Una pastorale per lesbiche e gay cattolici perché “non si sentano più come estranei nella loro chiesa”
Articolo del rev. Richard P. McBrien* pubblicato sul settimanale cattolico The Tidings (Stati Uniti) il 12 agosto 2005, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Ai primi di giugno (2005) il vescovo di Memphis J. Terry Steib ha annunciato nella sua abituale rubrica del giornale The West Tennessee Catholic l’inaugurazione di un nuovo ministero diocesano rivolto a gay e lesbiche cattolici “per assicurarci di non lasciare indietro nessuno” perchè “tutti sono benvenuti a casa loro”.
Ha svelato che stava recentemente riflettendo sulla Chiesa come casa: “Sono diventato più acutamente consapevole del numero di persone (cattoliche) che non si sentono più a loro agio in casa loro. In effetti alcuni non sono più sicuri che la Chiesa sia casa loro”.
Il vescovo ha indicato varie ragioni per cui possono svilupparsi simili sentimenti di alienazione. Talvolta sono generati da “le circostanze della vita che fanno sentire estraniati o separati.”
In certi casi si tratta di incomprensione degli insegnamenti della Chiesa o della sensazione che le loro vite non si conformano ai valori e alle aspettative degli altri, “o peggio” di sentire che “ciò che essi sono è inaccettabile.”
Il vescovo Steib afferma di essersi recentemente incontrato con molti gay e lesbiche cattolici, e in seguito con i loro genitori. “Per tutti loro” ha scritto “essere cattolici è parte irrinunciabile della loro identità. Al tempo stesso queste persone non sono sicure del “loro posto” nella loro casa. Sono persone – persone fantastiche, buoni cattolici – che sono gay e lesbiche.”
I genitori di questi gay e lesbiche cattolici, ha osservato il vescovo, vedono la “bontà” e il “talento” dei propri figli e figlie “ma vedono anche [la loro] solitudine…e nessun altro la vede.”
Ha esortato i suoi lettori a riconoscere e accettare i loro fratelli e sorelle gay e lesbiche come membri a pieno titolo della Chiesa, “come benvenuti a casa loro” e di “lasciare da parte i preconcetti su chi vi appartiene e chi no.” Il vescovo ha indicato Gesù come nostro modello; Gesù, ha insistito, “amava tutti, viveva per tutti, ed è morto per tutti.”
Da afroamericano, il vescovo Steib ha citato l’era della schiavitù nel Sud degli Stati Uniti, la “marcia delle lacrime” dei nativi americani [l’esodo forzato dei nativi dalle loro terre ancestrali negli anni ’30 del XIX secolo n.d.t.] e gli scioperi dell’uva in California [uno sciopero lungo più di 5 anni che coinvolse i lavoratori agricoli filippini sfruttati e sottopagati negli anni ’60 n.d.t.] per ricordare “l’opera di Dio è sempre intralciata quando gli esseri umani hanno paura delle differenze reciproche.”
“Un nuovo ministero con gay e lesbiche” ha spiegato “spalancherà la porta alla comprensione e alla compassione tra noi tutti. Aprirà la porta di “casa” che sono una parte importante di ciò che noi siamo e a un segmento della nostra famiglia che è stato in disparte da noi per troppo tempo.”
“Nei miei incontri con i gay e lesbiche cattolici” rileva il vescovo Steib “ho spiegato loro che Dio non rifiuta amore a nessuno di noi. Credo a questo con tutto il cuore. L’amore di Dio è senza condizioni ed è il dono che Dio ci offre in Cristo Gesù: il dono di amarci l’un l’altro con quello stesso amore divino e senza condizioni.”
Non è un segreto che ogni discussione sull’omosessualità -soprattutto se portata avanti senza le solite condanne – fa sentire a disagio molti, dentro e fuori la Chiesa. Neppure è un segreto che chi scrive e parla come il vescovo Terry Steib ha fatto vengono percepiti da molti altri come una minaccia perfino per la fede stessa.
Infatti l’iniziativa del vescovo Steib è stata vista come una minaccia al punto tale che il direttore di un settimanale di una diocesi vicina ha ricevuto l’esplicito divieto del suo vescovo di pubblicare qualsiasi cosa sulla rubrica del vescovo Steib e sulla sua inaugurazione di un ministero diocesano di assistenza a gay e lesbiche cattolici.
Sfortunatamente ci sono molteplici storie di questo tipo. Un sacerdote apertamente gay ha recentemente ricevuto l’ordine dal suo padre provinciale di omettere un riferimento al suo orientamento sessuale in un libro sulla spiritualità cattolica che stava per pubblicare. Un portavoce di alto rango del Vaticano ha suggerito una volta che gli omosessuali non possano essere validamente ordinati, e ci sono state insistenti voci che Roma possa emanare una direttiva che proibisca l’ammissione dei gay in seminario e quindi al sacerdozio (ndr come poi il Vaticano ha fatto).
In ogni caso esiste una certa ambivalenza nell’atteggiamento ufficiale della Chiesa nei riguardi dell’omosessualità. Essa insegna che l’omosessualità è un “disordine oggettivo” e che gli atti omosessuali sono un “male morale intrinseco”. Allo stesso tempo la Chiesa insiste sul fatto che gli omosessuali sono persone con la propria dignità che non dovrebbero mai essere oggetto di disprezzo o discriminazione.
Ovunque sia la colpa, molti gay e lesbiche cattolici si sentono come estranei nella loro stessa casa -indesiderati e guardati con diffidenza, proprio come ha detto il vescovo Terry Steib. Se ci fossero più vescovi come lui, questa situazione comincerebbe sicuramente a cambiare.
* Padre Richard P. McBrien è professore di teologia all’Università di Notre Dame (Indiana)
Testo originale: Outreach to gay and lesbian Catholics