In cammino verso la veglia di Palermo
Riflessioni di Fabio Franzella
Per il dodicesimo anno consecutivo tanti cittadini, gruppi e associazioni, chiese di confessioni diverse, veglieranno ancora per testimoniare la volontà di superare le violenze, fisiche verbali o psicologiche, nei confronti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali.
Le veglie si sono diffuse in Italia dopo la tragica morte di un adolescente di Torino, vittima di bullismo omofobo. Il 4 aprile 2007 Matteo Maritano, 16 anni, figlio di una cameriera filippina e di un contadino piemontese, si è buttato dalla finestra a causa delle continue vessazioni che subiva da parte dei suoi compagni. Lo prendevano in giro nella sua scuola dicendo che era gay. Non sappiamo se Matteo fosse davvero gay o solo un po’ effeminato, ma questo non è importante. Parliamo di omofobia per dire che non è la persona lgbt a essere anormale e fare paura, piuttosto non è normale che una persona venga offesa per essere, o ritenuta essere, diversa.
Vogliamo ricordare gli oppressi di ieri e di oggi affinché domani non ci sia più bisogno di commemorare nuove vittime e si riconoscano uguali dignità a tutti gli esseri umani, figli di Dio.
Vegliamo per noi e per gli altri, in particolare per chi non può essere qui, per chi vive in contesti ancora ostili, per chi rischia anche la vita in certe regioni del mondo solo per affermare il proprio essere.
A Palermo il 17 maggio la fiaccolata percorrerà un cammino dalla piazza Ruggero Settimo, simbolo della città, alla chiesa Santa Lucia all’Ucciardone – la stessa chiesa che nel 2011 ci è stata preclusa da un veto della Curia, impedendoci di pregare al suo interno – per testimoniare il percorso di riconciliazione compiuto in questi anni tra noi e la chiesa, per affermare che Dio non è contro le persone lgbt, che ognuno ha il diritto di essere amato nella sua verità e il dovere di accogliere l’altro nella sua unicità.
Come cittadini abbiamo percorso un cammino di riconoscimento giuridico delle nostre vite e chiediamo maggiore attenzione verso le violenze di stampo omofobo, non ancora punite per legge nella sua specificità.
Come credenti ricerchiamo “la verità che rende liberi” (Gv 8,32) verso noi stessi, con il diverso dentro di noi e fuori di noi, per testimoniare il Dio di Gesù che accoglie e non discrimina, che libera e non incatena, che dà la vita senza nulla chiedere in cambio, se non di essere amato.