Perché la testimonianza di tanti gay cattolici non viene ascoltata nella chiesa?
Riflessioni di Eduardo Savarese tratte dalla sua pagine Facebook
Un amico sacerdote mi ha inviato un link, qualche giorno fa. Si tratta di una intervista di Costanza Miriano al Cardinale Muller, Prefetto della congregazione per la dottrina della fede. In questa intervista, si sostiene che il termine omofobia, come il termine gay, siano frutto di una precisa ideologia, una ideologia “gender” o, comunque, una sorta di mainstream culturale manipolato dai movimenti LGBT.
L’intervista riguarda l’uscita di un libro, a firma di Daniel Mattson, dal titolo: “Perché non mi definisco gay“. Il libro non l’ho letto. Ma l’intervista ritorna sulla questione omosessualità e Chiesa cattolica. In essa (oltre ad alcune gravi espressioni di obiettiva ignoranza, come ad esempio l’insistenza sulla distinzione tra uomo e donna, come se le persone gay appartenessero – e pretendessero di appartenere – a un ‘tertium genus’) si sostiene una idea molto, molto suggestiva: e cioè che l’esperienza personale, e la personale testimonianza, di Mattson superano qualsiasi ideologia. Cioè, Mattson, dopo un doloroso percorso, ha compreso che la vita in castità e la liberazione dall’ossessione di definirsi in base al suo orientamento sessuale (e ad una presunta attrazione per gli uomini) lo hanno reso un uomo più felice, più pacificato, più vicino a Dio. Questa testimonianza, in quanto esperienza del vissuto personale, supera qualsiasi “ideologia LGBT”.
Io sono molto d’accordo con questa affermazione. E sono del pari d’accordo con la logica conseguenza di questa affermazione: vale a dire, mutatis mutandis, l’esperienza di un cattolico che invece voglia dirsi gay, e felicemente gay e felicemente cattolico (felicità la intendo qui come espressione dello Spirito di verità che in noi parla con una lingua specifica per ciascuno), supera l’ideologia, in questo caso, cattolica.
La mia esperienza io l’ho scritta in una Lettera (Eduardo Savarese, Lettera di un omosessuale alla Chiesa di Roma, ed E/O, 2015, pagine 140).
Ma la Chiesa, tranne sparuti – ma forse non tanti – sacerdoti, ha ritenuto di non rispondere mai. Anzi. Io sono sotto osservazione, per molti versi (e i miei articoli vengono rifiutati dall’Osservatore romano, for example). Ma nessuna replica aperta, nessuna risposta esplicita. Questa Lettera non è stata tradotta in nessuna lingua straniera, a differenza del libro di Mattson.
Ora il libro di Mattson sarà presentato a Roma il prossimo 25 maggio. Ma è stato presentato anche ad Angri qualche giorno fa, con la presenza del vescovo. Che ha parlato di guarigione dalla omosessualità, a quanto pare.
Il 25 maggio sarei andato a Roma. Ma non ho trovato grande appoggio. Per ragioni peraltro valide. Non ci farebbero parlare. Bisogna ignorare libri come quelli di Mattson. La miglior risposta è concentrarsi su libri positivi come quelli del gesuita (James Martin. Un ponte da costruire: Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT, Marcianum Press, 2018, pagine 120,) tradotto ora anche in Italia.
Non so ancora se andrò o non andrò.
So che l’omofobia è un fenomeno oggettivo, con buona pace di Miriano e Muller.
So che, da cattolico, ci sono moltissimi cattolici che dissentono con Muller.
So che le esperienze personali sono tutte ugualmente superiori alle ideologie.
So che è vana la distinzione tra mondo laico e mondo cattolico, perché andiamo verso una realtà polivalente e dai molteplici livelli di integrazione. E in questa intercomunicazione, bisognerebbe andare, laici e credenti, gay e non gay, a chiedere a Muller: ci spiega perché l’esperienza personale di tanti gay credenti non può superare l’ideologia cattolica, così come quella di Mattson può superare l’ideologia LGBT? Senza strepiti, senza striscioni, senza rivendicazioni: una domanda improntata a buona fede e coerenza.
Io ho un sogno. Una moltitudine silenziosa che poi alza centinaia di mani tutte assieme il 25 maggio a Roma e pretende dal cardinale Muller, per il ruolo istituzionale che riveste, una semplice risposta: tutte le testimonianze personali dei gay credenti che si dicono gay e non hanno aderito alla castità in cosa sono meno credibili di quella di Mattson? E qual è il metro di credibilità? Non taggo nessuno. Lo Spirito soffia dove vuole.