Il gesuita James Martin: “Dobbiamo costruire il dialogo tra la Chiesa cattolica e la comunità omosessuale”
Intervista di Elise Racque pubblicata sul sito del giornale cattolico La Croix (Francia) il 13 aprile 2017, libera traduzione di Marco Galvagno
Il gesuita e redattore capo della rivista cattolica America, James Martin, è stato nominato consigliere per il segretariato della comunicazione del Vaticano. Conosciuto per il suo impegno a favore per un dialogo rispettoso con gli omosessuali cristiani ha pubblicato un libro sul tema nel giugno dell’anno scorso.
Il suo libro Building a bridge (editore HarperCollins, giugno 2017, 160 pagine) è stato definito: benvenuto, necessario e ispirato dal cardinale Kevin Farrell, prefetto del dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Lei è stato nominato il 12 aprile consigliere del segretariato per le comunicazioni. Lo vede come un segno incoraggiante per il suo lavoro e per gli omosessuali cattolici.
Sì, me ne rallegro, le reazioni di vari cardinali che hanno letto il mio libro mostrano che numerose persone nella gerarchia ecclesiastica si sono resi conto che le cose devono cambiare. Ogni segno è benvenuto. Il semplice fatto che il Papa usi la parola gay per parlare degli omosessuali è una cosa molto forte. È il primo Papa a usarla e mi congratulo per questo. Penso che ogni persona abbia il diritto ad essere chiamata come lei stessa si definisce. È una prima tappa.
Dopo la strage gay di Orlando, del giugno 2016, lei ha pubblicato un video su Facebook per invitare i vescovi americani ad avere più compassione. Un anno dopo pubblica questo libro. Perché questo impegno a favore dei cattolici omosessuali?
Da vari anni molti cattolici omosessuali mi chiedono consigli per vivere la fede. Sono persone che soffrono per le parole che la chiesa cattolica ha nei loro confronti. Cerco di mostrare loro che all’interno della chiesa siamo in molti a rispettarli. Dopo la strage di Orlando mi sono detto che bisognava scrivere tutto questo in modo più formale. È anche un mezzo per interpellare i responsabili cattolici. Penso che sia il momento per costruire un ponte tra la comunità LGBT e la chiesa cattolica. C’è voluto del tempo perché le società riconoscessero l’orientamento omosessuale. Ora è il momento di farlo per le istituzioni cattoliche.
Come accogliere meglio gli omosessuali all’interno della chiesa con atti concreti?
Innanzitutto applicando quello che ci dice il Catechismo: “rispetto, compassione e sensibilità”. Penso che dovremmo bandire alcuni termini: smetterla di dire che queste persone sono afflitte per la loro sessualità che viene definita “oggettivamente disordinata”. Queste parole sono estremamente offensive. Da un lato c’è la chiesa che deve conoscere meglio e rispettare la comunità cattolica LGBT. Dall’altro lato i credenti omosessuali devono rispettare la gerarchia ecclesiastica e darle il tempo di cambiare. Tutto sta nel dialogo da costruire ed è questo che auspico.
La maggior parte dei responsabili ai vertici della chiesa cattolicanon ha mai parlato con fedeli omosessuali e viceversa. Il ponte da costruire è quello della comunicazione. Ad esempio perché non organizziamo programmi di ascolto e messe per questa comunità emarginata da insegnamenti troppo selettivi.
La strada è lunga, dato che la chiesa cambia lentamente, ma i cattolici omosessuali sono perseveranti ed è questa perseveranza che è la forza della loro fede.
Testo originale: James Martin: «Il faut construire le dialogue entre l’Église et la communauté homosexuelle»