Donne con l’HIV. “Più che il virus ad ucciderci è lo sguardo degli altri”
Testimonianza di Dani raccolta da Luc Biecq tratta da TÊTU+. Guide gratuit d’information sur le VIH. 2010-2011 (Francia), Dicembre 2010, p.15, liberamente tradotta da Daniela C.
Al principio se ne ricordava ad ogni risveglio, oggi ha ritrovato la sua spensieratezza e il suo umore allegro. Mamma, nonna, innamorata e militante: Dani c’ha impiegato qualche anno a ricostruire la sua vita.
“Quando lo apprendi è come se un puzzle, davanti a te, si frantumasse all’istante in mille pezzi. Sai già che dovrai ricostruirlo, e che alcuni pezzi – forse i più importanti – non torneranno…”.
Un colpo duro da affrontare per Dani; che all’epoca, nel 1995, aveva 49 anni. Il suo compagno le aveva nascosto di essere sieropositivo e la loro unione crollò irrimediabilmente. Oggi, nel vederla abbronzata e sorridente, è difficile immaginare che abbia creduto di “restarci” – come dice lei – o che sia stata ricoverata in ospedale tre volte. Al primo incontro ci disse di non voler parlare in prima persona della sua storia; piuttosto delle donne in generale, e del Planning familiare.
Dani, infatti, è membro della Commissione nazionale Aids dell’associazione e svolge servizio d’ascolto permanente sia in ospedale che al Planning, interfacciandosi spesso con donne sieropositive che tentano di sconfiggere la vergogna e l’isolamento. “La prima cosa di cui mi parlano le donne che incontro è la paura del rifiuto. Alcune affermano che, più che il virus, ad ucciderle è lo sguardo degli altri.”
Dani paragona questo virus a un banale coinquilino. “Gli riservo una stanza graziosa del mio immenso appartamento, però non gli lascio tutto il posto. Se poi si allarga, allora negoziamo.” Ma Dani ricorda ancora il giorno in cui ha messo questa distanza tra lei e il virus? Perché questo tipo di reazione non si ottiene schioccando le dita. È successo in quel mese in cui si accorse di aver perso repentinamente dieci chili.
La gente continuava a chiederle il segreto della sua dieta o se fosse ammalata; poi, a casa, davanti alla sua immagine riflessa nello specchio del bagno, ebbe un crollo. “Mi dissi che dovevo imparare a convivere con questo nuovo corpo e accettarlo. Situazioni come questa rappresentano un problema per moltissime donne, immaginate cosa diventano sotto l’effetto della sindrome lipodistrofica…” Piano piano, Dani si confessa. “Personalmente, ho avuto la fortuna di poter godere di un ambiente familiare, affettivo e medico di qualità.
Ma per molte donne non è così. Le donne, in generale, subiscono molto di più la precarietà, l’isolamento e le discriminazioni.” Esprimere la propria sieropositività resta ancora difficilissimo. Dani lo sente dire sistematicamente quasi ogni giorno.
Senza sminuire gli effetti secondari della malattia, Dani giudica la sua vita normale e si appresta, all’età di 64 anni, a iniziare il suo secondo anno di studi in sessuologia. Lei vede questa futura laurea come una risorsa in più che le permetterà di aiutare in modo adeguato le donne nel loro cammino a fianco dell’HIV.
Aiutare le donne a riacquistare la stima di sé stesse e a riallacciare dei rapporti sociali senza provare sentimenti di vergogna o di colpa: sono questi gli obiettivi che Dani si pone.
Sostenuta e circondata dall’affetto dei cari, Dani ha già fatto un bel po’ di strada: “Ad un certo punto ho capito che non guarirò. Non potrò mai più tornare allo stato iniziale. E allora mi sono detta: l’obiettivo non è guarire, ma vivere.”
Testo originale: “Dani. Les femmes ont peur du rejet” tratto da TÊTU+ Le guide gratuit d’information sur Le ViH. Edition 2010-2011 (file pdf)