L’anima alla prova
Riflessioni di Jean-Marie Firdion* pubblicate sul sito del mensile protestante Évangile et Liberté (Francia) il 30 maggio 2018, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
È così necessario fornire i dettagli delle avversità che ci affliggono? Sapete di cosa parlo, l’abbiamo tutti sperimentato sul nostro cammino. Quella cosa ha sconvolto il nostro presente, ci ha precipitati nella sofferenza o nello sgomento, ha scosso la nostra fede: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Tutti questi interrogativi senza risposta capovolgono la nostra comprensione della Buona Novella, della luce che ha colpito Maria di Magdala il mattino di Pasqua, dell’abbagliamento di Paolo sulla via di Damasco, del fragile soffio sul monte Horeb, del roveto ardente sul monte Sinai.
Segue allora un momento di prosciugamento, di perdita di senso: conto le mie ossa, graffio il terreno con le unghie, balbetto delle domande, sempre le stesse, quelle che scorticano il cuore, che mi si impongono, senza per questo essere le domande “giuste”, ma urlo nella mia testa, brancolo nel buio ripetendo quelle parole, cerco follemente delle risposte, delle certezze, delle ragioni per non disperare a dispetto di ciò che mi ha buttato a terra, a dispetto di questa notte tenebrosa.
Ed ecco che, in fondo a questo nulla, c’è quella mano, una mano malgrado tutto, a dispetto di tutto, che si posa sulla mia spalla, una mano dolce e forte, così potente che smetto di tremare. Viene da lontano, quella mano, ha attraversato i secoli, è andata errando tra così tante richieste di aiuto che ora ne ha i calli in cima alle dita, un’autentica mano di carpentiere, che sa lavorare il legno per dargli forma e senso, una mano che cambia la natura delle cose. La mano mi assegna un nuovo avvenire, è una mano pienamente presente in questo momento, ci metterei la mano sul fuoco.
Questa nuova pace si impossessa di me, la prova mi ha condotto all’infuori di me, poco a poco mi ha liberato della mia credulità infantile, delle mie credenze magiche. Mi libero delle vestigia del passato. Bisogna dirigersi verso il cuore, avvicinarsi al nocciolo, ritrovare le tracce incandescenti lasciate da quel Gesù di Nazareth. Le sue parole irrigano tante vite, i suoi gesti sono come dita che sfiorano una spalla curva, come il tocco delicato di un palmo su una fronte abbattuta, che trasmette il calore di una grazia indicibile, e qui, o là! Ecco, ora le vedete, delle tracce di resurrezione.
Così viene il tempo di rialzarsi.
* Jean-Marie Firdion è sociologo in pensione. È stato nel consiglio di chiesa di una parrocchia della Chiesa Protestante Unita di Francia e presidente di una associazione di volontariato.