La guerra contro papa Francesco. Due idee di chiesa
Articolo di Andrew Brown pubblicato sul sito del quotidiano The Guardian (Gran Bretagna) il 27 ottobre 2017, prima parte, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Oggi papa Francesco è uno degli uomini più odiati al mondo. Le persone che lo odiano di più non sono atei, né protestanti, né musulmani, ma alcuni dei suoi stessi seguaci. Al di fuori della Chiesa è immensamente popolare per la sua modestia e umiltà, che rasentano l’ostentazione. Fin dal momento in cui il cardinale Jorge Bergoglio è diventato Papa nel 2013, i suoi gesti hanno catturato il mondo: il nuovo Papa guida una FIAT, porta da sé i suoi bagagli e paga il conto degli alberghi; ha pronunciato il “Chi sono io per giudicare?” e ha lavato i piedi di alcune rifugiate musulmane.
All’interno della Chiesa, però, Francesco ha provocato una feroce reazione dei conservatori, i quali temono che questo suo spirito possa dividere la Chiesa, o addirittura frantumarla. La scorsa estate un importante sacerdote inglese mi ha detto: “Non vediamo l’ora che muoia. Non si può pubblicare ciò che ci diciamo in privato. Ogni volta che due preti si incontrano, parlano di quanto sia terribile Bergoglio… È come Caligola: se avesse un cavallo, lo farebbe cardinale”. Naturalmente, dopo dieci minuti buoni di lamentele, ha aggiunto: “Non deve pubblicare niente di ciò che ho detto, altrimenti mi cacciano”.
Questo miscuglio di odio e paura è molto diffuso tra gli avversari del Papa. Francesco, il primo Papa non europeo dei tempi moderni e il primo gesuita, è stato eletto come outsider dall’establishment del Vaticano ed era ovvio che si sarebbe fatto dei nemici, ma nessuno prevedeva che se ne sarebbe fatti così tanti. Dalla sua pronta rinuncia alla pompa del Vaticano, seguito dall’annuncio ai 3.000 volontari del servizio civile cattolico che intende essere il suo padrone, al sostegno ai migranti, gli attacchi al capitalismo globale e, più di ogni altra cosa, la sua intenzione di riesaminare l’insegnamento della Chiesa sulla sessualità, ha scandalizzato reazionari e conservatori. A giudicare dai voti all’ultimo incontro mondiale dei vescovi, quasi un quarto del collegio cardinalizio (i prelati di grado più alto nella Chiesa) pensa che il Papa stia flirtando con l’eresia.
Il punto critico è la battaglia che si svolge attorno alle sue parole sul divorzio. Rompendo con secoli (se non millenni) di teoria cattolica, papa Francesco ha cercato di raccomandare ai sacerdoti di dare la Comunione ad alcune persone divorziate e risposate e a famiglie di conviventi non sposati; i suoi nemici stanno quindi cercando di fargli cambiare idea. Dato che Francesco non lo farà, anzi sta tranquillamente perseverando di fronte allo scontento sempre crescente, i suoi nemici si stanno preparando alla battaglia. Lo scorso anno un cardinale, spalleggiato da alcuni colleghi emeriti, ha sollevato l’ipotesi di una dichiarazione formale di eresia, ovvero il deliberato rifiuto di una dottrina stabilita dalla Chiesa, un peccato punibile con la scomunica. Lo scorso mese 62 cattolici in rivolta, tra cui un vescovo emerito e l’ex capo della banca vaticana, hanno pubblicato una lettera aperta in cui si accusa Francesco di sette specifici insegnamenti ereticali.
Accusare il Papa regnante di eresia è il nocciolo di queste argomentazioni. La dottrina stabilisce che il Papa non può errare quando parla delle questioni centrali della fede; se erra, non può essere Papa. Se questo Papa ha ragione, invece, allora tutti i suoi predecessori hanno errato. È una questione particolarmente velenosa perché è quasi del tutto teorica: nella pratica, in quasi tutto il mondo la Comunione viene abitualmente offerta a divorziati e risposati. Papa Francesco non sta proponendo una rivoluzione, ma il riconoscimento burocratico di un sistema che già esiste e che potrebbe essere persino essenziale alla sopravvivenza della Chiesa: se le regole venissero applicate alla lettera, nessuna persona il cui matrimonio è fallito potrebbe più avere rapporti sessuali.
Non è certo il modo più sicuro di avere future generazioni di cattolici. Ma, secondo i suoi oppositori, le caute riforme di Francesco minacciano la convinzione che la Chiesa insegni verità senza tempo. Se la Chiesa Cattolica non insegna verità eterne, chiedono i conservatori, a cosa serve? La battaglia su divorzio e seconde nozze mette l’una di fronte all’altra due concezioni opposte del ruolo della Chiesa. Lo stemma del Papa mostra due chiavi incrociate, che rappresentano ciò che Gesù avrebbe affidato a san Pietro, ovvero il potere di sciogliere e legare, di proclamare ciò che è peccato e ciò che è permesso. Ma quale dei due poteri è più importante e più urgente nel momento attuale?
La crisi attuale è la più seria dai tempi delle riforme liberali degli anni ‘60, quando un piccolo gruppo di ultraconservatori si staccò dalla Chiesa (il loro leader, l’arcivescovo francese Marcel Lefebvre, fu in seguito scomunicato). Negli ultimi anni i conservatori hanno spesso evocato lo spettro dello scisma.
Nel 2015 il giornalista statunitense Ross Douthat, un convertito al cattolicesimo, ha scritto un articolo per la rivista Atlantic dal titolo Will Pope Francis Break the Church? (Papa Francesco romperà l’unità della Chiesa?); sul blog del settimanale Spectator il tradizionalista inglese Damian Thompson ha minacciato: “Papa Francesco è in guerra con il Vaticano. Se vince, la Chiesa potrebbe cadere a pezzi”. Le sue opinioni sul divorzio e l’omosessualità, secondo un arcivescovo del Kazakhstan, hanno permesso al “fumo di Satana” di entrare nella Chiesa.
La Chiesa Cattolica ha passato buona parte dello scorso secolo a combattere contro la rivoluzione sessuale, proprio come combatté contro le rivoluzioni democratiche del XIX secolo, e nel corso di questa lotta è stata ridotta alla difensiva di un’improponibile posizione assolutista, secondo la quale ogni contraccezione artificiale è bandita, come qualsiasi relazione sessuale al di fuori del matrimonio indissolubile. Francesco riconosce che questo non corrisponde al comportamento comune odierno. I preti e i vescovi lo sanno, ma devono far finta di non saperlo. L’insegnamento ufficiale non può essere messo in discussione, ma non può nemmeno essere obbedito. Non si può andare avanti così e può succedere da un momento all’altro un’esplosione che lacererà la Chiesa.
È significativo che questi odi talvolta amari (che siano sul cambiamento climatico, sui migranti o sul capitalismo) siano giunti al punto di rottura in una gigantesca battaglia sulle implicazioni di una piccola nota a piè di pagina di un documento intitolato La gioia dell’amore (il suo nome originale è in latino, Amoris laetitia). Questo documento scritto da Francesco è un sommario dell’attuale dibattito sul divorzio; in una delle note compare un’affermazione apparentemente blanda secondo cui le persone divorziate e risposate possono talvolta ricevere la Comunione.
Con più di un miliardo di fedeli, la Chiesa Cattolica è la più grande organizzazione globale che il mondo abbia mai conosciuto e molti di questi fedeli sono divorziati o genitori non sposati. Per portare avanti la sua opera in tutto il mondo, la Chiesa dipende dal lavoro volontario: se i fedeli ordinari smettono di credere in ciò che fanno, la baracca va a rotoli. Francesco lo sa. Se non saprà conciliare la teoria con la pratica, la Chiesa potrebbe sgonfiarsi come un palloncino. Anche i suoi oppositori ritengono che la Chiesa sia in crisi, ma la cura che prescrivono è opposta: per loro, il fossato tra teoria e prassi è esattamente ciò che dà alla Chiesa valore e senso. Se la Chiesa non offrirà altro che qualcosa di cui la gente può fare a meno (così credono i nemici di Francesco) di sicuro collasserà.
Testo originale: The war against Pope Francis (prima parte)