Come i cattolici possono rispondere ai velenosi attacchi dei tradizionalisti
Articolo di Robert Shine pubblicato su Bondings 2.0, blog dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti), l’11 ottobre 2017, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Sono anni che i gruppi cattolici tradizionalisti prendono di mira le persone LGBT e le loro organizzazioni cattoliche, non senza lanciare campagne critiche e persino disumanizzanti. Dopo che alcune conferenze di padre James Martin, SJ sono state cancellate a causa delle pressioni dei gruppi di tradizionalisti, tali gruppi sono sotto osservazione per valutare i danni che procurano alla Chiesa. In che modo i cattolici possono rispondere ai loro velenosi attacchi, in un dibattito nel quale tutte le voci dovrebbero essere accolte?
Il gesuita gay Damian Torres-Botello ha scritto un articolo su come ha dovuto affrontare, all’interno della Chiesa, diverse reazioni omofobe. Scrive sul Jesuit Post, in relazione alla decisione del Theological College di cancellare la conferenza di padre Martin su Gesù: “Detto questo [sul comprendere il punto di vista dell’ateneo], rispetto chi, con amore e buone intenzioni, cerca di fare suoi gli insegnamenti della Chiesa in concerto con il pensiero contemporaneo. È un dialogo che accolgo con piacere. È invece un altro discorso continuare a dare peso a quelle voci che cercano solamente di distruggere, di disprezzare e di rifiutare la verità dell’amore evangelico. […] Queste voci denigratorie cercano di spazzare via gli inviti alla comprensione e alla compassione. Sono voci che dicono No all’ipotesi dell’amore. Questo No ha il potere di impedire a una voce buona e gentile di venire ascoltata. Qualsiasi risposta che cominci con un No ci scippa un’opportunità di dialogo. Non inizieremo mai ad avere discussioni produttive su come amare le persone LGBT+ se non inizieremo con quel Sì che affonda le radici nella nostra comune vocazione all’amore. Senza avvertenze, senza congiunzioni, solo amore”.
Secondo Torres-Botello l’amore è “il vero argomento del libro di padre Martin”, ma l’amore non è sempre evidente, e a volte nemmeno presente, in certe voci che vorrebbero discutere sulla persone LGBT cattoliche: “Il bello dell’amore evangelico è che deve andare in ambedue le direzioni, proprio come il ponte di cui parla il libro di padre Martin. Bisogna essere in due per iniziare con amore, poi possiamo costruire e attraversare il ponte per incontrarci come persone umane. È difficile guidare con amore […] Una delle difficoltà del costruire ponti è che la guarigione deve essere simultanea. Se parliamo della comunità LGBT+ e della Chiesa Cattolica, ho delle ferite che ancora sanguinano e non ho cerotti; a volte quindi ho qualche esitazione ad entrare in uno spazio di dialogo con una storia di odio e disprezzo”.
Emily Reimer-Barry, una teologa che scrive per il blog Catholic Moral Theology, arriva al nocciolo di ciò che rende la retorica e la tattica dei gruppi di destra così dannosa per gli individui e la Chiesa: “Mi disturba in modo particolare il modo in cui Church Militant [Chiesa Militante, uno dei gruppi cattolici ultraconservatori cui si fa riferimento nell’articolo, n.d.t.] utilizza termini come ‘peccato’ e ‘vergogna’ […] La vergogna può essere tossica e soffocare la crescita e l’integrazione della persona. Questa vergogna tossica consiste in un persistente sentimento di non valere nulla, di umiliazione, di disprezzo per se stessi. Teologicamente parlando, è l’opposto dell’imago Dei e le conseguenze possono essere mortali […] Molti cattolici e cattoliche LGBTQ hanno incontrato qualcuno che li ha fatti vergognare, nell’ambito della Chiesa e della famiglia. Dobbiamo fornire alle famiglie le risorse (risorse teologiche, ma anche le ultime scoperte nei campi della salute pubblica, della salute mentale e delle scienze sociali) perché i loro membri possano sostenersi l’un l’altro con amore”.
Reimer-Barry commenta il libro Building a Bridge dicendo che non fornisce risposte ma una metodologia per la discussione, ma “perché abbia luogo un qualsiasi tipo di ascolto, prima dev’esserci la fiducia […] che comincia con l’umiltà, la vulnerabilità e il desiderio di conoscere veramente l’esperienza dell’altro, anche se questa esperienza è diversa dalle proprie”.
Damian Torres-Botello e Emily Reimer-Barry contribuiscono ad arricchire il modo in cui intendiamo lo slogan “Tutti sono i benvenuti”. I gruppi di destra che attaccano i cattolici e disumanizzano le persone LGBT mostrano di non essere pronti per questa discussione: il loro bullismo mina alla base la fiducia e la guarigione su cui va costruito il ponte e la loro retorica velenosa impedisce il miglioramento delle relazioni tra i prelati e le persone LGBT. A nessuno dovrebbe essere permesso di fare del male o di instillare un senso di vergogna. Tutti sono i benvenuti per discutere, ma se qualcuno verrà con un linguaggio irrispettoso e senza amore potrebbe non trovare nessuno con cui conversare.
Testo originale: Are All Voices Welcome in the LGBT Conversation?