Essere gay in Egitto. Dalla primavera araba all’inverno arabo
Dossier di Jack May pubblicato su Winq Magazine (Gran Bretagna), dicembre 2017, pp.188-193, prima parte, libera traduzione di Andrea Shanghai
A settembre (2017), un concerto rock al Cairo (in Egitto) ha scatenato la piu’ grande repressione degli ultimi decenni sulle persone LGBT+ in Egitto. Ma come e’ possibile che questo evento abbia dato luogo a una simile recrudescenza e perche’ questo continua ad accadere ai gay egiziani?
Era la fine di una calda settimana al Cairo. Quando il gruppo Mashrou’Leila e’ salito sul palco del Cairo Festival City Mall il 22 settembre, la folla di circa 35,000 persone ha iniziato a scatenarsi, l’atmosfera si e’ accesa in quello che la band indie di cinque elementi ricorderà come “uno dei suoi migliori” concerti. Mentre si esibivano attingendo da un repertorio lungo circa dieci anni e registrato in 4 album di una musica araba innovativa, piena di carattere, diretta e spesso controversa, i fans tenevano alti i loro iPhones e cantavano ballando insieme con loro. Alcuni reggevano grandi bandiere arcobaleno, una manifestazione di solidarietà e supporto per il cantante della band Hamed Sinno, ventinovenne libanese fra le poche figure pubbliche apertamente gay del mondo arabo.
Era un’immagine potente e fotografie delle bandiere sventolanti sopra la folla oceanica si sono rapidamente diffuse sui social media nel corso del weekend successivo. Ma gia’ la domenica, la stampa egiziana ha iniziato una campagna furiosa additando l’evento come uno scandalo indecoroso. Il Primo Ministro egiziano Mustafa Bakri ha detto che quelle bandiere “gettavano infamia sull’immagine dell’Egitto e dei suoi giovani” nel tentativo di “utilizzare questo evento per dichiarare che l’Egitto è una terra di omosessuali, e questo non è assolutamente vero”.
Mentre l’attenzione della stampa continuava a gonfiarsi, il Consiglio Supremo per la Regolamentazione dei Media egiziano ha rilasciato una dichiarazione allo scopo di vietare qualsiasi discussione sulle tematiche LGBT+ nei media, a parte quelle dove le persone coinvolgono ammettono come “un fatto che la loro condotta sia inappropriata”, “si pentano di ciò” e si riferiscano all’omosessualità come a “una malattia e una disgrazia”.
Il procuratore Nabil Sadek ha poi ordinato che le forze di sicurezza investigassero “l’incidente” che ha “incitato l’omosessualità”. Secondo i gruppi di diritti umani in Egitto, la polizia ha arrestato almeno 57 persone nei giorni subito dopo il concerto e a dieci di loro sono state comminate pene detentive fra i sei mesi e i sei anni. Ha poi avuto inizio una recrudescenza nelle operazioni di polizia volte a portare allo scoperto omosessuali ingannati da falsi appuntamenti e poi arrestati.
Amnesty International ha riportato che almeno cinque degli arrestati sono stati sottoposti a esami anali, una procedura che a livello teorico dovrebbe dimostrare se un uomo abbia avuto sesso anale, procedura che le Nazioni Unite categorizzano alla stregua di tortura. “Non vi e’ alcuna base scientifica per questo tipo di esami ed essi non possono essere giustificati in nessun caso”, dice Najia Bounaim, direttore di Amnesty per le campagne in Nord Africa.
Sebbene tecnicamente l’omosessualità non sia un reato in Egitto, tuttavia una legge del 1961 contro la cosiddetta “corruzione” e “prostituzione” e’ spesso utilizzata per detenere le persone LGBT+ secondo le mire del governo di turno. La parola araba per prostituzione e’ di’ara, ma il legislatore di tale regolamentazione suggerì di aggiungere nel testo il termine fujur, una parola che significa un “corruzione”. Secondo i proponenti, di’ara afferiva esclusivamente alla prostituzione femminile, mentre fujur avrebbe permesso di estendere la regolamentazione alla prostituzione di carattere maschile. A livello pratico questa sottile caratterizzazione semantica, è stata utilizzata da quel momento per perseguitare gli omosessuali egiziani.
Un ragazzo e’ stato arrestato mentre rientrava a casa dopo il concerto, apparentemente sorpreso in un atto di fujur diverso da quello delle bandiere arcobaleno. Quando le notizie relative a questa nuova repressione hanno iniziato a diffondersi, Mashrou’Leila ha pubblicato il seguente post su facebook: “non sappiamo nemmeno da dove iniziare a esprimere la nostra tristezza nel vedere l’ennesima tirannia stendere i propri artigli su una delle nazioni che più amiamo”. “Abbiamo il cuore a pezzi nell’apprendere che il nostro lavoro è stato utilizzato come scusa per l’ennesima repressione da parte del governo. I diritti umani non sono privilegi che possono essere dati o tolti. I diritti umani sono un dato di fatto. Ci scusiamo con i nostri fan costretti a sopportare un altro attacco di questo genere.”
Anche i Mashrou’Leila non sono estranei a questo tipo di clamore politico intorno alla loro musica. Band cosmopolita formata sia da membri cristiani sia da membri musulmani, hanno costituito la band mentre studiavano architettura e design in Libano, all’Università Americana di Beirut. Non è mai stata loro intenzione quella di diventare un gruppo radicale: il cantante Hamed si limita a dire che “il loro scopo era solo di scrivere musica in arabo con la quale si potessero identificare”.
Tuttavia si sono trovati spesso in aperto conflitto con le autorità, una cosa forse naturale, considerando che sono costretti in una realtà dominata da governi repressivi, frammentata in fazioni politiche e religiose e con scarsissima attenzione ai diritti delle donne e delle persone LGBT+. Lo scorso giugno la band ha ricevuto il divieto perpetuo a esibirsi in Giordania, il paese da cui proviene Hamed. “Durante la mia adolescenza a Beirut, non vi era alcun accenno all’omosessualità nel quale potessi minimamente indentificarmi ed ho sofferto davvero molto a lungo per questo motivo”, ricorda Hamed.
Una canzone del loro ultimo album, Ibn El Leil, si ispira a questi avvenimenti, narrando di un club gay costretto alla chiusura. In un’altra canzone, Tayf (Fantasma), nel momento in cui la tensione va crescendo, Hamed canta: “ho trascorso la mia vita vedendo i miei diritti controllati dalle tue sensibilità/e sono stato cancellato dalla storia come se fosse solamente la tua / e abbiamo tradotto i versi di Abu Nuwas e di Saffo per loro / e li abbiamo cuciti su bandiere per gridarli nelle nostre dimostrazioni.”
Abū Nuwās e Saffo sono due poeti classici, il primo arabo e la seconda greca, che erano intimamente coinvolti in esperienze di desiderio omosessuale.
Continua…
Titolo originale: From Arab spring to Arab winter