Chiesa: porte aperte alle veglie per le vittime dell’omofobia
Articolo di Delia Vaccarello tratto da l’Unità del 9 maggio 2011, pag.31
«Dio ha insegnato a non chiamar profano o impuro alcun uomo»: reciteranno questo versetto dei vangeli le tante persone credenti riunite in preghiera per ricordare le vittime dell’omofobia e ricorderanno David Kato Kisule, giovane attivista ugandese ucciso perché impegnato per i diritti di lesbiche e gay.
Da Palermo ad Aosta, passando per Milano, Padova, Bologna, Genova, Catania, Roma e tante altre città, quest’anno in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia si moltiplicano le iniziative di cristiani e ed evangelici, gay ed etero friendly, che si affidano al dialogo con Dio per dire basta alla violenza ai danni di omosessuali e transgender.
A Palermo, l’unico stop dall’alto. La veglia non sarà all’interno della Chiesa di Santa Lucia, giovedì 12 maggio, ma si terrà sul sagrato, cioè fuori.
Il sacerdote Luigi scrive nel sito della parrocchia che la Curia lo ha invitato al rispetto di un documento della Santa Sede dell’86 in merito alla cura pastorale delle persone omosessuali, chiedendo di annullare l’incontro. Il gruppo Ali d’Aquila risponde che pregherà «anche dinanzi ad una porta chiusa».
È l’unico «no» alle veglie celebrate all’interno delle Chiese, con incontri anche in Spagna, a Madrid, Barcellona, Valencia, Sevilla, Tenerife e Jerez de la Frontera.
In Perù e persino a Bishkek, Capitale della Repubblica del Kirghizistan, dove si pregherà in forma quasi clandestina, viste le frequenti violazioni dei diritti umani anche ai danni di gay e lesbiche.
Eppure gli organizzatori hanno voluto che la veglia fosse segnalata dal gruppo Gionata che sul proprio sito informa di tutti gli appuntamenti (www.gionata.org).
A dare il via al periodo di veglie che si conclude il 29 maggio sono Palermo e Firenze, con eventi ecumenici: insieme ai cristiani omosessuali si trovano a pregare sia cattolici che evangelici.
Firenze e Palermo sono città molto legate alle veglie. Fu il gruppo Kairos nel 2007 a lanciare l’appello di unirsi in preghiera dopo il suicidio del piccolo Matteo, a Torino, che non sopportava più le derisioni subite a scuola per la sua presunta omosessualità.
Mentre «Ali d’Aquila» di Palermo è nato grazie all’incontro di ragazzi e ragazze che hanno sentito la spinta a ricordare con la preghiera le vittime della violenza omofobica.
«Le veglie non sono solo una commemorazione dei defunti ma sono nate proprio per aprire una strada nel deserto dell’indifferenza e dell’isolamento che molti omosessuali percepiscono nell’ambiente che li circonda», dichiara una giovane lesbica, chiedendosi: «Possibile che i nostri pastori, non abbiano avuto per Matteo una parola? Per quale motivo le preghiere nei nostri culti domenicali non formulano mai per noi un solo pensiero?».
La prima veglia fu celebrata il 28 giugno del 2007, nella Chiesa Evangelica di Firenze, per ricordare Matteo e le altre vittime con ministri di diverse confessioni religiose e rappresentanti di gruppi e movimenti cristiani giunti da tutta Italia.
Adesso da vittime si diventa testimoni.
«È compito di chi si è sentito vittima ridestare le coscienze e ribaltare il giudizio su di sé, è compito di chi si riconosce in queste parole evangeliche renderne testimonianza anche con atti concreti nella società», osserva Federica Mandato del gruppo Ressa di Trento.
Intanto sono già quattro in Italia le diocesi – Torino, Crema, Cremona e Parma – che hanno varato pastorali di accoglienza pubblica per le persone omosessuali, mentre in molte città si diffonde la presenza di gruppi omosessuali nelle parrocchie.
L’invito è chiaro: «non discriminare nessuno».