A Lucca una preghiera è salita dalla Clausura per ricordare che “chi è ai margini della storia è costruttore del Regno di Dio”
Riflessioni di Innocenzo e Giusi di Kairos, gruppo di cristiani LGBT e i loro genitori di Firenze
Una preghiera può essere un momento di accompagnamento pastorale? Può essere un segno può aprire cuori e sanare antiche ferite. Dalla Clausura il margine può forse giungere al cuore della comunità Cristiana? Vi raccontiamo un piccolo segno di una chiesa che vuole mettersi in ascolto e condividere un pezzo di cammino.
Scrive Innocenzo: “Stavo rileggendo queste parole di Papa Francesco: “È bello pensare che il nostro Dio non ha bisogno di sacrifici per conquistare il suo favore! Non ha bisogno di niente, il nostro Dio: nella preghiera chiede solo che noi teniamo aperto un canale di comunicazione con Lui per scoprirci sempre suoi figli amatissimi. E Lui ci ama tanto” (Papa Francesco, udienza Generale, 2 gennaio 2019), quando mi è giunto tra le mani un foglio spiegazzato, come se fosse arrivato a me dopo un lungo passare di mano in mano.
Era un invito lanciato dalla clausura, a tutti i cristiani di buona volontà, dalle suore Carmelitane Scalze di Monte San Quirico a Lucca, che scrivevano:
“Tutto ciò che è umano diventa divino, anche le lacrime. Il Figlio di Dio fattosi figlio dell’uomo lacrima come ogni bambino, si commuove davanti alla morte, piange sulla chiusura di Gerusalemme. Le nostre lacrime diventano preghiera: Dio Padre le raccoglie ad una ad una (cfr. Sl 56), come ha raccolto quelle del suo Figlio unigenito. Queste lacrime portano già in sé la consolazione di essere viste, custodite, asciugate dal Padre di ogni consolazione.
Nel nostro itinerario di preghiera vorremmo lasciarci interpellare dal pianto di Gesù, ascoltando la voce e il pianto di tanti fratelli e sorelle, vicini e lontani. Per questo, il prossimo incontro dell’11 gennaio 2019, sempre alle 21.00 nella nostra Chiesa, prevede l’ascolto della Parola di Dio e di alcune testimonianze di “consolazione”.
Due di esse provengono dal mondo dei migrantes, essendo prossima la giornata mondiale dell’immigrazione, una riguarda l’ambito della famiglia e l’ultima la pastorale delle persone omosessuali, da poco intrapresa nella nostra diocesi per volere dell’Arcivescovo, con il nome: “Camminando si apre un cammino”.
Sono testimonianze di solitudine, di discriminazione e sofferenza, raggiunte dalla consolazione di Dio attraverso i fratelli e le sorelle. Vi invitiamo a condividere con noi questa esperienza di preghiera e fraternità!”.
Le parole delle sorelle di Monte san Quirico mi hanno colpito e mi hanno fatto ripensare alle parole di Papa Francesco che ricordava che “la rivoluzione del Vangelo” è per tutti, perché anche “chi è ai margini della storia è costruttore del Regno di Dio”.
Quando siamo partiti con alcuni amici e amiche, per unirci alla preghiera delle sorelle, un vento freddo e tagliente soffiava in quella notte invernale, che stringeva in un abbraccio gelato tutte le cose. Ma appena entrati nella gremita chiesetta delle suore, un calore straordinario ha riscaldato tutti i nostri cuori e i nostri volti.
Nel silenzio, mentre da dietro la grata le sorelle scandivano col loro canto la preghiera, ho ascoltato alcune testimonianze che mi hanno aperto il cuore e mi hanno ricordato che Dio lavora proprio sulle nostre lacrime, da cui sa suscitare nuovi cammini di fede e di nuova umanità.
“Ben so che la sorgente emane e scorre, anche se è notte. Quella fonte eterna sta nascosta ma io ben so dove sta riposta. Anche se è notte, ben so dove sta riposta”. Questi versi di San Giovanni della Croce hanno significativamente scandito l’incontro di preghiera/testimonianza a Lucca presso il monastero delle suore carmelitane scalze. Ma riflette Giusi che il loro “riferimento non è un semplice tributo al fondatore dell’ordine dei carmelitani scalzi, ma l’indicazione di un percorso che fa della notte dell’anima un passaggio fondamentale dell’ascesa verso il divino.
Umanamente impossibile argomentare il dolore, e giustificarlo. Forse frutto, in campo etico, della libertà umana, e dei limiti che essa inevitabilmente comporta: Dio nel suo infinito atto di amore si ritrae, e lascia libertà all’uomo. Responsabile delle proprie scelte.
Ma Dio è anche il Dio della consolazione. Il percorso di ieri sera andava dal dolore alla consolazione. L’icona, simbolo della serata, era una deposizione dalla Croce di Cristo. Un Cristo rappresentato in piedi, Maria a sostenerlo, e con un volto, pur nella sofferenza, sereno. Atteggiamenti “consolatori”, preludio e simbolo della prossima Resurrezione. Di un Dio che vince la morte. Speranza che vince il più resistente scetticismo, che non vede oltre il presente. Ma anche dono di senso all’esistere, al quotidiano come mi diceva stamani un’amica. Forse più convinzione che speranza. Specie nei momenti più bui.
Le testimonianze portate, nella loro diversità, ben rappresentavano il cammino del Dio della consolazione, o meglio della Resurrezione. E, sempre nella loro diversità, ben sottolineavano l’appartenenza di ognuno a una comune umanità. Mettere insieme le esperienze di due giovani immigrati (albanese e ghanese), di un padre di una figlia con grave handicap psichico, e infine di una donna omosessuale, significava affermare che non esistono “diversi”, che il dolore e la redenzione sono “patrimonio” di ogni essere umano.
Per ciò che concerne i nostri particolari vissuti, in quanto omosessuali testimoniare con altri vuol dire partecipare all’ordinarietà della vita, e imparare a non vedersi, in modo spesso autoreferenziale, come vittime privilegiate. Dalla consapevolezza di tutte le nostre fragilità, e dalla loro unione, potrà nascere una forza che sia di sostegno e soccorso per altre fragilità, di coloro che ci vengono incontro. Chiunque siano. Specchio del divino”.
Una preghiera è salita da dietro le grate della clausura per abbracciare i cristiani in cammino nel mondo, spesso troppo presi dalle loro parole e dai loro pensieri per ricordarsi che “la rivoluzione del Vangelo” è per tutti, perché anche “chi è ai margini della storia è costruttore del Regno di Dio”.