Quando l’etica s’interroga sull’orientamento omosessuale. Un dato o una scelta?
Testo della teologa suor Margaret Farley* tratto dal libro Just Love: A Framework for Christian Sexual Ethics, Continuum International Publishing Group (USA), agosto 2005, pagg. 278-279, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Considerare l’omosessualità una caratteristica innata di alcune persone è stato importante per l’avanzamento della tolleranza e dei diritti civili. Fin’ora la scienza non ha trovato l’esatta origine di tale caratteristica innata, ma la chiara esperienza di essere attratti dalle persone dello stesso sesso fin dalla più tenera età, vissuta da molti individui che si identificano come gay o lesbiche, non può essere messa in dubbio.
Non deve per forza dipendere da cause biologiche: anche se fosse il risultato di costrutti sociali e culturali, sarebbe comunque una caratteristica “non scelta”, immodificabile e basilare per la coerenza della propria identità, come se fosse biologica.
In qualsiasi modo si intenda la natura “data” dell’omosessualità, è un’intuizione e una convinzione che ha aiutato le tradizioni religiose ad accettare al loro interno gay e lesbiche. Come scrive Judith Plaskow, questo introduce il concetto secondo cui “dato che l’omosessualità non è una scelta, non può essere immorale… [visto che] Dio non può imporre agli esseri umani qualcosa a cui essi non possono obbedire”. Inoltre, riconoscersi membri di un gruppo la cui identità è chiara, innata e voluta da Dio è fonte di forza.
Eppure, la natura “data” dell’omosessualità non può essere considerata la ragione unica o primaria per accettare gay e lesbiche. Una delle ragioni è che molte lesbiche non hanno vissuto l’esperienza di molti gay, vale a dire che non hanno sempre saputo di essere lesbiche. Alcune donne si considerano assolutamente eterosessuali, si sposano e hanno figli, poi a un certo punto si innamorano di una donna; altre scelgono di identificarsi come lesbiche per ragioni politiche, sulla scia di Adrienne Rich.
Secondo la teoria del continuum sessuale (come elaborata da Kinsey, Rich e altri) alcune persone sono in grado di avere rapporti emotivi e sessuali solamente con membri del cosiddetto sesso opposto, altre sono in grado di averne solamente con membri dello stesso sesso, altre ancora si trovano in altri punti intermedi tra i due poli del continuum e sono in grado di avere rapporti con ambedue i sessi, a seconda di chi incontrano e di come il loro interesse viene risvegliato. Inoltre, la spinta a cercare una spiegazione biologica per l’omosessualità innata rischia di farla considerare un’anomalia, a meno che non si smetta di cercare il gene che origina l’omosessualità.
Infine, se la natura “data” dell’omosessualità costituisce il perno dell’etica delle relazioni omosessuali, non mancherà mai l’obiezione che non si deve per forza agire in conformità a questa tendenza e che quindi gli atti omosessuali non saranno mai un atto sessuale giustificabile.
Il mio parere, che credo si sia delineato con chiarezza, è che gli atti e le relazioni omosessuali possono essere giustificati in base alla medesima etica sessuale che giustifica gli atti e le relazioni eterosessuali; ne consegue che le persone con orientamento omosessuale, così come i loro atti, possono e dovrebbero essere rispettate, abbiano o meno la scelta di comportarsi diversamente.
Se questo è vero, conta comunque moltissimo il modo in cui gli individui vivono il loro orientamento o preferenza, ma non è questo a determinare se loro, come persone, sono o meno esseri umani completi, la cui sessualità è giustificabile quando è in accordo con le norme della giustizia sessuale.
Dovremmo tutti aspettare con ansia il giorno in cui, nell’ambito umano e cristiano, non conterà nulla essere omosessuale o eterosessuale, e in cui un’unica etica sessuale ci aiuterà a discernere la moralità di tutti gli atti e di tutte le relazioni sessuali.
* Suor Margaret A. Farley, nata il 15 aprile 1935, fa parte della congregazione americana delle Sisters of Mercy (Suore della Misericordia) ed è professoressa emerita di etica cristiana presso la Yale University Divinity School dove ha insegnato etica cristiana, dal 1971 al 2007, ed è stata anche presidente della Catholic Theological Society of America (Associazione Cattolica dei Teologi d’America). Il suo libro Just Love (2005), ha avuto numerose critiche e censure da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede per le opinioni morali espresse, considerate divergenti dal magistero cattolico, ma ha ricevuto invece ampio sostegno e approvazione dalla Leadership Conference of Women Religious (Conferenza delle Religiose degli Stati Uniti) e della Catholic Theological Society of America (Associazione Cattolica dei Teologi d’America).