«L’amore dell’anima mia». Rileggendo il Cantico dei cantici a partire da un vissuto LGBT
Riflessioni bibliche fatte da Innocenzo di Kairos, gruppo per cristiani LGBT e i loro genitori di Firenze, all’incontro sul “Cantico dei Cantici a partire da un vissuto LGBT” tenutosi nella Parrocchia Fiorentina della Beata Vergine Maria Madre delle Grazie all’Isolotto il 17 dicembre 2018
Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi hanno incontrata le guardie che fanno la ronda in città: «Avete visto l’amore dell’anima mia?». Da poco le avevo oltrepassate, quando trovai l’amore dell’anima mia. Lo strinsi forte e non lo lascerò, finché non l’abbia condotto nella casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha concepito. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,per le gazzelle o per le cerve dei campi: “non destate, non scuotete dal sonno l’amore, finché non lo desideri”. (Cantico dei Cantici 3,1-5)
Sono alcuni dei 117 versetti del Cantico dei Cantici, il più antico canto d’amore e di desiderio dell’umanità su cui esegeti e teologi hanno discusso per secoli, di cui per secoli è stata vietata finanche la lettura ai seminaristi e ai credenti perché considerato un testo troppo forte, che poteva turbare i loro cuori. Perché?
Forse perché il Cantico dei Cantici racconta, con suoi versi pieni di desiderio, racconta l’esplodere dell’amore contro cui il controllo e l’opposizione del modo nulla possono. Il Cantico ci parla di un amore spontaneo, in un tempo in cui era la famiglia a decidere con cui ci si doveva sposare e quando; in cui l’amato e l’amata non hanno volto o un corpo, che non viene descritto ma solo evocato in immagini di rara dolcezza, perché potremmo essere ognuno di noi, quell’uomo e quella donna che cercano di trovare il loro amore.
Non a caso il verbo cercare e il verbo trovare ritornano ripetutamente nel testo, parole che hanno un significato particolare nella vita di ognuno, ma soprattutto nell’accidentato cammino di un cristiano omosessuale per trovare “l’amore dell’anima mia”, ovvero colui o colei che ci “dà vita”.
Anche per una persona omosessuale, come per la protagonista del Cantico dei Cantici, “cercare” l’amato significa dover percorrere le strade “di notte” che, nel testo biblico, rappresenta sempre il momento in cui non riusciamo a veder chiaro in cui siamo sopraffatti della fatica, della mancanza di speranza, della paura del Getsemani. Eppure nella notte , dice il Cantico, “mi alzerò” (che in ebraico significa “risorgere”), non sarò prigioniero più delle mie certezze; “farò il giro della città” (Ct 3,2), ovvero andrò nel luogo delle relazioni, in cui ci sono gli altri, in cui scorre la vita.
Uscirò nella notte, rischiando per questo di essere considerato una o un poco di buono, una fonte di scandalo spinto dalla passione che arde nel mio cuore.
“L’ho cercato, ma non l’ho trovato” (Ct 3,2), eppure l’amata del Cantico testardamente non si arrende, chiede aiuto alle guardie, a coloro che custodiscono la città, che aprono e chiudono le sue porte, che decidono chi deve entrare e chi no… a loro osa chiedere:”Avete visto l’amore dell’anima mia?” (Ct 3,3). Ma le guardie, i custodi delle regole della legge, non le rispondono, forse perchè non sanno cosa dire, o forse perché non hanno nulla da dire, non riescono proprio a vedere il suo amore.
Ma l’amata non si arrende, ha appena oltrepassate le guardie che trova “l’amore dell’anima mia”, quasi correndo finalmente finisce tra le braccia dell’amato. E’ bello sottolineare il suo cercare continuo, il non fermarsi neanche di fronte agli ostacoli, il lasciarsi condurre dal desiderio che la porta dritto tra le braccia dell’amore della “sua vita”.
“Lo strinsi forte e non lo lascerò” esclama, stretta nell’abbraccio dell’amato, che non esiterà a condurre “nella casa di mia madre”, sfidando così l’approvazione e lo scandalo della famiglia, facendo coming out, rivelando così il suo amore non scelto ne approvato dalla famiglia. E aggiunge “Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,… non destate, non scuotete dal sonno l’amore, finché non lo desideri (CT 3,5), in cui c’è la sua richiesta di discrezione e di rispetto per ciò che sta avvenendo e sta vivendo. Un invito che ci ricorda che ogni vita e ogni amore, biblico e non, ha tempi propri, situazioni particolari, che conoscono solamente coloro che sono coinvolti in quella relazione.
E noi che stiamo seduti tra i banchi di questa parrocchia sapremo ascoltare, senza giudicare, le testimonianze di questi cristiani LGBT, in cammino per cercare il loro amore?