Il cammino di liberazione dell’evangelo, le chiese e il “perfetto silenzio” sulla comunità LGBT
Intervento di Daniela Di Carlo*, teologa e pastora protestante, alla plenaria del V Forum dei cristiani LGBT (6-7 ottobre 2018, Albano Laziale)
A metà degli anni ‘90 al Centro Ecumenico di Agape, durante un campo donne, la femminista Alessandra Bocchetti, che è tra le fondatrici del Centro culturale Virginia Woolf di Roma, Università delle donne, disse: “…si dovrebbe arrivare al perfetto silenzio sull’essere donna, perfetto silenzio che non ha motivo nella dimenticanza dell’essere donna, o nel suo nascondimento, o in un ipotetico quanto immaginario superamento, ma nello splendore della sua certezza, nella sua perfetta significazione.…”.
Questa intuizione vale oggi anche qui in questa assemblea. E’ meraviglioso incontrarvi, è interessante scoprire le narrazioni personali, il lavoro dei gruppi ai quali partecipate, le associazioni che hanno rafforzato l’amore in voi stessi e al contempo hanno creato una rete di relazioni che sostengono la vostra vita, ecc. Tuttavia è auspicabile che presto arrivi il “perfetto silenzio” sulla comunità LGBT. Non per negarne l’esistenza, ovviamente; non per ghettizzarla creando un mondo che vive nell’ombra; non per far finta che non ci sia alcun problema nell’appartenere alla famiglia LGBT. Il perfetto silenzio serve solo se porta nel mondo la convinzione e la certezza, da un punto di vista sociale, che le persone LGBT sono cittadine e cittadini, con gli stessi diritti e doveri, di tutt* gli altri, e a livello teologico che sono amati da Dio e per questo fatti a sua immagine e somiglianza come il resto dell’umanità.
Sarebbe meraviglioso non preparare più alcun Forum nazionale o internazionale per i cristian* LGBT vista la sovranità con la quale la comunità LGBT cammina nel mondo. Non più omofobia, né misoginia. Non più chiese che escludono invece che includere. Non più cristianesimi che rubano il posto a Dio e attraverso il loro personale giudizio fanno la scelta di chi può stare dentro e chi deve stare fuori dalla cerchia degli eletti. Ma non siamo ancora a questo punto purtroppo. Non è ancora il tempo “del perfetto silenzio” sulla comunità LGBT, in particolare se cristiana.
I cristianesimi, quello cattolico, quello protestante, quello ortodosso, hanno in comune la TT (teologia totalitaria) che e’ la teologia conosciuta da tutte/i noi: quella che regola la vita delle chiese e che disciplina, con più o meno forza, la vita delle credenti. Quella che decide in nome di un’istanza superiore cosa fare della propria esistenza partendo dall’interpretazione autorevole e univoca dei testi sacri, fonte di nutrimento della fede stessa. La TT è, ad esempio, la teologia delle missioni che invece di portare la novità e la liberazione dell’evangelo ha imposto, in passato ma spesso anche nel presente, uno stile di vita (economico, lavorativo, affettivo…) occidentale nei paesi del sud del mondo ammantandolo di una falsa neutralità che appartiene di diritto a coloro che predicano l’evangelo. La TT è anche quella teologia che collabora con il neoliberismo offrendo una giustificazione teologica alla morsa economica nella quale sono tenuti prigionieri i paesi più poveri.
La TT, attraverso il terrorismo ecclesiastico, è consapevolmente portatrice non tanto di un progetto evangelico bensì di un progetto eterosessuale-sponsale che diventa l’unica possibile per conoscere l’amore. Per il solo fatto di essere qui, noi, sfidiamo la TT e tentiamo di creare una teologia biografica che parta dalla vita reale. Cosi’ facendo la teologia diventa qualcosa di indecente, rumoroso, come ci ricorda la teologa argentina post-colonialista Marcella Althau-Reed.
Ed è proprio per questo che siamo presenti così in tanti in questo Forum. Abbiamo bisogno di avere come dice bell hooks “uno spazio inciso nell’ombra”. Come gli antenati della scrittrice afroamericana trovavano la loro forza nelle cantine dove venivano stipati dopo aver lavorato tutto il giorno nei campi di cotone, così la comunità LGBT ha bisogno di questo “spazio inciso nell’ombra” per prendere forza e occupare spazi sempre più visibili nelle chiese cristiane. Spazi per parlare di amore, di accoglienza, di grazia, di perdono, di fede, di conversione, di metamorfosi, ecc.
Spazi anche per dire come disse il riformatore protestante Lutero: “Io sono vinto dalle parole della scrittura”. Questa è la risposta di Lutero tratta dal discorso che ha fatto a Worms davanti all’imperatore. Lutero continua poi a dire “Fintantoché la mia coscienza è prigioniera della parola di Dio non posso e non voglio ritrattare, perché non è sicuro ed è un rischio per la salvezza fare qualcosa contro la propria coscienza”.
La chiesa ai tempi di Lutero predicava una grazia condizionata. “Ricevi il perdono SE esegui le opere di penitenza”. E’ proprio grazie al fatto dell’essere vinto dalla Parola che invece Lutero scopre la grazia immeritata e totale che gli e ci viene regalata in Cristo. Una grazia che accoglie tutte e tutti senza distinzione e senza dover fare qualcosa per meritarla.
Ciò non significa che “la grazia sia a buon mercato” come dice Bonhoeffer. La fede trasforma la vita delle e dei credenti attraverso la responsabilità. E’ la riconoscenza di quell’amore incondizionato che procede da Cristo che ci rende donne e uomini rinnovati dall’amore. Il fatto che la grazia sia incondizionata e per tutta l’umanità ci proibisce quindi di eleggere solo alcune categorie di persone degne della grazia perché essa è per tutte e tutti!
Bene lo sanno anche molti dei fratelli sacerdoti cattolici che si vedono costretti ad avere la misura della fede che accoglie la comunità LGBT e contemporaneamente la misura del magistero che riconferma un amore condizionato e pieno di “SE”. Una situazione nella quale diventa difficile vivere con coerenza l’annuncio della grazia del vangelo e l’obbedienza terrena e soprattutto la propria vocazione.
Credo fermamente che laddove la comunità LGBT viva con responsabilità la vocazione di far parte del popolo di Cristo essa di fatto è già vinta dalle parole della scrittura, cioè della Bibbia. Se questo legame diventa sempre più forte, più solido, più fondativo non ci sarà più bisogno di far dipendere la propria esistenza dagli uomini dalle chiese perché in Cristo la salvezza è già alla nostra portata.
Il compito delle chiese cristiane è quello di farsi ponte tra la società e coloro che sono posti ai margini per creare quella consapevolezza di essere tutte e tutti incarnazione di Dio; co-creatrici e co-creatori di un mondo da abitare con amore e forza, con passione e desiderio, con attenzione e giustizia, con creatività e immaginazione.
In tempi come i nostri saper creare comunità è importantissimo. Significa avere la capacità di esporsi per condividere la propria storia, la propria spiritualità ma anche per capire e vedere la forza di Dio nelle nostre vite e nel mondo intero. La comunità LGBT abita ancora ai margini delle chiese cristiane. Dal quel margine però può assaporare quel respiro di Dio incarnato negli incontri che vengono fatti ed avere un orientamento nel presente e nel futuro.
* Daniela Di Carlo e Teologa e pastora protestante. Ha diretto il Centro ecumenico di Agape (Prali).