La Chiesa di Svezia e Dio. Il gesuita Gamberini: «Dio è al di là di ogni genere»
Articolo di Francesco Lepore su Gay NEWS il 25 November 2017
“Fake news nei media sul nuovo libro di culto della Chiesa di Svezia. I media hanno diffuso informazioni errate in Svezia e nel mondo sul linguaggio inclusivo del nuovo Libro di Culto, che è stato appena adottato dal Sinodo Generale“. Questo il titolo e il sommario inequivocabile del comunicato che la Chiesa di Svezia ha ieri diramato in risposta a un vero e proprio tsunami mediatico globale.
Tsunami mediatico sollevato dalle maggiori testate ed emittenti televisive internazionali – in Italia, ad esempio, a partire da Il Corriere della Sera – con la notizia bomba dell’abbandono di termini di genere maschile (come quelli biblici di Signore o Padre compreso il pronome lui) nel nuovo Libro di Culto, approvato il 23 novembre (2017) dal Sinodo generale della massima comunità luterana del Paese scandinavo.
Notizia però del tutto falsa sia pur correlata alle dichiarazioni veritiere quanto teologicamente ineccepibili che Antje Jackelen, arcivescova di Uppsala e primate della Chiesa di Svezia, ha rilasciato all’agenzia di stamapa nazionale TT: «Dal punto di vista teologico, per esempio, Dio va al di là del concetto di genere: Dio non è umano». Che cosa dunque è stato innovato con riferimento al linguaggio inclusivo nel Libro di Culto, che entrerà in vigore il 20 maggio 2018? Lo ha spiegato Sofija Pedersen Videke, presidente del Comitato di Culto della Chiesa di Svezia: «Naturalmente, le espressioni tradizionali della fede cristiana rimangono nel nuovo Libro di Culto. Tuttavia, alcuni termini di genere neutro nel rivolgersi a Dio sono stati aggiunti in alcune preghiere. Come in ebraico, lo Spirito Santo ora è grammaticalmente femminile anche nel Libro di Culto svedese, seguendo la nostra traduzione della Bibbia del 2000. Ad esempio, nell’introduzione del culto, ci sono tre diverse opzioni: due contengono il tradizionale Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, usando “Spirito” nella sua forma femminile. La terza alternativa è Nel nome del Dio Uno e Trino».
«In svedese – ha concluso Sofija Pedersen Videke – al giorno d’oggi c’è il pronome ufficiale di genere neutro hen. Lemma, però, che non viene affatto usato nel Libro di Culto».
Sull’intera questione, anche alla luce del comunicato ufficiale della Chiesa di Svezia, abbiamo raggiunto telefonicamente il gesuita Paolo Gamberini, professore associato della University of San Francisco. «Per sua natura – ha dichiarato il noto teologo – Dio è transessuale e transgender se veramente comprendiamo Dio. Dio è al di là di ogni genere in quanto trascendente ed ogni linguaggio che lo “congela” in un genere, maschile o femminile, è idolatrico. Trovare linguaggi liturgici che possano dire l’ineffabile senza renderlo “generico” (nel duplice senso della parola: generico e di un solo genere) è la sfida del Cristianesimo post-teista. La Chiesa di Svezia riuscirà a rendere non di genere “Dio” senza renderlo “generico” ovvero “insipido”?».
Posizione non dissimile da quella espressa da Fabio Perroni della Chiesa metodista di Roma. «Oggi – ha affermato – è una lotta continua con le fake news. Ma la “notizia” del cambiamento della Chiesa di Svezia ci pone due interrogativi come lettori e come credenti. Il primo riguarda la polemica sul gender e su come gender e fede abbiano “infestato” la nostra quotidianità di cittadini e cittadine e di credenti. È un fatto che la non realtà della guerra del gender ormai è una certezza in molti uomini e donne che si fermano ai titoli e alla superficialità di ciò che sentono e leggono. La tanto abusata teoria del gender in effetti non è, non esiste.
Seconda riflessione in positivo e in divenire: è giunto il momento di svincolare la nostra fede dal genere di Dio. Dio è al di là del nostro maschile e femminile. È un “senza genere” perché universale e onnipresente, potremmo dire che Dio è al di là, che Dio scompagina il genere. Essere inclusivi nel linguaggio biblico, come nella prassi e nella liturgia delle nostre chiese, è un impegno che non puo e non deve essere ritardato ancora».