Caro Arcivescovo di Palermo perchè ha paura di una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia
Lettera aperta di Gianni Geraci, portavoce del Guado – Omosessuali Cristiani di Milano, del 6 maggio 2011
Caro padre, non ho mai amato i titoli di cui si ricoprono gli ecclesiastici importanti: ho sempre pensato che siano il retaggio di un’epoca in cui la Chiesa è stata, più che un “instrumentum salutis” un “instrumentum regni” che i potenti di turno cercavano di blandire e di utilizzare per finalità che nulla avevano a che fare con il Vangelo.
Mi perdoni quindi se la mia lettera avrà un tono colloquiale. Da figlio della chiesa, credo di volerle bene come a un padre e, come a un papà mi rivolgo a lei, per farle notare una cosa che, nella chiesa che le è stata affidata, secondo me, non va bene.
Parto dai fatti: il gruppo di omosessuali credenti “Ali d’aquila” di Palermo ha deciso di organizzare una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia e ha chiesto alla parrocchia di Santa Lucia di ospitare questo momento di preghiera ecumenico.
Il parroco ha aderito a questa richiesta, ma quando la notizia è diventata di dominio pubblico ha ricevuto una comunicazione in cui viene invitato al «pieno rispetto delle norme date dalla Santa S. al n. 17 del documento “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” dell’1/10/1986 e ha comunicato la cosa agli organizzatori.
Naturalmente, a pochi giorni dall’evento, il gruppo ha vissuto come una profonda ferita questo intervento, anche perché la richiesta di fare la veglia in una chiesa cattolica non deriva dalla mancanza di alternative (per fortuna, anche a Palermo, ci altre sono chiese cristiane che non hanno problemi a ospitare degli incontri di preghiera organizzati da un gruppo di omosessuali credenti), ma dal desiderio sincero di restare in comunione con la Chiesa cattolica.
Avendo alle spalle trent’anni di ricerca e di studio conosco molto bene il documento i cui contenuti la curia di Palermo chiede di rispettare pienamente.
Ma proprio perché la conosco molto bene chiedo a lei di intervenire (personalmente o attraverso gli uffici della Curia) per fare in modo che questo rispetto sia davvero “pieno”, superando l’applicazione parziale che invece comporta il richiamo degli scorsi giorni.
E visto che il documento era stato pubblicato in forma di “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica”, mi rivolgo a lei perché, in quanto ordinario della diocesi di Palermo è il primo responsabile della sua integrale e corretta applicazione.
Conoscendo il documento in questione so benissimo che, al punto 17, si dice chiaramente che: «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente.
Un tale appoggio, o anche l’apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all’uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori.
A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo».
Non so se il gruppo di omosessuali credenti di Palermo cerchi o meno di «sovvertire l’insegnamento della Chiesa». Di certo, non essendo le indicazioni morali contenute nella lettera in questione vincolanti da un punto di vista dell’adesione di fede al cattolicesimo, se lo fa è pienamente legittimato a farlo.
Così come è pienamente legittimata la diocesi di Palermo quando, alla luce delle raccomandazioni della Santa Sede, invita i suoi parroci a non concedere gli edifici appartenenti alla Chiesa a un gruppo che si muove in questa direzione.
So però che la “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” non si riduce al capoverso citato dal parroco di Santa Lucia e mi permetto quindi di richiamare la sua attenzione su pieno rispetto di qualche altro brano che, invece, con un peccato di omissione, si tende troppo spesso a dimenticare.
Al punto 10, si legge, infatti che: «Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino.
Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni».
Quali iniziative intende prendere la Chiesa di Palermo per deplorare con fermezza certe forme di violenza e certe espressioni malevole?
Visto che la sua Curia ha parlato di «pieno rispetto» delle indicazioni date da questo documento come intende muoversi per dar seguito a queste indicazioni?
Non mi pare che, in passato ci sia mai stata alcuna espressione esplicita di ferma condanna per la violenza omofoba. Una veglia di preghiera per le vittime della violenza omofoba non solo sarebbe sicuramente una strada per porre rimedio a questo silenzio colpevole, ma la metterebbe al riparo dall’accusa di comportarsi in maniera ipocrita (e lei sa quanto Gesù sia duro con tutti gli ipocriti) richiamando al pieno rispetto di un documento che lei per primo non rispetta in alcune sue parti.
Un’iniziativa di questo tipo sarebbe in piena sintonia con quanto la già citata “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” sostiene al punto 15, quando recita che:
«Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento».
Secondo lei come si sentono in questo momento gli omosessuali cattolici del gruppo “Ali d’Aquila” di Palermo? Non corrono il rischio di sentirsi delusi? Di sentirsi isolati? Di sentirsi esclusi da una chiesa che sembra rifiutarli nel momento in cui chiedono di pregare per le vittime dell’omofobia?
Non sente la responsabilità pastorale di rimediare alle conseguenze negative di questo rifiuto? Non sente il dovere di fare il primo passo per rispettare pienamente quello stesso documento che la sua Curia chiede di rispettare al parroco di Santa Lucia?
Perché non si fa carico in prima persona dell’organizzazione di una veglia di preghiera per le vittime delle «espressioni malevole» e delle «azioni volente» di cui sono oggetto molte persone omosessuali?
Non sarebbe solo un atto di sollecitudine pastorale. Sarebbe anche un atto che ci farebbe capire che, nella Chiesa da lei guidata, i documenti della Santa Sede non vengono citati in maniera ipocrita per rispondere alle paure di qualcuno, ma vengono letti integralmente per vivere in comunione con la Chiesa universale.
Spero davvero che lo Spirito Santo l’assista in questo momento in cui è chiamato a fare una scelta coraggiosa che potrebbe trasformare un momento di lutto in un momento di gioia e prego la Madre di Gesù di intercedere per lei e per la comunità cristiana che le è stata affidata.
Cordiali saluti.
Gianni Geraci