Noi giovani “vogliamo una Chiesa meno moralista che ammetta i suoi errori”
Articolo di Salvatore Cernuzio pubblicato sul sito “La Stampa – Vatican Insider” il 24 marzo 2018
Il Papa aveva chiesto loro di parlare con «faccia tosta», lasciandogli carta bianca sui temi da affrontare e su come affrontarli. E i giovani di tutto il mondo, venuti in 300 a Roma per la riunione del pre-Sinodo, preparatoria alla grande assise di ottobre, insieme ad altri 15mila loro coetanei collegati online tramite gruppi Facebook, non se lo sono fatto ripetere due volte. Quindi nelle quindici pagine del documento finale redatto a conclusione della riunione iniziata lo scorso 19 marzo e diffuso oggi, i ragazzi non hanno esitato ad esprimere le loro istanze e i loro desideri, le aspettative e le necessità, e anche le critiche verso una Chiesa che «appare troppo severa» e «spesso associata ad un eccessivo moralismo», dalla quale si aspettano, anzi pretendono, di non ricevere «risposte annacquate e preconfezionate».
Il testo – che domani sarà consegnato al Papa da due giovani di Panama, dove a gennaio 2019 si terrà la Gmg – è concepito come riassunto di tutti i contributi dei partecipanti basati sul lavoro di 20 gruppi linguistici, e di ulteriori 6 gruppi tramite i social media. «È stato condiviso e redatto con un metodo a tutti gli effetti sinodale che costituisce una delle fonti che contribuiranno alla stesura dell’Instrumentum laboris per il Sinodo» di ottobre, ha spiegato in conferenza stampa il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.
In esso si ritrovano quindi i giovani alle prese con le nuove tecnologie e i loro pericoli: dal cyberbullismo alla pornografia; i giovani che litigano e discutono su temi caldi come omosessualità, gender, convivenza e contraccezione, che si interrogano sulla «vocazione», intesa come «chiamata universale alla santità» non solo alla vita religiosa, che “bacchettano” l’istituzione Chiesa perché «dovrebbe esser solerte e sincera nell’ammettere i propri errori passati e presenti», come gli abusi o la cattiva amministrazione finanziaria, «presentandosi come formata da persone capaci di sbagli e incomprensioni».
Speranza dei firmatari del documento «è che la Chiesa e le altre istituzioni possano imparare dal processo di questa Riunione pre-sinodale ed ascoltare le voci dei giovani».
I quali, ad esempio, riferiscono del «grande disaccordo» tra di loro, «sia nella Chiesa che nel mondo, riguardo a quegli insegnamenti che oggi sono particolarmente dibattuti». Tra questi: «contraccezione, aborto, omosessualità, convivenza, matrimonio e anche come viene percepito il sacerdozio nelle diverse realtà della Chiesa». Su tali questioni c’è «un dibattito aperto», «indipendentemente dal livello di comprensione degli insegnamenti della Chiesa». Da una parte c’è chi vorrebbe «che la Chiesa cambiasse i suoi insegnamenti o, perlomeno, che fornisca una migliore esplicazione e formazione su queste questioni», ma che comunque seppur «in contrasto» col magistero tradizionale desidera comunque «essere parte della Chiesa». D’altra parte, ci sono tanti giovani cattolici che «accettano questi insegnamenti e trovano in essi una fonte di gioia» e, anzi, «desiderano che la Chiesa non solo si tenga ben salda ai suoi insegnamenti, sebbene impopolari, ma li proclami anche con maggiore profondità».
Se divise sugli insegnamenti entrambe le “fazioni” si trovano unite ad un punto e, cioè, lo «stile» di Chiesa che desiderano: «I giovani di oggi bramano una Chiesa autentica», scrivono nel documento. «Con questo vogliamo esprimere, in particolar modo alla gerarchia ecclesiastica, la nostra richiesta per una comunità trasparente, accogliente, onesta, invitante, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva. Una Chiesa credibile è proprio quella che non ha paura di mostrarsi vulnerabile. Per questo, la Chiesa dovrebbe esser solerte e sincera nell’ammettere i propri errori passati e presenti, presentandosi come formata da persone capaci di sbagli e incomprensioni».
Tra questi errori, i ragazzi del pre-Sinodo menzionano «i vari casi di abusi sessuali e una cattiva amministrazione delle ricchezze e del potere». «La Chiesa – affermano – dovrebbe continuare nel rafforzare la sua politica di tolleranza zero all’interno delle proprie istituzioni, e così riconoscendosi umile e umana potrà aumentare la propria credibilità e la capacità di entrare in empatia con tutti i giovani del mondo». Secondo i giovani, «tale atteggiamento» distinguerebbe la Chiesa dalle tante «istituzioni e autorità verso le quali i giovani di oggi, nella maggior parte dei casi, già non nutrono alcuna fiducia».
«I giovani – si legge nel documento – hanno molti interrogativi, ma non per questo chiedono risposte annacquate o preconfezionate. Noi, giovani della Chiesa, chiediamo alle nostre guide di parlare con una terminologia concreta su argomenti scomodi, come l’omosessualità e il dibattito sul gender, riguardo i quali i giovani già liberamente discutono senza alcuna inibizione. Alcuni percepiscono la Chiesa anche come “antiscientifica”; per questo il dialogo con la comunità scientifica è altresì importante, in quanto la scienza è in grado di illuminare la bellezza della creazione». In questo senso, «la Chiesa dovrebbe anche prendersi cura delle tematiche ambientali, in particolar modo del problema dell’inquinamento» e mostrarsi «solidale e protesa verso coloro che lottano nelle periferie, verso chi è perseguitato e chi è povero». Perché, ed è il Papa il primo a dirlo, «una chiesa attraente deve essere necessariamente relazionale».
E dato che la maggior parte delle relazioni oggi si consuma sul web, in particolare sui diversi social network, i giovani mettono in guardia dal fatto che: «Le relazioni online possono diventare disumane. Gli spazi digitali ci rendono ciechi alla fragilità dell’altro e ci impediscono l’introspezione. Problemi come la pornografia pervertono la percezione che il giovane ha della propria sessualità. La tecnologia usata in questo modo crea una ingannevole realtà parallela che ignora la dignità umana». Pertanto i ragazzi si appellano alla Chiesa perché possa prestare «maggior attenzione alla piaga, includendo gli abusi in rete sui minori, il cyberbullismo e il conto salato che essi presentano alla nostra umanità».
Ciò non toglie che «internet offre alla Chiesa un’opportunità mai vista nell’evangelizzazione, specialmente attraverso i social media e i contenuti multimediali online. Essendo giovani, siamo nativi digitali in grado di guidare questa strada. È inoltre un luogo dove poter relazionarsi con chi proviene da una tradizione religiosa differente, o con chi non ne ha una. La serie di video di Papa Francesco è un buon esempio di come internet possa esprimere un potenziale di evangelizzazione».
Nella loro relazione i ragazzi e le ragazze del pre-Sinodo rivendicano anche un loro coinvolgimento «nei processi decisionali» della Chiesa che deve «offrire loro ruoli di leadership» da individuare «in parrocchie, diocesi, a livello nazionale e internazionale, e persino a livello delle commissioni in Vaticano». «Siamo fermamente convinti di esser pronti per poter essere guide, capaci di maturare e imparare da membri più esperti della Chiesa, siano essi religiosi o laici», scrivono.
Immancabile, in quest’ambito, l’appunto sulla «mancanza di figure di riferimento femminili all’interno della Chiesa» percepita con rammarico dalle giovani donne che vorrebbero «donare i loro talenti intellettuali e professionali». Allo stesso tempo i giovani ritengono «che seminaristi e religiosi, a maggior ragione, dovrebbero essere ancor di più».
I ragazzi si dichiarano poi «interessati alle attività politiche, civili e umanitarie». Come cattolici affermano di voler essere più «attivi nella sfera pubblica per il miglioramento della società comune» e essere «presi seriamente in considerazione in quanto membri responsabili della Chiesa». Chiesa, sottolineano, che «dovrebbe provare a sviluppare creativamente nuove strade per andare ad incontrare le persone esattamente là dove stanno, nei luoghi a loro consoni e dove comunemente socializzano: bar, caffetterie, parchi, palestre, stadi, e qualsiasi altro centro di aggregazione culturale o sociale». Secondo gli autori del documento, «andrebbero presi in considerazione anche spazi meno accessibili, quali gli ambienti militari, l’ambiente di lavoro e le aree rurali». Ma è altrettanto importante che «la luce della fede giunga in luoghi travagliati come orfanotrofi, ospedali, periferie, zone di guerra, prigioni, comunità di recupero e quartieri a luci rosse». «Se da una parte la Chiesa viene già a incontrarci attraverso le numerose sue scuole e università sparse in tutto il mondo, vorremmo vederla qui ancora più presente e efficace».
In questo suo movimento la Chiesa deve anche «adottare» un linguaggio «in grado di relazionarsi con gli usi e i costumi dei giovani, in modo che tutti possano avere l’opportunità di ascoltare il messaggio del Vangelo». E magari dovrebbe ripensare, in tal senso, il suo raggio d’azione visto che «al di fuori della Chiesa, molti giovani vivono una spiritualità combattuta». La Chiesa, quindi, «potrebbe relazionarsi con loro attraverso strumenti adeguati».
Buona parte del documento finale è dedicato infine alla «vocazione», tema sul quale verte il Sinodo di ottobre. La vocazione, chiariscono i giovani, non è «sinonimo della chiamata al presbiterato e alla vita religiosa»: «L’idea generale che la vocazione è una chiamata non è chiara ai giovani», spiegano loro stessi, e per questo «occorre una maggiore comprensione della vocazione cristiana (al presbiterato, alla vita religiosa, all’apostolato laicale, al matrimonio e alla famiglia, etc…) e della chiamata universale alla santità». Al contempo serve un aiuto durante il processo di discernimento della propria vocazione, visti i tanti e diversi «fattori» che lo influenzano: «la Chiesa, le differenze culturali, l’offerta di lavoro, il mondo digitale, le aspettative familiari, la salute mentale e lo stato d’animo, la pressione sociale dei propri pari, gli scenari politici, la vita di preghiera e devozioni, la Scrittura, la società, la tecnologia».