Percorsi vocazionali per coppie LGBT credenti: la proposta di due genitori cattolici
Articolo di Giampaolo Petrucci pubblicato su Adista Notizie n° 45 del 30 dicembre 2017, pp.6-7
Michela e Corrado, 59 e 63 anni, sono una coppia di genitori e nonni cattolici, da oltre 20 anni appassionati animatori della pastorale familiare parrocchiale e diocesana, in sostegno agli sposi e ai fidanzati che partecipano ai corsi prematrimoniali. A Parma frequentano anche il gruppo “Davide” per genitori cattolici con figli Lgbt. Dei loro tre figli, infatti, Simone è omosessuale, e la sua testimonianza nell’ambito della famiglia li ha spinti ad una profonda riflessione sull’amore, alla luce della fede cristiana e dell’insegnamento della Chiesa di Roma. La sfida, raccontano i genitori in una testimonianza pubblicata il 9 dicembre dal Portale su fede e omosessualità “Progetto Gionata” (www.gionata.org), l’ha lanciata lo stesso Simone, quando ha chiesto loro: «Ma voi cosa fate, non tanto per me, ma per quelli che, come me, vivono relazioni omo-affettive e si sentono soli, magari ostacolati e osteggiati dalle loro famiglie?».
Il «sogno» di Michela e Corrado, una chimera solo pochi anni fa, è quello di «tenere stretti con una mano nostro figlio gay e con lui tutti gli altri figli come lui e con l’altra mano la Madre Chiesa e non abbandonare nessuno». La sfida starebbe proprio nell’aiutare a «sperimentare l’abbraccio accogliente della Chiesa» quanti oggi si sentono messi alla porta e considerano il loro amore inconciliabile non solo con il magistero ma anche con l’appartenenza e la partecipazione alla vita ecclesiale.
Un sogno e una sfida che hanno spinto Michela e Corrado a dar vita ad alcuni “percorsi di accompagnamento e discernimento vocazionale”: al momento quattro incontri già realizzati, ospitati da comunità e monasteri a Roma, Milano e Bologna, con la presenza di sette coppie di omosessuali credenti, provenienti da tutta Italia, che intendono «approfondire l’esperienza dell’amore di coppia nella loro realtà omosessuale» e che, in alcuni casi, li porterà alle unioni civili. A partire da un passo biblico (Qoèlet 4,9-12), gli incontri ideati e guidati dai due genitori si sono svolti intorno a tre momenti principali: la riflessione su testi o documenti; la condivisione dell’esperienza più profonda dei partecipanti; l’ascolto meditato delle Scritture accompagnato dalla preghiera.
«Tutti siamo oggetto dell’amore provvidente del Padre», affermano Corrado e Michela nella testimonianza, «nessuno è escluso dalla comunità di fede e ogni persona nella sua realtà è sacra: per questo ci è sembrato giusto accompagnare queste coppie che cercano la loro felicità, la loro vocazione, nello specifico progetto che Dio ha su di loro».
Nonostante la “non ufficialità”, l’innovativa proposta dei due genitori offre alle coppie omosessuali la possibilità di «uscire dalla solitudine», «riscoprire la presenza di Gesù nella loro vita di coppia», e dimostra che la loro «è una relazione degna di essere vissuta e che nell’incontro con Gesù può trovare luce, speranza, consolazione». L’unione civile tanto osteggiata dal mondo cattolico conservatore italiano, sottolineano Corrado e Michela, «non toglie ma aggiunge dignità etica a questa scelta».
Resta da vedere quanto le gerarchie si dimostreranno interessate ad accogliere questa novità con un atteggiamento di apertura, come già avvenuto in diverse diocesi italiane riguardo ai percorsi d’accoglienza delle persone Lgbt, oppure se vi si opporranno con l’indifferenza o con forme di censura più esplicite. Al momento tutto sembra tacere.
Intanto, come prevedibile, non si è fatta attendere la levata di scudi della galassia tradizionalista, che ha gridato all’«omoeresia», sottolineando con forza la non ufficialità dell’iniziativa. Gruppi e siti della destra cattolica hanno puntato il dito contro i vescovi delle diocesi in cui si sono tenuti i primi incontri, chiedendo perché non sono intervenuti per censurare o condannare l’iniziativa e accusandoli velatamente di una certa complicità alla fantomatica lobby gay.