Percorsi di accompagnamento e discernimento vocazionale di sette coppie gay cattoliche
Riflessioni di Corrado e Michela* del gruppo Davide di genitori cattolici con figli e figlie LGBT di Parma
Noi genitori credenti abbiamo un sogno!! Tenere stretti con una mano nostro figlio gay e con lui tutti gli altri figli come lui e con l’altra mano la Madre Chiesa e non abbandonare nessuno. Per questo vogliamo parlare bene alla Madre Chiesa di questi nostri figli che ben conosciamo e ai nostri figli far sperimentare l’abbraccio accogliente della Chiesa. Con questo contributo desideriamo condividere una esperienza di pratica pastorale di accompagnamento e discernimento vocazionale che abbiamo vissuto nei mesi scorsi con 7 coppie gay cristiane.
Descrizione
Come coppia di sposi, genitori di tre figli di cui uno gay e nonni di 5 nipoti, da 25 anni impegnati in una pastorale di accompagnamento dei giovani fidanzati e di gruppi di sposi, ci siamo sentiti interpellati dalla richiesta fattaci da sette coppie di ragazzi gay credenti e provenienti da tutt’Italia, di essere accompagnati in un cammino di discernimento sia per approfondire l’esperienza dell’amore di coppia nella loro realtà omosessuale che per un approccio serio e consapevole, per alcuni di loro, alle Unioni Civili.
Nell’arco di sei mesi abbiamo svolto quattro incontri a Milano, Bologna e Roma, ospitati da Comunità o da Monasteri. La traccia portante è stata Qoèlet 4,9-12:
“Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto”.
La domanda quindi è stata che cosa significasse questa corda a tre capi che intreccia la vita di coppia e che la irrobustisce.
Abbiamo capito insieme che questo terzo capo della corda è costituito da vari fili. Ne abbiamo individuati quattro, ognuno tema di un incontro.
· La storia da cui proveniamo ci pervade e ci condiziona.
· La costruzione di una relazione d’amore basata sul dialogo profondo di coppia, sul ben litigare e sul vincere la paura.
· La scoperta della tenerezza dell’amore del Padre per noi, attraverso il Figlio con il dono dello Spirito che intride la vita di coppia.
· La possibilità di essere fecondi “nell’accogliere le persone come luce di Dio per rinnovarci ed uscire da noi stessi”; “nell’ aprire le porte”; “nel dono di sé all’altro”; “nel dare voce agli ultimi”; ”nell’accogliere quelli che non sono ancora visibili all’orizzonte”; “nel cogliere l’irrompere del divino nella nostra vita quotidiana”.
Gli incontri si sono sempre svolti in tre momenti: una riflessione iniziale che partiva da testi o documenti. Un secondo momento di condivisione esperienziale, del vissuto di singoli e di coppia che arrivasse a toccare la parte più intima di noi stessi, il nostro cuore. Un terzo momento di ascolto meditato della Parola con preghiere e rendimento di lode.
Analisi
Tutti siamo oggetto dell’amore provvidente del Padre, nessuno è escluso dalla comunità di fede e ogni persona nella sua realtà è sacra: per questo ci è sembrato giusto accompagnare queste coppie che cercano la loro felicità, la loro vocazione, nello specifico progetto che Dio ha su di loro.
Da parte dei ragazzi gay l’intendimento era quello approcciare in modo serio e responsabile il loro cammino di coppia che in alcuni casi è sfociato nella Unione Civile ed in altri in un discernimento sulla qualità e intensità della loro relazione.
L’obiettivo di fondo era quello di scoprire cosa significasse uscire dalla solitudine per vivere una relazione d’amore alla scoperta del dono di sé all’altro, fedele e oblativa, aperta agli altri ed inserita nella realizzazione del progetto d’amore pensato dal Padre per loro.
Valutazione
Il primo punto di forza di questo percorso è stato sicuramente l’esperienza vissuta da parte dei ragazzi gay di sentirsi accolti e accompagnati da noi sposi e genitori cristiani, piccolo segno di una comunità accogliente.
Il secondo punto di forza è stato per loro uscire dalla solitudine, potersi confrontare con altri, poter condividere con altri gioie e dolori, fatiche e speranze, sogni e progetti ed in alcuni casi riscoprire la presenza di Gesù nella loro vita di coppia.
Il terzo punto di forza è stata la scoperta per noi genitori, preoccupati della felicità dei nostri figli gay, che anche una profonda relazione d’amore omosessuale, che si nutra di rispetto reciproco e del dono di sè all’altro, che sia fedele, che apra le sue porte a chi è debole e nel bisogno, è una relazione degna di essere vissuta e che nell’incontro con Gesù può trovare luce, speranza, consolazione. Per noi genitori l’Unione Civile non toglie ma aggiunge dignità etica a questa scelta.
Punto di debolezza è stata la mancanza in questo cammino, di coppie lesbiche e del loro contributo per la scoperta, al femminile, della relazione amorosa nelle coppie omosessuali.
* Sono Michela di 59 anni, già insegnante di scuola materna, prima moglie poi madre e ora anche nonna, sposata da 41 anni con Corrado di 63 anni, medico, abbaimo tre figli, Emanuele, Letizia e Simone e cinque nipoti. Tre anni fa nostro figlio Simone, che è gay, ben sapendo il nostro impegno pastorale e la nostra apertura ed interesse verso i fidanzati e le coppie sposate (và detto infatti che noi negli ultimi 20 anni del nostro matrimonio abbiamo sempre svolto un lavoro pastorale sia nella comunità parrocchiale che a livello diocesano, aperto alla famiglia, sia come animatori dei corsi dei fidanzati che si preparano al matrimonio, sia come animatori dei gruppi di giovani sposi), Simone ci chiese : ”Ma voi cosa fate, non tanto per me, ma per quelli che, come me, vivono relazioni omo-affettive e si sentono soli, magari ostacolati e osteggiati dalle loro famiglie?”.