1968-1978. L’assalto al cielo dei credenti omosessuali, a viso aperto nella Chiesa
Riflessioni di Fanco Barbero* pubblicate su Adista Documenti n° 19 del 26 maggio 2018, pp.17-19
Per me tutto ebbe inizio nel dicembre del 1963, quando incontrai in un confessionale della chiesa cattedrale di Pinerolo alcuni ragazzi e ragazze che, più per accenni che per racconti, più con gli occhi e i sospiri che con le parole, mi manifestarono la loro omosessualità.
Ero impreparato, sorpreso, senza la possibilità di confrontarmi con altri confratelli, se non con il mio testo di teologia morale. Non nascosi la mia ignoranza e mi lasciai guidare da un’alta dose di curiosità: «Sai, sono un prete da poco in tutti i sensi… Se mi vieni a trovare in seminario, dove vivo e insegno, mi aiuti a capire». Ne vennero più del previsto. Ero ancora ben saldo nella “verità” del modello unico, eterosessuale, patriarcale, ma ero anche già in movimento, grazie anche agli studi, le ricerche, l’ermeneutica biblica, la psicanalisi, soprattutto il contatto vivo e dialogico con questi fratelli e sorelle, che mi stavano traghettando verso una nuova terra.
Oggi riconosco, con gratitudine verso Dio e verso le persone omosessuali, quanti stimoli di conversione ricevetti in quegli infiniti dialoghi. E poi c’era il “vento” del Concilio, che mi confortava sul fatto che esisteva una “Chiesa extraterritoriale” e l’obbedienza non era più una virtù. Nonostante ciò, in quegli anni mi accorsi con sofferenza e dolore (e con molte lacrime) di una Chiesa che parlava dei poveri dal palazzo, che dettava legge alle donne da una cultura e da una struttura patriarcale, che parlava di aborto, divorzio… per bocca di maschi obbligati al celibato, che sentenziava sull’omosessualità senza parlare con gli omosessuali.
La stessa sofferenza che provo ancora oggi, quando leggo nel “Compendio” del Catechismo della Chiesa Cattolica che «Sono peccati gravemente contrari alla castità, l’adulterio, la masturbazione, la fornicazione, la pornografia, la prostituzione, lo stupro, gli atti omosessuali. Questi peccati sono espressione del vizio della lussuria» (n. 492).
Ma per me è stato essenziale maturare la consapevolezza che nella Chiesa di Gesù tutti devono poter stare a viso aperto, senza chiedere il permesso, senza supplicare di avere un posticino da penitente e senza mutilare se stessi con la “vocazione della castità”, come un ambiguo e peloso documento torinese propone. Come nella Chiesa, anche nella società, tutti dobbiamo poter stare a testa alta, senza subire discriminazioni per il nostro orientamento sessuale, come per il nostro credo (o “non credo”) religioso, le nostre convinzioni, le nostre scelte politiche.
Ma non è sempre stato così nel nostro Paese, come nel resto del mondo. E non è ancora così. Nonostante tanto sia stato fatto. La vergogna, la repressione, la clandestinità, le catene di una terribile condizione di vessazioni e subalternità cominciano per il movimento gay a spezzarsi il 28 giugno 1969. A New York, poco dopo l’una di notte, la polizia irrompe in un bar chiamato “Stonewall Inn”, un locale gay in Christopher Street nel Greenwich Village. Si tratta di una retata, una delle tante di quegli anni. Questa volta però, al contrario delle altre, sia dentro il locale che fuori, la gente reagisce alla brutalità della polizia, stufa delle continue vessazioni. Stonewall è considerato da un punto di vista simbolico il momento di nascita del movimento di liberazione gay moderno in tutto il mondo. Tanto che il 28 giugno è stato scelto dal movimento Lgbt come data del “Gay Pride”.
In Italia, “l’assalto al cielo” del movimento gay comincia un po’ più tardi. L’anno chiave è il 1977, l’anno del movimento, delle università occupate. In ambito omosessuale nel ‘77 era già qualche tempo che operava il FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), per non parlare di figure come Mario Mieli e dei primi collettivi militanti. Prima del FUORI (le cui attività prendono forma attorno al 1971) c’era praticamente il vuoto: al limite, per gli omosessuali c’era il carcere o il manicomio.
Nel 1979 è stato fondato Narciso-Collettivo Omosessuale Rivoluzionario, visto da molti in contrapposizione al FUORI, che era confluito nel Partito Radicale e tendeva ad assumere la questione omosessuale come isolata da qualsiasi contesto politico e sociale.
Nel 1980 organizzammo il primo Pride a Bologna, per convenzione considerato il primo Pride italiano, anche se in realtà c’erano stati tentativi simili già tra 1978 e 1979. Da lì il percorso che poi portò alla nascita del Cassero, il circolo di cultura omosessuale che il Comune di Bologna assegnò nel 1982, primo caso in Italia. Dopo questo evento si avviò un graduale processo per cui il movimento si strutturò fino alla nascita dell’attuale Arcigay, che non a caso ha la sua sede storica proprio al Cassero.
Nel 1983 si era intanto suicidato Mario Mieli, una grande figura di intellettuale (nel 1977 aveva pubblicato il testo fondamentale sulla questione omosessuale, Elementi di critica omosessuale), forse l’unica grande personalità di caratura internazionale espressa dal movimento omosessuale italiano.
Nel contesto dei gay credenti tanto si deve alla visione profetica di Ferruccio Castellano che cercò di intercettare il bisogno, espresso o inespresso, di tanti credenti, sparsi in tutta Italia, di trovare una chiave per conciliare il proprio orientamento sessuale con la fede, entrambi componenti profondamente identitarie e irrinunciabili.
Tra le persone che sostennero la nascita dei gruppi gay credenti in Italia occorre ricordare anche don Marco Bisceglia, che figura tra i fondatori del circolo Arcigay di Palermo nel 1980. Nel 1975 Bisceglia era stato sospeso a divinis a seguito di un articolo scandalistico pubblicato sul Borghese in cui due giornalisti scrivevano di aver ricevuto la benedizione di don Marco, dopo essersi presentati da lui sotto le mentite spoglie di una coppia omosessuale. Ricordo ancora i miei due viaggi a Lavello, dove don Marco era parroco, e le nostre animate conversazioni serali. I gruppi gay credenti in Italia erano inizialmente impegnati soprattutto su un versante di autoaiuto, in una dimensione privata, con incontri in case, studentati, momenti di preghiera e racconto di sé, iniziarono ad ampliarsi, strutturarsi ed avere una dimensione più “pubblica”. Solo però molti anni dopo, in particolare a ridosso del World Pride 2000 di Roma, alcuni dei gruppi riuscirono a maturare le condizioni per una reale visibilità, attraverso le interviste, le prime conferenze e le prime pubblicazioni.
Io intanto nel 1978, dopo aver conosciuto l’anno prima Ferruccio Castellano (morto suicida lo stesso anno in cui moriva Mario Mieli), decidevo di compiere un ulteriore passo. Ossia di benedire, in comunità o in gruppi cristiani di base, le coppie omosessuali dopo un percorso di ricerca sulla persona e sul messaggio del Gesù storico. Non mi bastava più dibattere e dialogare.
Intesi agire, esprimendo anche liturgicamente, nell’accoglienza ecclesiale, la benedizione di quel Dio che è sorgente di ogni amore.
Ci incoraggiavano il fermento culturale, le nuove frontiere delle teologie femministe e della liberazione, il dibattito teologico e i nuovi percorsi della psicanalisi. E nel giugno 1980 Agape, il centro ecumenico valdese di Prali, ospitò in Italia il primo convegno nazionale su “Fede cristiana ed omosessualità”. Ogni anno questo campo continua la sua riflessione.
Fu nell’anno giubilare 2000, quando a Roma fui invitato all’assemblea delle “religioni e omosessualità”, che prendemmo coscienza in molti che ormai era giunto il tempo di spingerci sempre di più all’aperto anche nelle Chiese, nelle religioni. La mia relazione “Il dono dell’omosessualità” fu l’ultima goccia che fece traboccare il “vaso vaticano”. Per questo e altri “meriti”, inclusi alcuni scritti sgraditi in alto loco, nel 2003 fui dimesso dallo stato clericale dal Vaticano, con un decreto ad hoc del papa, senza processo e quindi senza nessuna possibilità di difendermi. Avevo solo l’esplicita richiesta e la possibilità di ritrattare entro tre mesi.
La mia coscienza non me lo permise e rifiutai le proposte mercantili con le quali il Vaticano ha spesso ridotto al silenzio i dissenzienti.
Dagli anni ‘70 enormi passi avanti sono stati compiuti e ormai acquisiti nella percezione comune, oltre che nell’opinione pubblica cattolica; i temi Lgbt non sono più un tabù, ma una realtà con cui confrontarsi con spirito di apertura e dialogo.
Certo, rispetto ad altri Paesi il nostro sconta un forte ritardo culturale ed ecclesiale. Solo dal 2016 l’Italia ha una legge per le unioni civili delle coppie omosessuali. Ci sono voluti più di 40 anni per riconoscere i diritti civili delle persone Lgbt. Escludendole peraltro dal matrimonio e dalla possibilità di adottare. Si discute tanto su questa parola “matrimonio”, ma è solo un retaggio linguistico che nasconde la discriminazione. Finché tutte le persone non avranno uguali e reali diritti la lotta dei movimenti Lgbt, come quella di tutti gli altri movimenti che lottano per i diritti civili e sociali, deve continuare. Ritengo, come ho scritto nel mio libro Benedizione delle coppie omosessuali (Ed. L’Harmattan), che una nuova coscienza cristiana, adulta e consapevole, debba offrire proposte e provocazioni costruttive dentro la comunità ecclesiale senza temere che ciò comporti una rottura della comunione. L’obbedienza al Vangelo può essere vissuta senza alcune esplicite disobbedienze alla dottrina ufficiale?
* Storico animatore delle Comunità di Base italiane, Franco Barbero è tra i presbiteri che nel post Concilio si sono maggiormente impegnati nell’elaborazione di una teologia e di una pastorale per le persone Lgbt. Nel 2003, a causa soprattutto delle benedizioni delle unioni di coppie omosessuali che impartiva in chiesa, fu dimesso dallo stato clericale direttamente e senza processo canonico da Giovanni Paolo II.