L’abbraccio di addio del vescovo al suo prete gay neo sposo
Articolo di Davide Orsato pubblicato sul giornale Corriere del Veneto il 7 luglio 2018
Di fronte ai parrocchiani di Selva di Progno (Verona), l’abbraccio tra il vescovo Giuseppe Zenti e il don Giuliano, che si è sposato con un ex collaboratore.
Il vescovo scende dal pulpito, dopo un discorso che non ha lesinato critiche e severe correzioni, per quanto paterne. Che ha rimarcato quella che, per lui, resta una scelta sbagliata, maturata a seguito di un comportamento «non del tutto corretto» nei confronti dei parrocchiani e dei colleghi sacerdoti. E, Bibbia e catechismo alla mano, anche davanti a Dio. Si avvicina a quel suo prete, ora ex. Si guardano, poi si abbracciano davanti a una chiesa strapiena di un paese che non conta nemmeno mille abitanti.
Un gesto che suggella un addio definitivo, ma che sa anche di riconciliazione. Un abbraccio fraterno. Come a dire, non c’è nulla di personale. Non più almeno. Ma resta la distanza teologica e dottrinale, resta «il danno d’immagine a carico di una Diocesi che conta seicento sacerdoti, tutti di grande preparazione e caratura» per usare le parole del vescovo di Verona, Giuseppe Zenti. E resta la vicenda umana di Giuliano Costalunga, sacerdote che ad aprile si è sposato con il collaboratore che lo aiutava in parrocchia, Paolo.
Vescovo e (ex) prete, si sono trovati venerdì sera a Selva di Progno, sulla montagna veronese, nella chiesa che di don Giuliano è stata la casa per dieci anni. L’arrivo di Costalunga a quello che era stato presentato come un momento «di preghiera e di confronto» è stato, per certi versi, un coup de théâtre . Inaspettato. Ma l’ex sacerdote è stato in silenzio fino alla fine. Non perché non volesse dare, davanti agli ex parrocchiani, la sua versione dei fatti, ma perché è stata negata la possibilità di ogni intervento dall’altare. Escluso, naturalmente, quello del vescovo. «Siamo in chiesa – ha precisato monsignor Zenti fin dall’inizio – non in un tribunale né in una pubblica piazza. Se intervengo io, lo faccio da vescovo, nel pieno del mio ministero pastorale. Di questa vicenda avrei voluto tanto parlare “cuore a cuore”, ma non è stato possibile».
La Diocesi ha tante cose da rimarcare sulla vicenda. E Zenti le ha condensate in un intervento di un quarto d’ora. C’è la parte «burocratica» che ha a che fare con la lettera dell’8 febbraio, in cui l’allora don Giuliano annunciava le sue dimissioni. «Una richiesta che va portata alla Santa Sede». C’è la parte che ha che fare con il comportamento tenuto dal presbitero. «Non è stato del tutto corretto – afferma monsignor Zenti – don Giuliano è stato rimosso dalla parrocchia per fondate questioni di salute. Ma è chiaro che ha prevalso la parte affettiva. Dopodiché si è reso indisponibile e la situazione non è mutata finché non gli è stato tolto l’assegno di sostentamento. E pensare che ho fatto di tutto per affrontare quelle voci così insistenti: ma quando ne parlai con Giuliano, per tutta risposta lui ha minacciato querela». Ultima, ma non per importanza, la questione morale: «Auguro a quello che era il mio sacerdote ogni bene, il suo ministero qui a Selva, lo riconosco, è stato efficace. Ma come vescovo non posso tacere il fatto che la nostra fede ci trasmette un solo modo di essere sposi, quello precisato dalla Genesi: “Maschio e femmina li creò”».
Una correzione, dunque, quella arrivata dal pulpito della piccola chiesa. Mentre «il figliol prodigo», ad appena quattro banchi di distanza dal vescovo («Sono lieto che tu sia qui», aveva detto monsignor Zenti all’inizio del suo intervento) scuoteva energicamente il capo. «Mi dispiace, volevo dare la mia versione dei fatti. E mi spiace per certe illazioni: è vero che a Selva c’era con me il mio futuro marito, ma allora era un’amicizia platonica».
Alla fine anche i parrocchiani erano divisi: alcuni, dalla parte Giuliano, hanno contestato al vescovo («Un intervento da burocrate») ma altri hanno tagliato corto: «Ora speriamo di non vederlo più», riferendosi all’ex parroco. Non è mancato un volantinaggio di Forza Nuova: nel mirino Zenti, accusato di aver taciuto a lungo sulla vicenda.