Perché il vescovo di Torino Nosiglia ha timore di accogliere le persone omosessuali?
Comunicato stampa dell’associazione Cammini di speranza del 5 febbraio 2018
Perché il vescovo di Torino ha avuto timore di accogliere persone e coppie omosessuali? Se lo chiede Cammini di Speranza, l’associazione nazionale delle persone LGBTI cristiane.
Qualche ora fa, come una doccia fredda, è arrivato l’annuncio del vescovo di Torino, monsignor Nosiglia, dell’annullamento del ritiro spirituale organizzato dal tavolo diocesano Fede e omosessualità guidato dall’incaricato del vescovo don Carrega nell’ambito del progetto “Alla luce del sole”.
La notizia sorprende, soprattutto perché presa in concomitanza dell’emergere sulla rete di più o meno energiche proteste da parte di siti e blog cattolici integralisti (incluso quello di Costanza Miriano).
Il tavolo di lavoro organizzato dalla diocesi di Torino per la pastorale per le persone omosessuali non è una novità. E’ nato, infatti, da oltre 10 anni. In particolare nel 2006, con il coordinamento attuale di don Carrega e la partecipazione, su nomina della diocesi stessa, di gruppi di persone LGBT cattoliche. L’iniziativa dei ritiri per gay e coppie gay è solo l’ultima delle iniziative portate avanti con passione e discernimento dal tavolo di lavoro.
“Ci interroga – ci ha dichiarato Andrea Rubera, portavoce di Cammini di Speranza – cosa abbia intimorito di un’iniziativa così ponderata e ragionevole come quella di creare un momento di riflessione, aperto a a tante persone gay e lesbiche che spesso non trovano, all’interno della comunità cattolica, spazi e percorsi dove coniugare la loro fede e la loro omosessualità, anche relativamente al desiderio di vita affettiva.
L’invito che ci fa papa Francesco di guardare alle persone, a partire dalla loro condizione esistenziale, riteniamo ci suggerisca di superare la logica delle soluzioni uniche valide per tutti ma di evolvere verso un modello di pastorale che si adatti alla situazione specifica di ogni singola persona.
Esistono le persone omosessuali e transessuali, esiste spesso il loro desiderio di vivere in profondità e responsabilità una vita affettiva di coppia e la chiesa non può rimanere estranea a questa realtà ma incontrarla, conoscerla e formulare delle risposte. Compito della chiesa, secondo noi, è, infatti, è di aprire e non chiudere porte.
Comprendendo gli effetti del clamore mediatico, chiediamo tuttavia a monsignor Nosiglia, dopo un inevitabile, a questo punto, momento di riflessione, di riaprire le porte del confronto alle persone gay e lesbiche che da ogni parte d’Italia sarebbero accorse a Torino per trovare ristoro e conforto.”
CAMMINI DI SPERANZA
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