La festa dei fari
Riflessioni del reverendo Lawrence Sudbury* pubblicate sul sito della Comunione Unitariana Italiana il 20 dicembre 2018
Cari Fratelli, innnanzitutto una doverosa premessa. Se qualcuno di voi, e so che siete molti, vive il Natale in modo assolutamente e tradizionalmente cristiano, come festa per la nascita di Rabbi Yeshua di Nazareth (o, più probabilmente di Gamala, ma sono dettagli che interessano solo pochi storici tignosi come me), uno dei Maestri più illuminati di tutti i tempi, magari il più alto mai esistito… fantastico! Fate bene!
Magari qualche problema in più lo vedrei, dal punto di vista del professorino con la matita rossa e blu, se interpretaste letteralmente il testo evangelico e foste convinti che Gesù sia nato sotto una cometa mai comprovata dagli astronomi, in una Palestina innevata e che ricevesse l’omaggio degli unici pastori al mondo a portare i loro armenti a pascolare di notte e d’inverno.
Magari, poi, molti più problemi li vedrei, dal punto di vista teologico, se foste qui e, allo stesso tempo, foste convinti che quella nascita sia quella del Cristo Figlio di Dio e Dio Egli stesso, partorito da Maria Immacolata e che, dunque, il 25 dicembre rappresenti l’inaudito scandalo dell’ingresso di un Dio totalmente trascendente, totalmente “altro”, nel nostro mondo temporalizzato, e cronologicamente e spazialmente determinato…
Ma, anche così, in fin dei conti, chi sono io per giudicare i percorsi spirituali di chicchessia? E se è vero che di fronte alle nostre chiese, in quei Paesi che hanno la fortuna di averle, sta scritto uno dei motti che più di ogni altro sintetizza l’essenza della religione liberale, “Qui ognuno è benvenuto!”, posto che per voi il Natale non sia solo e unicamente quel giorno in cui si fa vacanza, si ricevono e si fanno regali e ci si gonfia di cibo come zampogne, ma sia un momento almeno di riflessione, condivisione e pace in cui elevare la propria anima, vivete il vostro Natale cristiano come meglio preferite interpretarlo e da me non avrete altro che plausi.
Questo detto, con il positivissimo (e chissà cosa penseranno di questo aggettivo quelli che mi conoscono da qualche anno…) ampliarsi della nostra comunità a componenti che non si rifanno alla tradizione dei Popoli del Libro, sento il dovere di tentare di azzardare una interpretazione un po’ differente di questa festa.
In un periodo di festività che, come abbiamo sentito nelle scorse settimane, si rifanno al tema della luce, la mia proposta è quella di celebrare il Natale come “Festa dei Fari”. Mi rendo conto che un’affermazione di questo genere possa apparire un po’ scioccante e che meriti qualche spiegazione.
Probabilmente la scelta della metafora nasce dalla mia personale fascinazione per i fari: li ho sempre vissuti come luoghi magici, di silenzio, impegno, meditazione, di contatto con l’Assoluto e con l’universo intero, ma se fossero soltanto questo, essi non sarebbero poi diversi da un qualsiasi falansterio, eremo o romitorio di qualsiasi religione.
I fari, sono, soprattutto, uno strumento essenziale per la navigazione, lo sono sempre stati e, magari in forme diverse, continuano ad esserlo: ieri erano gli elementi di segnalazione della costa, di promontori, di scogli e di insenature, fondamentali di notte e in caso di nebbia; oggi, nell’epoca dei GPS, sono diventati, più che altro, punti di riferimento, elementi che segnalano visualmente un ritorno a casa, una destinazione, un luogo storico dell’insediamento umano. In ogni caso sono elementi che gettano luce dove la luce filtra poco, che illuminano aree altrimenti oscure.
Personalmente, ma penso di non essere il solo, questo è esattamente quello che vedo, in campo spirituale, come ruolo dei Maestri. Un Maestro, come un faro, non cambia la notte della nostra conoscenza del Sacro in giorno luminoso e solare, non distrugge gli scogli e le asperità che ci troviamo ad affrontare lungo il nostro cammino umano, non rende la navigazione costantemente sicura; un Maestro, però, illumina una piccola o grande porzione di territorio rendendola più visibile, ci indica quali siano i punti pericolosi del nostro incerto navigare umano, può rendere un po’ più sicuro almeno un tratto del nostro andare.
Forse è proprio trascinato da questa concezione metaforica del ruolo del Maestro spirituale, persino più che dalla tradizione unitariana universalista anglosassone o dalle mie sempre più forti tendenze latitudinariste, che non riesco più a comprendere il senso di indirizzarsi verso una sola fonte di luce, quasi che un solo faro potesse essere sufficiente per illuminare le coste di tutto il mondo. O meglio, posso comprendere logicamente come, nel caso si intendesse qualsiasi Messia, Illuminato o Profeta come inviato definitivo di Dio (suo Figlio, parte del Divino stesso, il Sigillo finale delle Sue volontà rivelate, etc.), per logica conseguenza dovremmo pensare che Egli indichi la via finale e unica da seguire per tutta l’umanità, ma, qualora, in termini, mi permetto di dire, forse più coerenti con la storia unitariana universalista, vedessimo in qualsiasi Maestro unicamente un uomo la cui anima si è affinata e ripulita dalle scorie fino al punto di approssimarsi alla comprensione del sentire trascendente e alla consonanza con tale sentire, questa unicità mi pare, ma forse è un limite del mio pensiero, quantomeno un po’ campata in aria.
Un uomo, ogni uomo, è un entità singolare, situata nel tempo e nello spazio e, come tale, limitata dalle sue coordinate vitali, dal suo background culturale e dalla finitezza che caratterizza il nostro genere. Certamente, grazie a moltissime variabili (da una maggiore sensibilità naturale ad un più attento e continuo lavoro di levigatura della pietra dell’anima, a vicende ed esperienze di vita particolari, etc.), alcuni di noi sono in grado di far risaltare maggiormente la luce di quella scintilla divina che, potenzialmente o fattivamente, è presente in ogni essere umano, e credo che nessuno tra coloro che vivono la gioia della scoperta interiore di tale luce possa astenersi dal trasmetterla all’esterno, illuminando coloro che lo circondano. E non è neppure detto che costoro siano solo quelli che conosciamo come i grandi Maestri dell’umanità, i grandi (e spesso involontari) fondatori di una religione: si può essere fari anche solo di un piccolo scoglio e, allo stesso modo, si può essere punti di riferimento spirituale anche solo per un’unica persona o per poche persone, ma il senso della propria esistenza non cambia, perché non siamo certo di fronte ad una gara di popolarità, quanto di fronte all’emanazione di un dono “gratuitamente concesso e gratuitamente (forse persino inevitabilmente) elargito”.
A volte, proprio in questo quadro, mi capita di paragonare la vita spirituale ad una navigazione davanti alle coste della Croazia. La Croazia ha coste frastagliate e fondali piuttosto pericolosi, più o meno come frastagliate e spesso pericolose possono essere le vicende dello Spirito nella vita di un essere umano. Per questo quella zona ha una percentuale di fari tra le più alte del mondo: si parla addirittura di un faro ogni 30 miglia nautiche. Ogni faro getta luce su un tratto, su un pericolo, su un’insenatura e, dunque, ogni faro svolge a pieno il suo compito. Per quanto mi riguarda, per gusti personali, per il mio modo di essere, per la mia sensibilità, adoro il Faro di San Giovanni, su un’isoletta davanti a Rovigno, ma non è certo per questo che posso negare l’importanza e l’utilità, ad esempio, del Faro di Tajer o del Faro di San Pietro, senza i quali, certamente, moltissime navi avrebbero fatto naufragio. Ugualmente, il fatto di prediligere la via proposta da un Maestro particolare nulla toglie all’importanza degli insegnamenti di ogni altro Maestro per la vita di altre persone e, nel caso decidessi, come è auspicabile per tutti, di ampliare costantemente il raggio di navigazione della mia ricerca spirituale, per la mia stessa vita.
E, fratelli, in tutto questo c’è un elemento che è davvero impressionante: come ogni faro è per alcuni versi differente da ogni altro, a base tonda, a base quadrata, su terra ferma, su isole o promontori, a luce fissa, scintillante o intermittente, a lungo, medio o breve raggio, così gli insegnamenti di ogni Maestro hanno caratteristiche proprie, che derivano dal suo tempo, dal suo ambiente, dalla sua cultura, dal suo pubblico… eppure… eppure ognuno di questi fari spirituali dell’umanità ha puntato, in fin dei conti, il suo fascio luminoso nella stessa direzione, donandoci lo stesso messaggio, dicendoci tutti “non ha senso vivere solo sul piano orizzontale senza mai guardare oltre, ma fate attenzione, perché quel guardare oltre deve passare proprio da questo piano orizzontale e dall’amore che, su questo piano, sappiamo dare a chi ci sta intorno”.
Io, onestamente, non lo so, davvero non lo so, per quanto abbia speso metà della vita nel tentativo di capirlo, e per quanto possa avere le mie personali speranze, se Qualcuno o Qualcosa ha un piano per noi, se esista una “Capitaneria di Porto” che, da qualche parte, in qualche modo ha deciso di piazzare ciascuno di questi “fari spirituali” in un punto preciso del fluire spazio-temporale, nelle vite di alcune persone o forse, in un modo o nell’altro, di tutte…
Una cosa, però, credo di sapere con un certo grado di certezza: che questa umanità incasinata, questa umanità che a volte ci sembra così povera e così perduta, che a volte sembra sbagliare così tanto nell’interpretare i segnali che le vengono inviati, è comunque migliore grazie alla loro presenza, grazie alla esistenza di Maestri, di molti Maestri che illuminano un po’ il mare in tempesta, e spesso ci permettono di non naufragare. Ed è per questa ragione che, in questo tempo in cui il mondo festeggia, e non importa se in una data a caso o troppo spesso nel modo più banale, la nascita di uno di essi, mi piace pensare che questa festa, nella mia spiritualità di viaggiatore e cercatore, di fedele forse infedele o forse troppo fedele a se stesso, sia un momento per ringraziare tutti i Maestri, tutti i fari che illuminano me e ogni mio fratello nel mondo e, forse, per ringraziare Qualcuno o Qualcosa di più grande che ha voluto o permesso la loro esistenza.
Buon Natale e buona “Festa dei Fari”!
Adonai echad [Dio è Uno]
Amen
* Lawrence Sudbury è ministro anglo-italiano, storico e saggista, autore di 18 libri e oltre 200 saggi brevi. Sito: http://lawrencesudbury.altervista.org