Chiesa e credenti omosessuali. Prove di dialogo a Torino
Articolo di Sara Bauducco pubblicato sul sito korazym.org il 25 novembre 2006
Dopo il Gay Pride 2006 di Torino è iniziato un dialogo franco e aperto tra alcuni omosessuali credenti e la diocesi di Torino. Un segno importante che fa ben sperare ed è anche un invito a tutti i gruppi di credenti omosessuali a continuare il loro impegno, ad essere “ponte” per il dialogo tra le persone omosessuali e la Chiesa cattolica.
La via è tracciata. Dialogo aperto tra alcuni membri del Comitato Torino Pride 2006, che si riconoscono esplicitamente come credenti, e la Curia di Torino per consolidare il cammino di fede e la partecipazione di omosessuali e lesbiche già coinvolti nelle comunità parrocchiali della diocesi.
“In occasione del Torino Pride hanno interpellato il vescovo per ottenere un incontro e in quanto credenti ci tengono a esprimere la loro volontà di interlocuzione”, spiega a Korazym.org don Ermis Segatti, responsabile della pastorale della Cultura e dell’Università, anche professore di Storia del Cristianesimo. Il sacerdote, insieme a don Valter Danna, direttore della Facoltà Teologica e responsabile della Pastorale Famiglia, è stato incaricato dal cardinale Severino Poletto di stabilire i rapporti con i gruppi di omosessuali già presenti sul territorio.
In questo clima, il 9 novembre 2006, don Segatti ha incontrato i membri del gruppo “Fede ed omosessualità”, nell’ambito di un ciclo di iniziative che si concluderà oggi con il convegno dal titolo “Una fedeltà scandalosa? L’amore nella coppia gay e lesbica”, in programma presso la sede del Gruppo Abele. Un percorso volto alla conoscenza reciproca e alla condivisione di un valore insindacabile: l’Amore Universale di Dio.
Ma qual è la cifra di questo dialogo, tra l’altro il primo esempio recente in una grande diocesi come quella di Torino? “Il dialogo con questo gruppo – chiarisce don Segatti – si fonda sul presupposto che la fede cristiana è fondamento di intesa e punto di riferimento, sia pure in ricerca di che cosa comporti per ciascuno nella condizione data“. In questo senso, “per tutti i cristiani vale quanto il Vangelo ci insegna”, continua il sacerdote, convinto che “non si possa proporre altro di diverso a coloro che chiedono alla chiesa torinese di essere indirizzati nel proprio cammino di fede”.
“Stiamo parlando tra persone e in mezzo a noi Gesù Cristo può esprimere la sua presenza”. Partendo da questa premessa indispensabile per non cadere in polemiche o luoghi comuni, secondo don Segatti, “è importante un discorso comunicativo che non tocchi solo la sfera sessuale ma anche, o soprattutto, quella affettiva. L’omosessualità riguarda la sfera relazionale nella sua globalità ed è su questo che si può imperniare il dialogo”.
Nell’affrontare il tema non si possono negare alcune difficoltà legate alla stessa visione che si ha dell’omosessualità: “Il nodo chiave è come si interpreta la omosessualità, su quali parametri di riferimento si fondi la sua accettazione o il suo rifiuto, con variabili ancora più accentuate nelle varie culture del mondo. Una linea di lettura corrente la interpreta in termini di devianza e di colpa. Gli omosessuali, al contrario, intendono affermare che – a parte le forme deviate o colpevoli quando lo sono, che del resto valgono per la sessualità in generale – la loro condizione sessuale è connaturata alla persona e quindi è a pieno titolo naturale. Rivendicano conseguentemente che venga loro riconosciuto, tanto più in questi gruppi che si richiamano ad una esplicita aderenza di fede, il diritto ad amare e a essere amati per come sono e a formare unioni di vita all’insegna dell’amore come regola ugualmente valida sia per loro che per le coppie eterosessuali”.
Eppure, continua don Segatti, “la dimensione del naturale è un’arma a doppio taglio perché la natura può essere ambigua e ambivalente”. “L’appello alla natura presenta difficoltà – spiega – si dovrebbe parlare di natura in senso più articolato poiché essa si può presentare dal punto di vista degli affetti e delle pulsioni sessuali in direzioni non uniformi”.
Accanto a considerazioni di carattere filosofico ed etico vi sono comunque anche difficoltà di ordine pratico che nascono quando si affacciano toni polemici o provocatori che finiscono per sconcertare e impediscono un dialogo serio.
“Riconoscere la dimensione affettiva nel rapporto tra omosessuali significa rendersi conto che occorre considerare l’integrità del loro essere persone. Chi non accetta questo taglio, parte da una dimensione riduttiva delle cose“, sintetizza il sacerdote, spiegando che “gli omosessuali chiedono di essere rispettati precisamente in questo senso”.
In sostanza, conclude don Ermis Segatti, “il dialogo in questi incontri non può che partire dalla premessa fondamentale del Cristianesimo il quale presuppone e chiede che le persone nei loro rapporti realizzino l’istanza fondamentale dell’amore”. Quanto alle posizioni della Chiesa, spesso contestate dagli stessi omosessuali, al momento “si è voluto semplicemente gettare la base per un dialogo duraturo e costruttivo“.