Con Dio c’è speranza di cambiare anche gli omofobi!
Riflessioni del rev. Jim Bilbrey, dottore in Teologia, pubblicate sulla rivista Whosoever, vol.2, n.3, Novembre/Dicembre 1997, libera traduzione di Marta Pettinelli
Negli anni Ottanta ero quasi sicuro di non conoscere nessun gay, e non comprendevo nulla riguardo a questo argomento, fino a che non sentii parlare per la prima volta di GRID (Gay-related Immune Deficiency) e di HIV. Nella mia ipocrisia, pensai che quelli fossero i mezzi che Dio utilizzava per sbarazzarsi degli omosessuali. Sono nato nel 1954, sono cresciuto in una famiglia di fondamentalisti ed ero fermamente convinto che rappresentassimo la vera Chiesa. E siccome la vera chiesa predicava che i gay sono malvagi, immaginavo gli omosessuali con gli zoccoli biforcuti, le code a punta ed un paio di corna.
Poi, qualche anno fa, mia moglie Cindy stava leggendo un libro intitolato “Infila un geranio nel tuo cappello e sii felice!” in cui l’autrice, Barbara Johnson, raccontava del suo amatissimo figlio gay. Cindy mi fece leggere un paio di paragrafi: quello che capii non mi piacque affatto. Pensavo che la Johnson non fosse una buona cristiana se voleva bene ad un omosessuale. I gay sono peccatori, no? Amarli non implica approvare il loro “stile di vita”? Mi disturba pensare a quanto fossi omofobico, ma provo anche speranza per coloro che lo sono ancora. Se c’è stata speranza per me, allora ce ne potrebbe essere per loro.
Tempo dopo, un mio amico morì. Al suo funerale venni a conoscenza della sua omosessualità. Ero stato amico di un uomo gay! Gli volevo bene, lo abbracciavo, andavamo insieme ad ogni riunione del consiglio della comunità dove tutti e due lavoravamo. Come ho potuto voler bene ad un omosessuale? Tutto questo mi fece pensare. Mi feci un esame di coscienza. In quel momento, il seme che prima Barbara Johnson aveva piantato dentro di me tempo, iniziò a crescere.
Mentre facevo ricerche per il romanzo che stavo scrivendo, lessi anche di argomenti riguardanti gay e lesbiche, più che altro perché il personaggio principale del mio nuovo libro era lesbica, ma anche perché volevo informarmi di più. Lessi di tutto, da temi socio-politici a temi profondamente religiosi. Grazie alle Sacre Scritture e dalle altre fonti da me consultate capii che quasi tutti i miei pensieri sui gay erano sbagliati. Tuttavia, intrapresi questo viaggio da solo; mia moglie non si informava con me. Forse ho sbagliato a non condividere ciò che trovavo, ma l’istinto mi disse che lei non era ancora pronta a sentire queste cose. Lei era ferma nelle sue convinzioni, così come lo ero io.
Durante i nostri 25 anni di matrimonio abbiamo avuto pochissime discussioni nelle quali dissentivamo tanto. Questa volta fu grossa. Cindy pensa che siccome sono un ministro religioso, dovrei sapere che le relazioni gay sono immorali. Crede che quando officio un matrimonio gay sbaglio perché i gay non dovrebbero unirsi in matrimonio. Crede che ogni relazione sessuale gay sia un peccato, mi dice che prega Dio di mostrarle se sbaglia di credere queste cose, ma non ha sentito niente da Lui.
È vero, sono un sacerdote ufficiale con una laurea e un dottorato di ricerca in teologia. Ho anche una laurea ad honorem di “dottore in Teologia”. Nei miei studi continuativi delle Scritture ho imparato che il sesso (che sia tra gay o meno), senza un contesto di devozione, nelle relazioni monogamiche può essere benedetto da Dio. Come ha fatto mia moglie, ho pregato Dio per sapere se ciò in cui credevo fosse sbagliato. E Lui mi ha detto “non è un peccato”.
È molto difficile, se non impossibile, che Cindy ed io ci riconcilieremo su questo argomento. Ma cerchiamo di trovare un punto d’incontro. Giacché le nostre credenze religiose sono molto differenti, abbiamo deciso di cercare punti d’incontro nelle nostre secolari credenze.
In questo modo ci siamo riappacificati. Per esempio, tutti e due crediamo che non sia giusto negare un alloggio a qualcuno solo perché è gay, che non è mai giusto negare ad una donna un posto di lavoro perché lesbica e che i gay non andrebbero mai maltrattati.
È bello essere d’accordo su queste cose. Però, visto che la fede è molto importante nelle nostre vite, sarebbe come non notare un elefante seduto in un angolo del salotto: molto difficile. Avevamo bisogno di un ponte su cui incontrarci.
Ma dove trovare questo ponte che avrebbe unito il grande dirupo che ancora sentivamo? Le differenze più profonde erano quelle religiose, e fu proprio lì che trovammo il ponte: in Gesù. Entrambi amavamo il Signore. Attraverso Cristo diveniamo uniti ed affermati nell’amore. Concordammo di comune accordo di non pensarla allo stesso modo sulle relazioni omosessuali. Non iniziamo discorsi legati ai gay senza prima aver confermato la nostra fede in Cristo.
Durante i due anni passati abbiamo imparato sempre di più come non provare a convincere l’altro della nostra “idea”. Siamo sempre sinceri e diciamo sempre ciò che pensiamo e non ci comportiamo da palloni gonfiati. Ci sono state delle volte, all’inizio di questa spaccatura, in cui pensai che questa si allargasse fino a corrompere anche il nostro matrimonio. È spaventoso sentirsi così in contrasto con i pensieri della persona che ami. Ma non mi sento più in obbligo di decidere in cosa devono credere gli altri; sono fatti loro. Fu un bel sollievo quando scoprii che non dovevo accettare le idee di un’altra persona, al fine di rispettare il suo diritto di averle.
Ho conosciuto poche persone che avevano passato del tempo a costruire ponti con gli altri invece di distruggerli. Questo mi dona molta speranza, anche se per me è difficile perché le mie emozioni si mettono in mezzo. Anche io voglio arrivare ad un punto della mia vita dove ciò che so e ciò che sento sono in perfetto equilibrio. Quando prego il Creatore, gli chiedo sempre di donarmi più saggezza nei miei pensieri, compassione per le mie azioni e giustizia nei miei incarichi verso gli altri.
Mi sono consacrato per essere un campione nelle differenze e nelle libertà religiose. Perché i miei sforzi risultino positivi devo dominare i miei sentimenti forti che a volte si mettono in mezzo. Se gli permetto di dominare, finisco col dir cose che non saranno di aiuto a nessuno.
Il mio cervello dice: “combatti per i diritti egualitari di tutto il mondo!”. Ma poi fanno capolino le mie emozioni, le quali interpretano il messaggio come “Rimetti al loro posto quei bulletti religiosi!”. Quando sento un discorso carico di manipolazioni mi sento tentato di raddoppiarlo. Quando un mio rivale mi apostrofa come “attivista liberale e miscredente” o anche come “un nemico della Chiesa” le mie emozioni vorrebbero che etichettassi quelle persone come “estremisti radicali politico-religiosi” o come “farisei e scribi moderni”.
Quando sento qualcuno fare affermazioni che considero dannose, provocatorie e false, è difficile per me rispondergli senza risultare offensivo. Come direbbe mia moglie “Jim Bilbrey ha opinioni forti”. Come posso imparare a dichiarare costantemente le mie idee in modo calmo, tranquillo e semplice? I metodi per aiutare il mantenimento della pace e dell’amore in casa mia che ho imparato non sono così facili da praticare in pubblico. Sono motivato a mantenere saldo il ponte della comunicazione in casa mia e sono innamorato di mia moglie. Non sono innamorato dell’“Associazione della famiglia americana” o de “La coalizione cristiana”. È molto difficile per me pensare che gruppi come questi non siano il nemico. Ma, come dice il proverbio, “è difficile stringere la mano con un pugno chiuso”. Solo Dio può aiutarmi a mantenere un discorso improntato da Cristo con loro.
Questo viaggio che ho compiuto da un punto di paura e ignoranza fino ad un posto d’amore e sincerità è stato un’avventura fatta di una scoperta dietro l’altra. Penso sia cominciata quando Dio, attraverso Barbara Johnson e Cindy Bilbrey, ha piantato in me un seme. Prego che Lui mi userà anche per piantarli, questi semi. Sono grato a Dio perche sa fare ancora miracoli.
Titolo originale: “There Is Hope for the Homophobe!”