Sull’Arca c’è posto per tutti. Un’esperienza di accoglienza e ascolto dei cristiani LGBT al Santuario di Caravaggio
Riflessioni di Paolo Spina del Progetto Giovani Cristiani LGBT
“Di ogni animale puro prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono puri un paio, il maschio e la sua femmina” (Gen 7,2): prima di oggi non mi ero mai soffermato su questo dettaglio riguardante la vicenda di Noè.
Lo ascolto a Messa, in pausa, tra un’urgenza e l’altra in ospedale, e penso al sole che anche alcuni mesi fa colorava quella domenica di novembre, al Santuario della Madonna del Fonte di Caravaggio, al tavolo di dialogo “Quale presenza dei giovani lgbt nella Chiesa?”.
Là c’era chi cercò di distinguere e contrapporre puro e impuro, degno o indegno di stare tra le mura del santuario mariano di Lombardia. C’era anche chi cercò di fare un coraggioso salto di qualità verso quanti si sentono messi ai margini in nome di chi amano. C’era chi, pazientemente e senza alzare la voce, lavorò non solo per organizzare e coordinare, per invitare e moderare, per intervenire e approfondire, ma anche e soprattutto per testimoniare che non esiste un cristianesimo lgbt: chi segue Gesù non pianta bandiere, non recinta territori di riserva e non rivendica diritti. Chi segue Gesù mette ciascun proprio passo nelle sue orme, compresi i sentieri degli affetti e le strade che abitano la parte più profonda del cuore e la verità di noi stessi.
Chi innalza steccati vorrebbe cancellare questo versetto della Genesi: se Dio fosse veramente giusto, avrebbe lasciato affogare gli animali impuri nelle acque del diluvio. E, se Dio fosse così, io sarei ateo. Il Dio di Noè è lo stesso Dio di cui, secoli dopo, Pietro dirà: “Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo” (At 10,28).
Per questo, al Santuario di Caravaggio, ci siamo sentiti in famiglia: profondamente dispiaciuti per quanti hanno voluto restare fuori, decidendo a chi sia lecito o meno amare, e insieme profondamente uniti dalle testimonianze che, nella loro diversità, ci hanno raccontato che nella Chiesa c’è posto per tutti.
L’arca ha ancora molte acque da navigare e, certamente, altre tempeste alle quali resistere. Tutto cambia, però, quando si viaggia insieme, quando si impara ad ascoltare il rumore di passi diversi dai propri, quando si riconosce il bene anche dove non ci si aspettava di trovarlo, quando si dialoga con trasparente mitezza e con il cuore davvero aperto all’incontro con l’altro e alle sorprese di Dio.
Lì, allora, come al Santuario di Caravaggio, dalle nubi inizia a filtrare il sole. E, timidamente, ad affacciarsi l’arcobaleno.