-identificazione quasi esclusivamente eterosessuale (almeno, negli Stati Uniti, eccezion fatta per il Massachusetts). Lo indossi con orgoglio?”.
È qui che voglio arrivare. L’auto-identificazione eterosessuale fa talmente parte della vita quotidiana dell’eterosessuale (sia a livello conscio, che inconscio) che nella stragrande maggioranza dei casi non la si nota, passa inosservata e la gente ne è praticamente inconsapevole. Perché gli etero dovrebbero aver bisogno di un bracciale? Hanno la possibilità di auto-identificarsi in quasi tutto ciò che dicono e fanno davanti a Dio e a tutti, e nella maggior parte dei casi tale elemento viene lodato e addirittura incoraggiato.
Al contrario, la vista di una coppia omosessuale che cammina per strada tenendosi per mano, fa spesso pensare male o provoca addirittura delle concitate esclamazioni come: “Perché devono sbandierarlo?” Eppure gli etero non si fanno problemi a “sbandierarlo” ogni santo giorno, in ogni situazione o luogo.
Di recente ho fatto visita alla mia ex moglie e a mia figlia in Louisiana. Dato che le ferite della nostra rottura sono ancora molto recenti per Renee, solitamente mi tolgo il bracciale per non turbarla o per non creare discordie familiari. Sapevo che nel vedere il mio bracciale, non avrebbe capito. Con mio grande dispiacere, me n’ero dimenticato. Renee l’ha visto mentre parlavamo da soli all’esterno della casa. La sua espressione è cambiata immediatamente. Ho notato l’enorme cambiamento nel suo atteggiamento prima di rendermi conto di cosa stesse fissando. Ha protestato con rabbia: “E così ora ti interessi a quella storia del Gay Pride!?” Ho cercato di scusarmi per la mia insensibilità, ma era troppo tardi. Quando ha cominciato ad andarsene indignata, in un tono appena percepibile le ho detto: “Sai perché lo indosso?”. Si è fermata. In attesa della mia risposta, ma incerta sul volerla sentire o meno, mi ha chiesto: “Perché?”. (lunga pausa) “Perché non odio più me stesso”.
Si sa: crescendo, molti cristiani omosessuali sentono parlare in continuazione dei mali dell’omosessualità. La nostra giovane mente crede a queste informazioni. Ci vengono dette dalle persone che amiamo, rispettiamo e ammiriamo. Poi con l’inizio della pubertà iniziamo a renderci conto con orrore (e non possiamo farci niente) che SIAMO proprio ciò che tutti odiano così tanto. Questo odio esterno viene interiorizzato, diventando così odio per sé stessi. A causa di quell’odio (interno ed esterno), e di quella paura, ci isoliamo, chiudendoci e blindandoci in un luogo in cui Dio non verrebbe mai vedere nessuno dei Suoi figli: un buio, ignobile angolo di vergogna e disperazione.
Quando finalmente (alcuni di noi) si rendono conto di non essere degli abomini agli occhi di Dio, penso che un po’ di sano orgoglio autocelebrativo sia necessario. Infatti credo che sia indispensabile per compensare il modo in cui ci siamo sentiti fin dalla più tenera età. Non mi riferisco a quell’orgoglio “altezzoso” o al vedersi “superiori a”. Sto parlando di un’autostima intrinseca al modo di pensarsi “creato a Sua immagine e somiglianza”. Parlo dello stesso orgoglio con cui gli etero, compresa mia madre, indossano la fede.
Pochi giorni fa ho vissuto un’esperienza unica. Qualcosa che può ritenersi normale, di routine, per la maggior parte delle persone, per me si è rivelato straordinario. Ho semplicemente detto “buongiorno” a una signora di passaggio. In quella bella mattina è accaduto qualcosa che ora succede spesso. Mentre pronunciavo quelle parole mi sono reso conto che non erano semplicemente frutto della cortesia o dell’educazione: provenivano dal cuore ed erano dirette a lei. Erano il risultato di una pace interiore e di una gioia che non avevo mai provato fino ad allora. Quella mattina ho capito che erano state pronunciate da una persona che non si odiava più, ma che si amava completamente, e non malgrado sé stessa, ma per ciò che era (ogni parte di sé), compresa la propria identità sessuale.
Dicendole “buongiorno”, le stavo effettivamente augurando quella pace e quella gioia che sentivo in quel momento. Non credo affatto che Satana possa ingannare qualcuno facendogli provare così tanto amore, pace e gioia, per nessuna ragione. Questo genere di cose può essere solo opera di Dio.
Una volta superata, felice e contento, ho notato il mio bracciale arcobaleno. Ho poi iniziato a pensare e a riflettere su cos’era appena successo. Ho cominciato a chiedermi se la donna si sentisse, o si fosse mai sentita, emarginata. Ho avuto il presentimento che le fosse sicuramente capitato. Era nera. Mi chiedo se le sia mai capitato di voler essere qualcun altro. Per me è stato così per quasi 40 lunghi anni. Infatti, fino al momento del mio outing, la notte, prima di chiudere gli occhi, rimanevo sveglio a sognare di vivere la vita di qualcun altro, ma la mattina dopo mi svegliavo ed ero la stessa persona che la notte prima aveva poggiato la testa sul cuscino.
Non so esattamente perché altri omosessuali indossino i bracciali arcobaleno (tra le altre cose). Non posso certo parlare a nome loro, ma ho il sospetto che le loro ragioni siano molto simili alle mie. A mio parere si tratta di una sana espressione d’amore verso sé stessi. Bracciali, anelli, cavigliere (e tante altre cose) sono, forse, simboli creati col solo scopo di ricordarci della nostra autostima. Dalle nostre famiglie intolleranti, alla società omofoba; dalla nostra Chiesa che condanna, ai nostri politici indifferenti e intransigenti; i luoghi in cui riceviamo questo messaggio sono pochissimi.
Amici, il solo motivo dell’esistenza del gay pride è la compensazione. È assolutamente necessaria se vogliamo sopravvivere in una società che ci odia, che non ci concede diritti civili, che ci affibbia i peggiori soprannomi, si inventa bugie sul nostro conto per spaventare le persone costringendole a dare soldi per sottometterci, ci aizza le nostre famiglie contro dicendo loro di non accettarci; che dà false speranze ai nostri fratelli e sorelle cristiani omosessuali deboli, non dichiarati e che si disprezzano, sul cambiamento del loro orientamento, per poi scoprire, solo anni più tardi e migliaia di dollari in meno, che non è cambiato di una virgola.
Storicamente parlando, cosa ha dato origine al femminismo? La discriminazione femminile. Se ci si vuole sbarazzare del femminismo, bisogna porre fine alla discriminazione contro le donne. Che cosa ha dato origine al Black Pride, alla Black History, al linguaggio Ebonics, ecc? Il razzismo contro gli statunitensi afroamericani. Non c’è da stupirsi che Barack Obama come presidente sia un trionfo per tutti coloro che sono stati vittima di emarginazione in un dato momento della vita. Il gay pride non fa eccezione. Se si desidera la sua fine, allora la società deve liberarsi dall’omofobia. Se tutti ci accettassimo così come siamo, non si sentirebbe alcun bisogno di soffermarsi sulle differenze.
Ora il quadro è un po’ più chiaro? Ci si può non accorgere del fatto che, la nostra Chiesa e la nostra società omofobe sono responsabili, nel vero senso della parola, della creazione del gay pride? Senza oppressione, non vi è alcun bisogno di ribellione. Ma quando c’è oppressione, prima o poi la gente insorgerà per contrastarla. Quando gli equilibri vengono sovvertiti, la compensazione è una risposta naturale. Se non si mette nulla sul piatto della bilancia, l’equilibrio sarà il risultato naturale e inevitabile.
Immaginate insieme a me, per un momento, che la nostra società non sia omofoba e che accetti tutti gli orientamenti. Immaginate che un ragazzo gay possa essere altrettanto libero di portare a casa un ragazzo che gli piace per farlo conoscere ai suoi, come fa suo fratello etero con una ragazza a cui dedica tutte le sue attenzioni. Secondo voi, in una società del genere esisterebbero i bracciali arcobaleno? Se l’essere gay fosse normale e accettabile quanto l’essere etero, ci sarebbe ragione alcuna per sottolineare le differenze? La risposta è un clamoroso NO! Perché? Veniamo amati e accettati così come siamo?
Penso che questo giorno stia arrivando. Credo che noi gay verremmo accolti, accettati e anche apprezzati maggiormente per ciò che siamo e per il nostro contributo a una comunità più ampia. Magari ci vorrà tanto. Magari ci vorrà poco. Non mi azzardo a fare previsioni. Sarà quando sarà. Ma fino a quando non arriveremo a questo momento particolare di crescita e maturità all’interno della nostra società, vedrete me e tanti altri indossare i nostri bracciali con un po’ di orgoglio.
Testo originale: Gay Pride