La mia scoperta del Sacramento del Coming Out
Testo di Chris Glaser* tratto dal libro Coming Out as Sacrament, Westminster John Knox Press (USA), 1 novembre 1998, capitolo 1, pp.4-6, libera traduzione di Giacomo Tessaro
Ho molto riflettuto su qual è lo specifico sacramento dei gay e delle lesbiche? Mi sono chiesto se può essere la sessualità? Perché quando viene negato l’accesso ai sacramenti, il far l’amore offre a molti di noi uno strumento di grazia, di scoperta della premura tenera e amorevole di Dio.
Oppure può essere la nostra creatività? Noi omosessuali abbiamo dato numerosi contributi alle arti figurative, ai testi scritti e allo spettacolo, che superano di molto il nostro numero nella società, attraverso il collegamento con la nostra musa ispiratrice, il Creatore di tutte le cose.
Possono essere le nostre feste? Come più di un nostro oppositore ha rilevato, noi organizziamo eventi festivi migliori di molti altri, mettendo in pratica l’antica osservazione di Sant’Ireneo: “La gloria di Dio è [un essere umano] nel pieno della sua vita”.
Come per i neri del Sud Africa, prima della miracolosa trasformazione della loro nazione, perfino i funerali delle persone LGBT possono rappresentare un sacramento nei tempi della tragedia dell’AIDS? Dopo tutto, una funzione religiosa in memoria è, per molti della nostra comunità LGBT, l’unico rito sacro che ci è permesso all’interno delle mura delle nostre chiese. Un funerale per una persona morta di AIDS è servito spesso a stimolare i nostri santi propositi di aiutarci reciprocamente e di esorcizzare la piaga della malattia, ritrovando così la speranza nel presente e nel futuro.
Un’altra possibilità che ho preso in considerazione come un nostro sacramento è stata l’ordinazione [sacerdotale, ndt], perché i cristiani a favore dell’ordinazione sono audaci, un po’ come i negri americani che reclamarono i loro diritti negli anni 50 e 60. L’ordinazione non è un sacramento nella tradizione della Riforma, a differenza di altre tradizioni. Ma quando si tratta di escluderci da quel rito, sembra di essere tornati tutti alle situazioni precedenti la Riforma.
La mia chiesa presbiteriana ha disposto l’esclusione delle lesbiche e dei gay cristiani dall’ordinazione come ministri, anziani e diaconi – e così la nostra ordinazione è diventato un atto di disobbedienza ecclesiastica (quasi un parallelo della disobbedienza civile), un irrompere sacramentale della grazia di Dio attraverso le nubi dell’ignoranza, dei comportamenti legalisti ed ingiusti. Il dibattito sull’ordinazione femminile nella Chiesa Episcopale ha portato ad ordinazioni “irregolari” di donne, prima che questo divieto fosse tolto.
Nel nostro dibattito sull’ordinazione dei gay, diversi sostenitori ci hanno suggerito di argomentare l’opportunità dell’ordinazione facendo appello al nostro battesimo. Così nel mio sermone ho esaminato la possibilità che il battesimo possa essere il nostro sacramento particolare, nel senso che noi omosessuali lo abbiamo visto come la condizione che suggella a priori i nostri pieni diritti nella chiesa.
Nel battesimo da bambini, che è quello solitamente praticato, noi siamo nati nella chiesa come coeredi del patto di grazia con dio e come membri della famiglia di Cristo, ben prima che noi sapessimo della nostra identità sessuale. Questa posizione poi è stata argomentata in modo convincente da Marilyn Bennet Alexander e James Preston in We Were Baptized Too [Pure noi siamo stati battezzati, ndt].
Tuttavia, io continuavo a cercare un sacramento che noi omosessuali potessimo immediatamente reclamare come nostro, un rito nel quale Dio si fosse fatto presente e di cui avessimo fatto esperienza tutti noi.
Quella settimana pranzavo con Pat Hoffman, una cara amica, una scrittrice ed una compagna nella fede cristiana che, benché non sia lesbica, era una persona con cui potevo riflettere sulla questione. Avendo frequentato il nostro studio biblico del mercoledì, mi disse ciò che più profondamente la impressionava, ovvero pensava che il sacramento delle persone omosessuali era “la nostra attitudine ad essere vulnerabili”, in altre parole l’esperienza della vera comunione che facciamo ogni volta attraverso l’offerta del nostro vero essere. Come Cristo ha offerto se stesso, nella sua vulnerabilità, così noi offriamo noi stessi a dispetto dei rischi.
Essere aperti e vulnerabili può essere percepito come debolezza, ma in realtà dimostra la nostra forza. Condividendo la nostra “fragilità” – di come siamo stati tagliati fuori e allontanati dal resto del Corpo di Cristo – così noi offriamo una rinnovata opportunità di Comunione, come Corpo di Cristo, tra di noi e all’interno della chiesa. Ho concluso quell’omelia dicendo che proprio a causa rifiuto della comunione ecclesiastica di accoglierci, noi diventiamo un mezzo perché impari a essere davvero in comunione.
Rivedendo lo schema di quell’omelia, mentre mi accingevo a scrivere questo testo, mi sono stupito di come non avessi fatto il passo logico sviluppo. Anni dopo, parlando di quell’omelia nei seminari di studio e nei ritiri sulle tematiche di questo libro, giunsi alla conclusione a cui non ero arrivato a suo tempo, ovvero che il coming out è il nostro specifico sacramento, un rito di vulnerabilità che rivela il sacro racchiuso nelle nostre vite, la nostra dignità, il nostro amore, i nostri rapporti sessuali, chi amiamo, la nostra comunità e il nostro Dio.
* Chris Glaser è uno scrittore e teologo cristiano statunitense. E’ stato, per oltre 30 anni, un attivista nel movimento per la piena inclusione dei cristiani LGBT nella Chiesa Presbiteriana (USA) , attualmente è un ministro della Metropolitan Community Church (MCC). Vive il suo ministero attraverso la scrittura e la predicazione. Dopo essersi diplomato alla Yale Divinity School, nel 1977, ha prestato servizio in diversi comunità cristiane e ed ha parlato a centinaia di persone di varie congregazioni, campus universitari e comunità cristiane degli Stati Uniti e del Canada. Ha pubblicato una dozzina di libri di successo su spiritualità, sessualità, vocazione, contemplazione, scrittura sacra, teologia, matrimonio e morte, ma nessuno di essi è stato ancora tradotto in italiano.
Per approfondire: Il coming out come Sacramento