Joseph Ratzinger, crisi di un papato. Ne parliamo con Marco Politi
Intervista di Lidia Borghi al gionalista Marco Politi
Per i tipi di Laterza è appena uscito ‘Joseph Ratzinger. Crisi di un papato’, il nuovo libro di Marco Politi, vaticanista e firma di punta de Il Fatto quotidiano. Con grande disponibilità l’autore ha acconsentito a rispondere ad alcune domande di una volontaria del Progetto Gionata.
Marco Politi, perché Joseph Ratzinger non avrebbe dovuto diventare il capo della chiesa cattolica, nel 2005?
C’è un mistero nell’elezione di Benedetto XVI. Dopo quasi mille anni papa Wojtyla aveva cambiato nel 1996 le regole del conclave.
Per essere eletti non c’era più bisogno, come in precedenza, dei due terzi di voti, ma – dopo un certo numero di votazioni – bastava la maggioranza assoluta.
Questo ha permesso alla lobby conservatrice pro-Ratzinger di imporre il suo candidato, che altrimenti non sarebbe stato eletto.
Ma lo stesso Benedetto XVI ha riconosciuto che la nuova norma era un errore e dopo l’elezione l’ha abolita.
In ogni caso il gruppo di cardinali che ha premuto per l’elezione di Ratzinger non aveva nessuna visione del rapporto tra Chiesa e società moderna.
Voleva soltanto una difesa della tradizione e di una “identità” in contrapposizione al mondo contemporaneo.
A giudicare dagli interventi o dalle omissioni di Benedetto XVI a proposito di tematiche scottanti quali la pedofilia, i difficili rapporti con il mondo islamico, i silenzi di Pio XII sullo sterminio di milioni di Ebrei durante il regime nazista oppure la piaga dell’AIDS in Africa, si direbbe che ci troviamo, oggi, di fronte ad un disastro annunciato.
Papa Ratzinger ha maggiormente le caratteristiche di un pensatore e di un predicatore, ma in termini di governo il suo pontificato è stato caratterizzato da un succedersi impressionante di crisi come non è avvenuto con nessuno dei papi degli ultimi cento anni.
Si è messo in conflitto con l’islam, con gli ebrei, con il mondo scientifico.
Nel caso della pedofilia ha pronunciato dure parole contro i colpevoli e la mancata vigilanza delle autorità ecclesiastiche, ma non ha aperto gli archivi vaticani per fare luce su decenni di insabbiamenti.
In Italia, poi, la conferenza episcopale non ha creato nessuna commissione d’inchiesta come accade in altri paesi e si è finora persino rifiutata di nominare un vescovo responsabile del dossier pedofilia a livello nazionale.
Invece il segretario di stato vaticano ha tracciato di fronte alla stampa un’inaccettabile equiparazione tra omosessualità e pedofilia.
Verrebbe quasi da dire che il pontefice si senta solo.
La Chiesa cattolica, sotto la superficie di scintillanti manifestazioni di massa, vive una crisi profonda. La mancanza di vocazioni crea dei vuoti in decine di migliaia di parrocchie.
Milioni di fedeli non si riconoscono nelle norme relative ai rapporti interpersonali, al divorzio, all’interruzione di gravidanza.
I cattolici in gran numero non comprendono perché un sincero legame omosessuale debba venire costantemente demonizzato.
I fedeli non comprendono nemmeno perché alle donne nella Chiesa debbano venire riservate soltanto funzioni di “servizio”, senza nessuna possibilità di partecipare alle decisioni importanti.
Anche in tema di fecondazione le coppie si muovono secondo scelte di coscienza lontane dai diktat vaticani.
Pochi lo sanno, ma l’unico metodo di fecondazione assistita per una coppia cattolica dovrebbe consistere nell’impiego di un preservativo bucato… da cui i medici sarebbero poi costretti a raschiare il seme del partner per inocularlo nella vagina della donna. Un’assurdità!
Che dire dei “valori non negoziabili” della chiesa cattolica? Il neo integralismo papale di fronte ai temi più importanti della nostra nazione (testamento biologico, unioni civili, omosessualità, divorzio, fecondazione assistita) rivela, da una parte, la mancanza di laicità all’interno dello stato italiano e, dall’altra, il suo vuoto legislativo in merito alla mancanza di leggi antidiscriminazione. Non è che, in parte, gli esiti del Concilio Vaticano II sono stati sconfessati?
In nome dei cosiddetti “valori non negoziabili” il Vaticano si è alleato in questi anni con il governo di centro-destra per sabotare il referendum sulla fecondazione assistita, per bloccare una legge sulle unioni civili e le coppie omosessuali, per deformare la legge sul testamento biologico impedendo al paziente di esercitare la sua autodeterminazione.
Rispetto al Vaticano II Benedetto XVI sta facendo di tutto per negare la grande svolta rispetto al passato, rappresentata dai documenti conciliari.
In primo luogo il primato della libertà di coscienza, il rapporto con le altre religioni, l’ecumenismo.
Inoltre perché, secondo lei, il papa si rifiuta di riconoscere l’identità personale delle tante anime omosessuali cristiane che, nel nostro Paese, continuano a sentirsi parte dell’Ecclesia, pur essendone state escluse a causa della loro pratica dell’omosessualità, condizione che ne farebbe dei soggetti gravemente ostacolati?
Ratzinger stesso, nei suoi documenti redatti da cardinale, aveva chiesto rispetto per le persone omosessuali ma dall’altro nella redazione del catechismo cattolico continua a considerare l’orientamento omosessuale come “grave disordine” e come orientamento “contro natura”. Milioni di credenti non condividono queste posizioni.
L’ex arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, ha scritto in un libro che non si sarebbe mai sognato di condannare degli omosessuali quando li incontrava.
Insomma, leggendo il suo libro si avverte la solitudine di un uomo che, forse, avrebbe preferito continuare ad occuparsi di speculazioni teologiche.
Joseph Ratzinger è una personalità interessante. Un pensatore, un predicatore. Nel privato non è affatto così rigido come affermano certi stereotipi.
Per esempio sostiene che se un prete è sinceramente innamorato di una donna ed è convinto di formare con lei una coppia solida, allora è giusto che segua questa strada.
Ma Benedetto XVI è anche un temperamento solitario, monacale, che non sembra avere il piglio del governante, del leader di un’istituzione che conta un miliardo e cento milioni di fedeli.
Di sicuro non aveva l’ambizione di fare il pontefice. Sono stati i cardinali più conservatori e gruppi come l’Opus Dei a spingerlo. Manca nel suo pontificato una visione geopolitica.
C’è il desiderio profondo di fare rivivere la fede, ma senza fare quelle riforme di cui la Chiesa ha bisogno.
Ratzinger inoltre ha un numero infinitamente più ristretto di contatti di quanti ne avesse papa Wojtyla. E questo si sente.
Il “peccato” più grande di questo pontificato è che in Vaticano si discute poco, si dibatte poco sulle scelte strategiche da fare.
Non è possibile guidare in maniera solitaria una realtà mondiale come il cattolicesimo.
La solitudine di Benedetto XVI, alcune pagine dal libro
Marco Politi, Joseph Ratzinger. Crisi di un papato, Laterza, 2011, pp. 34
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