Erano le tre quando lo crocifissero (Mc 15, 25). Il mistero di una santità “queer”
Testo della teologa Marcella Althaus-Reid* tratto da The Queer Bible Commentary, a cura di Deryn Guest, Robert E. Goss, Mona West, Thomas Bohache, SCM Press, 2006, liberamente tradotto da Graziana Colamussi
“Erano le tre quando lo crocifissero… Quelli che passavano lo ingiuriavano … (Marco 15, 25-29). “Un omosessuale è stato assassinato a Quilmes”. Spesso la notizia riguardante la morte violenta delle persone omosessuali arriva con una macabra gioia… attraverso i titoli sensazionalistici dei giornali… (Néstor Perlongher, 1997)
“Mataron a un maricòn”1 (Hanno ucciso un finocchio). Questo è il titolo2 di una delle storie di Néstor Perlongher3, il “neo-Barroso”, scrittore argentino “queer” che ha scritto saggi sulla sessualità e sulla povertà di Buenos Aires. Questa è una storia d’amore, di povertà e speranza di resurrezione, come i sogni dei poveri. Il titolo (del racconto) fu preso da Perlongher dal titolo di un quotidiano di Buenos Aires. È interessante notare che queste parole hanno una certa ambiguità. “Hanno ucciso un finocchio” (They kill a faggot), indica sia un tempo presente che un tempo passato prossimo.
Questa ambiguità indica un senso di continuità nel tempo che risulta ontologica. Il racconto di Perlongher tratta della notizia di un corpo umano trovato morto al ciglio di una strada. Probabilmente si tratta di un travestito. Probabilmente si tratta di qualcuno che, assieme ad altri, si prostituiva sulla strada Panamericana, che divide la città capitale dell’Argentina dai sobborghi. Cosa era successo? Una lite? Una rissa? O un attacco inaspettato?
Perlongher descrive il corpo accasciato con i vestiti da donna laceri e sporchi, come la scena di una croci/finzione. Giace lì, sul sentiero di fango, l’amore per le sciarpe brillanti e le camicie colorate, alla Marilyn Monroe. Eccola, si può vedere tutta la femminilità raffinata di orecchini lunghi e brillanti, scarpe dai tacchi alti e nastrini.
Tutto quello che era, le sue mani che avevano cucito le sue camicie e che avevano scelto gli orecchini in tinta, il suo amore per la vita, adesso erano coperti di sangue e della sporcizia della strada. Chi aveva potuto ucciderla? Fu la Polizia de San Paolo, in una delle sue “razzie” contro i travestiti?
Il clima di croci/finzione di Perlongher è un crescendo di tensione mentre descrive il panico messianico di un poliziotto all’osservare la qualità del trucco della ragazza e i suoi indumenti lacerati; gli ricordava qualcuno che aveva visto sulla
copertina di una rivista.
– Maledizione! – esclamò, mentre si rendeva conto dell’identità dell’innocente: “La loca4 era famosa“.
Un indecente travestito era lì, vittima innocente di un sistema di violenza sessuale. I travestiti sono “pazze”, rappresentano il superamento del limite, sono coloro che varcano i confini e dislocano l’ideologia spaziale dell’eterosessualità.
La “loca” di Perlongher, giace nel fango e nel sangue, con i suoi indumenti femminili strappati, una celebrità minore che indossava colori, brillanti, trasparenze (tutto ciò che fa la femminilità), che non sarebbe dovuta morire ammazzata.
Forse aveva fatto qualche comparsa in qualche programma della televisione locale o forse era stata intervistata per un giornale sui diritti umani e sessuali. In qualche modo era entrata a far parte di un piccolo circuito di celebrità. La sua morte può sollevare voci, può non essere stato solo un assassinio commesso con impunità. Può far sorgere domande e problemi.
Questa morte può richiamare l’attenzione sulla morte di altre “ragazze” come lei. Potrebbe addirittura contribuire alla loro redenzione e arrivare a fare in modo che un travestito ottenga un lavoro, potendosi così permettere una vita decente, l’amore e la felicità. Ma adesso la preoccupazione più importante è cosa fare con il corpo. Doveva sparire.
Altri travestiti, amiche, potrebbero avvicinarsi e fare domande: “Avete visto la nostra amica? Dove avete portato il suo corpo? Però il cadavere non potrà mai essere incontrato, perché è salito in cielo”. Come la domanda di Maddalena: “Che ne avete fatto del corpo del mio amato?“. La risposta resterà nel mistero. Il nome del travestito entrerà nella leggenda. Un giorno le ragazze useranno medaglie con un ritratto giovane e attraente di qualcuno che non è morto. Hanno ucciso un finocchio, ma tornerà. Croci/finzioni: morti messianiche.
Le Drag
Nella patriarcale Argentina i travestiti si trovano in un luogo limite tra l’adorazione, la venerazione popolare e la tattica di sterminio di chiesa e stato. Li adorano quando vanno in scena nei teatri come la famosa e ammirata Florencia della V e la deceduta Chris Miró, però sono bersaglio della polizia, così come della brutalità religiosa. La narrazione di Perlongher sulla morte di un travestito innocente forma un parallelo con la scena della crocifissione di Cristo, descritta in Marco 15.
Gli indumenti di Gesù vengono descritti nei minimi particolari, un mantello rosso porpora e una corona di spine. Oggetto di burla e disprezzo, così come il travestito della Carretera Panamericana di Buenos Aires attrae le risa e il disprezzo di chi ignora il suo genere, il genere di chi oltrepassa le frontiere dei codici del vestito e disloca l’identità.
Anche gli indumenti di Gesù erano strappati, sporchi, e furono presi dai soldati come pegno di scommessa, giocandoseli ai dadi. E lì, l’ufficiale romano, mormorando tra sé e sé: “Davvero quest’uomo era il figlio di Dio” (15.39) o, come dice Perlongher: ‘Maledizione, la ‘loca’ era famosa!’. Forse una famosa ballerina, forse un’attivista per i diritti umani, forse entrambe.
Il suo corpo si trasformerà nel segreto dei secoli futuri, il “Mysterium Tremendum”, di Otto, sopra il quale riflette Derrida, dicendo che il segreto è ciò che fa tremare il popolo (Derrida y Ferraris: 2001). E il popolo tremerà, ascoltando il mistero di una santità “queer”.
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1 Il racconto “Mataron a un marcòn” di Néstor Perlongher fu pubblicato originariamente nella rivista Fin de Siglo nº 16 dell’ottobre 1988, poi ripubblicato nella sua raccolta intitolata Prosa Plebeya: Ensayos 1980-1992 , a cura di Christian Ferrer e Osvaldo Baigorria, Buenos Aires, 1997.
2 Il termine “marica” si usa nel linguaggio colloquiale dispregiativo per indicare una persona gay. Originariamente “marica” è un diminutivo del nome femminile Maria. Altre varianti sono mariquita” o “maricón”, o addirittura “mariposa” (in italiano, “farfalla”). Nonostante quest’ultimo termine non ha nessuna relazione etimologica, viene usato per il “mari” allusivo, presente nella parola. E’ dunque l’associazione con il nome Maria che conferisce associazione al termine “gay”.]
3 Néstor Perlongher (25 dicembre 1949 – 26 novembre 1992) fu un poeta argentino e professore di Antropologia, il cui attivismo nel “Movimento per la Liberazione Omosessuale” di Buenos Aires, e i cui lavori riguardanti la tematica “queer” e la povertà, gli permisero di ottenere un riconoscimento di scala internazionale. Definiva il suo stile “neo-barroso”, giocando con le parole “neo-barroco” e “barroso” (embarrado) che in spagnolo indicano il fango, l’essere infangato.
4 Il termine “loca”, pazza, è usato con connotazioni sessuali.
* Il 20 febbraio 2009 moriva Marcella Althaus Reid, teologa femminista argentina di nascita e inglese d’adozione, da sempre attenta ai temi della sessualità e del corpo e punto di riferimento per la comunità femminista e queer. Riteneva che solo una teologia radicale, che osasse andare oltre i limiti comunemente accettati, potesse rivelare la presenza di Dio nel nostro tempo. Ha pubblicato diversi libri che, purtroppo, sino ad ora non sono stati ancora tradotti in italiano.
Testo originale: Evangelio de Marcos – Primera Entrega [It was the third hour when they crucified him]