Una camicia gialla a pois fucsia
Riflessioni del reverendo Roberto Rosso* pubblicate sul sito della Comunione Unitariana Italiana il 26 agosto 2018
(I) Cari Amici, recentemente mi è capitato di partecipare ad una discussione con un cattolico sul fatto che l’omosessualità sia chiaramente proibita dalla Bibbia. Mi aspettavo una tiritera sui soliti 4 o 5 versi, quando invece questo mio amico ha citato questo verso:
La donna non indosserà ciò che appartiene ad un uomo, e l’uomo non si vestirà da donna poiché il SIGNORE, il tuo Dio, detesta chiunque faccia tali cose.
Secondo questo sedicente cattolico questa è una chiara prova della proibizione: Il “vestire” non sarebbe un consiglio sulla moda, ma un invito ad astenersi dalla pratica omosessuale. Francamente la cosa mi ha lasciato un po’ perplesso, come sempre quando vedo i dogmatici annaspare, cercando di far dire al testo ciò che non dice.
(II) Allora sono andato a vedermi gli antichi commenti a questo verso, che mi hanno confermato che, per la maggior parte, nessuno alluda alla questione omosessuale, ma si sollevano altre interessanti questioni molto più utili per la vita di un individuo, di quanto non sia il sindacare su cosa succeda sotto le lenzuola, fatta salva la celeberrima moderazione. Come al solito, l’atteggiamento dogmatico e sessuofobo dei più rischia di impoverire il testo ed impedirci di ragionare.
(III) La prima domanda che vi pongo è: davvero pensiamo che l’essere uomo o l’essere donna di qualcuno possa dipendere da ciò che uno vesta o dalle preferenze sessuali che uno abbia? Che visione riduttiva che avreste! L’essere qualcosa è un insieme complesso di componenti che non può essere semplicemente ridotto ad una semplice dicotomia, ad una x in una delle due caselle m o f.
Piuttosto il verso pone un problema di coerenza a più livelli. Esistono infatti componenti genetiche innate e componenti ambientali e culturali. Compito dell’essere umano, a livello personale, educativo e sociale è quello di fare incontrare coerentemente questi due elementi
1. Il verso invita ciascuno ad avere il coraggio di seguire la propria naturale inclinazione e questo come criterio generale: se sentite attrazione genuina verso un sesso, siate coerenti con ciò che sentite, ma anche se vi sentite cantanti, cercate di essere coerenti con ciò che sentite, e cosi via.
2. Ma il verso si rivolge conseguentemente anche agli educatori: voi, che avete responsabilitá educative, assecondate la naturale inclinazione del soggetto che avete di fronte, non imponetegli una vita che non sia cucita su misura per lui. Spesso mi è capitato in passato di consolare madri disperate che volevano che il figlio facesse il neurochirurgo quando non sapeva distinguere pollice e mignolo. Meglio degli arrotini contenti che dei medici scontenti e depressi.
3. Ma il verso si rivolge anche alla società tutta: Compito dell’educatore é certamente quello di selezionare competenze e comportamenti utili li a un soggetto in un determinato contesto sociale, ma questo in una società che preveda la massima pluralità di percorsi possibili e la piena dignità di ciascuna scelta. Una società in cui o sei velina e calciatore o sei un fallito, costituisce un impoverimento profondo delle infinite possibilità e della infinita ricchezza che c’è stata donata.
(IV) Sempre più spesso mi sto accorgendo che esistono anche in campo spirituale due prospettive contrapposte di cui dovremo imparare ad essere ben coscienti: una top-down e l’altra bottom-up.
(IVa) La prospettiva top-down è quella classica nota più o meno a tutti quelli che in questi anni si siano accostati alla spiritualità nel nostro emisfero. Da un lato esiste la volontà di Dio, concepita come qualcosa di separato dalla storia dell’uomo e contenuto, in maniera più o meno precisa in un Libro o nell’Iperuranio platonico; dall’altro esiste l’uomo con i suoi guai e le sue vicissitudini, il cui compito dovrebbe essere quello di colmare la frattura tra uomo e Dio, uniformandosi progressivamente al modello pressoché unico fornito nel Libro. Questa prospettiva, per quanto più immediata, non riesce a rispondere davvero ai due problemi che abbiamo evidenziato: infatti,
1. pur impegnandosi ad inventare pasticci dogmatici cristologici e mariologici, creando ibridi uomo – dio, non riesce a sanare la frattura tra le due realtà
2. e nemmeno con minuziosi salti filologici, difficilmente riesce a isolare un unico modello di comportamento (si pensi alle differenze interne alle varie denominazioni cristiane)
(IVb) Accanto a questa, c’è però una prospettiva bottom-up, cui allude questo verso, e che è fatta propria dalle varie comunità UU.
Per questa prospettiva lo Spirito non è qualcosa di Altrove, di lontano, che noi dobbiamo cercare di raggiungere saltando, ma è un talento con cui siamo nati e con cui dobbiamo crescere. Noi non dobbiamo raggiungere nessun tesoro spirituale, noi SIAMO quel tesoro, e nostro compito nella vita è disporci ad ascoltare e coltivare con coerenza questo grande dono. In questo verso dunque siamo invitati ad avere il coraggio di essere ciò che siamo, cosa che, se vissuta appieno e con coerenza può essere assurda e spaventosa. E in questo ci conforta anche l’invito del Maestro, che esorta quanti amino Dio, ad essere testimoni del logos che intimamente sentiamo, e a remare, cercando di districarci tra gli scogli dell’egoismo e dell’odio, senza andare contro la genuina corrente spirituale che noi stessi rappresentiamo.
(IVc) Essere fiori unici in un giardino colorato costituisce il nostro compito spirituale, l’elemento di discontinuità irriducibile, che dobbiamo saper coltivare in armonia
Ci sono però anche degli elementi di continuità, che sono ad esempio i nostri 7 Principî e costituiscono la base su cui costruire. Quali sono? Anzitutto non essere stronzi, e non pensare di poter creare esseri umani di Serie A e di Serie B; poi disporsi al dialogo col diverso (sessualmente, ma non solo); infine avere un progetto spirituale da portare avanti con costanza e coerenza, che possa avvalersi, da un lato degli esempi della congregazione, dall’altro dei consigli del ministro che, in questa prospettiva non è un giudice che imponga o valuti, ma un consigliere che aiuti ciascuno a trovare la propria strada, spesso diversa da tutte le altre, alla luce degli elementi e delle qualità che ogni fedele si riconosca.
Allora facciamolo questo fedele, capace di prepararsi e indossare un abito coerente
Nasè Adam [Facciamo l’uomo]
Amen
*Roberto Rosso, laureato in filosofia e psicologia, ha fondato nel 2004 la Comunione Unitariana Italiana.