L’arcivescovo di Chicago: “È il clericalismo, non l’omosessualità, la causa degli abusi”
Articolo di Robert Shine* pubblicato sul sito dell’associazione cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) l’8 agosto 2018, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Uno dei più eminenti cardinali statunitensi ha espresso il suo disaccordo con chi vorrebbe che la causa dello scandalo degli abusi sessuali sarebbero i sacerdoti gay; il problema starebbe piuttosto nel clericalismo della Chiesa.
Il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, in un’intervista al [settimanale gesuita] America ha parlato degli abusi sessuali da parte dei sacerdoti, in particolare delle circostanziate accuse nei confronti dell’arcivescovo Theodore McCarrick. Spiega l’articolista: “In queste ultime settimane alcuni commentatori e sacerdoti hanno affermato che permettere agli omosessuali di accedere al sacerdozio crea una cultura [all’interno della Chiesa] in cui alligna il tipo di abusi di cui è accusato l’arcivescovo Theodore McCarrick. […] Ma il cardinale Cupich afferma che ‘dovremmo essere molto cauti’ nell’accettare una simile conclusione, ricordando che, all’apice di un precedente scandalo di abusi sessuali negli anni 2000, vennero fatte appunto le medesime accuse, smentite poi nel 2011 da un’inchiesta indipendente condotta dalla Facoltà di Giustizia Penale John Jay. […] Dice il cardinale Cupich: ‘Credo che più che altro il problema sia la cultura del clericalismo, in cui le persone ordinate pensano di essere privilegiate e protette, e di poter quindi fare ciò che vogliono. […] Tutti, eterosessuali o omosessuali, dobbiamo vivere secondo il Vangelo […] non è bene ridurre questo problema al fatto che alcuni sacerdoti sono omosessuali. […] Penso che questo ci distragga dalla questione del clericalismo, che è un problema molto più profondo’”.
Cupich esprime anche la sua fiducia nei laici, che hanno il diritto di indagare e di agire nei confronti degli abusi sessuali nella Chiesa: “’Ho sempre avuto fiducia in ciò che fanno i laici. Le loro competenze e la loro esperienza sono molto più ampie di quelle di molte persone ordinate […] e dobbiamo prestare attenzione a questo fatto’”.
Le parole di Cupich sono importanti per quattro ragioni. Primo, la voce del cardinale ha un certo peso, essendo uno dei principali alleati di papa Francesco negli Stati Uniti e una figura ben conosciuta al di fuori della Chiesa. Ha quasi sempre guardato con favore al mondo LGBT: nel 2017 ha invitato lesbiche e gay a dialogare, perché la Chiesa ha bisogno di ascoltarli; durante il Sinodo sulla Famiglia del 2015 ha affermato che l’assise avrebbe tratto vantaggio dall’ascoltare le coppie lesbiche e gay, cosa che aveva fatto in persona per prepararsi al Sinodo; sempre nel 2015, ha affermato che la Chiesa dovrebbe rispettare la coscienza di lesbiche e gay; nel 2014, ha detto che le coppie di genitori lesbiche e gay dovrebbero ricevere sostegno, anche se la Chiesa non può riconoscere i loro matrimoni.
La seconda ragione è che, proprio per l’importanza del cardinale, sono notevoli le sue critiche dirette alla discriminazione contro i sacerdoti gay additati come capri espiatori, il che è inoltre una critica indiretta all’Istruzione vaticana del 2016, la quale ribadisce un precedente documento varato sotto Benedetto XVI che proibiva ai gay di accedere al sacerdozio. Cupich sembra riconoscere che ci sono molti ottimi sacerdoti gay, i cui ministeri sono di grande beneficio per il popolo di Dio.
Terzo, Cupich punta l’attenzione sulla vera causa degli abusi sessuali e del cattivo comportamento di molti sacerdoti, vale a dire il clericalismo. Anche se grazie a Dio il loro numero sta aumentando sempre di più (per quanto sempre troppo lentamente), pochi prelati sono disposti a riconoscere e condannare la cultura in cui il clero vive immerso, nella quale sono fioriti abusi di ogni tipo. Il clericalismo, e non l’orientamento sessuale, è ciò che ha indotto McCarrick ad abusare di minori e seminaristi; è ciò che ha indotto un noto sacerdote e psicoterapeuta francese a molestare sessualmente i pazienti che si erano rivolti a lui per “correggere” il proprio orientamento sessuale; è ciò che perpetua una tristissima omofobia che alligna tra i sacerdoti e i religiosi.
Quarto, il cardinale sottolinea il ruolo dei laici nella costruzione di una Chiesa giusta, che dia conto di se stessa. Sempre le parole di Cupich, ora e in passato, hanno indicato chiaramente la sua fiducia nei laici come depositari di un ruolo essenziale nella vita della Chiesa, più competenti anzi, talvolta, dei consacrati. Dobbiamo ascoltare i laici, imparare ed essere guidati da loro non solo sulla tematica degli abusi sessuali, ma anche sull’inclusione delle persone LGBT, la parità fra i sessi, il razzismo e altre questioni di giustizia ecclesiale.
Per troppo, troppo tempo i sacerdoti gay sono stati capri espiatori ed emarginati per via di un disgraziato incrocio di domande senza risposta sull’orientamento sessuale e di domande senza risposta sugli abusi sessuali. È bene vedere un cardinale così influente rigettare con fermezza tali idee, ma ora è tempo che altri vescovi facciamo pubblicamente eco a questo invito alla giustizia nella Chiesa.
* Robert Shine è direttore associato di New Ways Ministry, per cui lavora dal 2012, e del blog Bondings 2.0. È laureato in teologia alla Catholic University of America e alla Boston College School of Theology and Ministry.
Testo originale: Cardinal Cupich: On Sexual Abuse, Clerical Culture, Not Gay Priests, at Fault