Perchè raccontiamo come è cambiata la nostra vita dopo l’HIV
Testimonianze raccolte da Jessica Yee tratte dal semestrale Vision Positive (Canada), primavera/estate 2009, pp.15-19, liberamente tradotte da Piero
Parlare pubblicamente della propria infezione da HIV può essere un’esperienza terrificante, benché arricchente. Jessica Yee* ha intervistato quattro persone coraggiose che si esprimono francamente e prendono coscienza che confessare che sono affette da HIV può aprire dei cuori e cambiare una vita.
Come me, avete forse avuto l’onore di ascoltare oratori talmente affascinanti che giurate che i loro discorsi hanno cambiato la vostra vita. Erano le parole utilizzate, o forse il tono? O ancora la loro bocca, da cui sembrava uscire il genio?
Comunque sia, l’arte di raccontare costituisce da secoli un modo di condividere esperienze di vita e di trasmettere la saggezza. Talvolta, provoca semplicemente un buono scoppio di risa, talvolta è molto potente. Uno dei migliori metodi per combattere l’ignoranza, la paura e la vergogna associate a una malattia consiste nel darle un volto.
L’HIV non differisce in nulla dalle altre malattie. Numerosi organismi di lotta contro l’AIDS offrono programmi nel cui ambito persone affette da HIV/AIDS propongono conferenze allo scopo di meglio sensibilizzare la popolazione. Di regola, questi programmi sono conosciuti sotto il nome di “sezioni dei conferenzieri”. Tuttavia, preferisco chiamarli “il potere della parola umana”, perché mi oppongo alla strutturazione di ciò che è fondamentale in molte comunità e paesi da tempi immemorabili.
Le persone che parlano pubblicamente della loro vita con l’HIV, volontari per lo più, riferiscono soprattutto il desiderio di sensibilizzare, d’informare così come d’influenzare e di migliorare la vita del loro pubblico. Come giovane donna che esordisce nei servizi legati alla salute sessuale e all’AIDS, molto imparo semplicemente ascoltando la gente parlare.
Tuttavia, mi è capitato di essere esasperata e contrariata, che non mi piacesse sempre ciò che sentivo e di non avere abbastanza pazienza per ascoltarli fino alla fine. I discorsi che sono incisi nella mia mente mi ricordavano o mi sfidavano ad esaminare il mio punto di vista in modo critico. Mi hanno dato la possibilità di crescere e di cambiare.
Gli oratori, anch’essi, traggono dei vantaggi dal loro ruolo. Alcuni di loro provano la forte voglia di aiutare, mentre altri sentono il bisogno di ricambiare a una comunità che li ha sostenuti durante le loro prove. Molti vi diranno che delle possibilità di guarigione consistono nella condivisione dei rischi del loro percorso.
Per rendere omaggio al potere della parola che incarnano le sezioni di conferenzieri sull’AIDS di tutto il paese, ho discusso con quattro persone che vivono con l’HIV/AIDS delle loro esperienze di oratori. (Scegliere solo quattro persone in Canada è stato un compito arduo; troppe storie meritano d’essere raccontate).
Mi hanno parlato della loro motivazione, della loro soddisfazione e dei loro trucchi per suscitare l’interesse dell’uditorio. Ascoltando ciascuna di loro, ho imparato che occorreva coraggio per parlare pubblicamente di una infezione da HIV. I quattro hanno rivelato che è necessario “parlare con il proprio cuore” per appassionare l’uditorio.
DORIS PELTIER
52 anni, abita nella ‘Première nation non cédée’ (riserva di nativi americani, NdT) di Wickwemikong, isola Manitoulin (Ontario). Diagnosi ricevuta nel 2002. Conferenziera per la Rete canadese autoctona (di nativi americani, NdT) dell’AIDS
Che cosa la fa arrabbiare?
Innanzitutto, io sono una donna a cui è stata fatta la diagnosi allo stadio di AIDS. Questa tendenza si osserva nella nostra comunità, particolarmente presso le donne autoctone. A mio parere, mostra veramente il soffocamento generalizzato della voce autoctona.
Le conseguenze di questo silenzio sono manifeste nella prevalenza elevata di HIV presso le donne e i giovani autoctoni. Parlare può aiutarci a guarire collettivamente, come comunità.
Che cosa l’ha indotta a prendere la parola in pubblico?
Nel momento in cui ho ricevuto la diagnosi di AIDS, ho trovato la voce. Quel momento ha cambiato la mia vita. La mia voce è scaturita, è scaturita con violenza. Era come se lo Spirito mi avesse aperto gli occhi. Ho l’impressione che tutte le cose che mi sono capitate (il percorso che ho imboccato, dalle sevizie sessuali che ha subito da bambina a tutto ciò che ne è derivato, ivi comprese tutte le attività a rischio) dovevano capitarmi perché io trovassi la mia voce, perché io mi mettessi in marcia. Con le donne, io parlo di questo argomento: dobbiamo trovare le nostre voci ed essere capaci di dire “no”, e di dirlo con fermezza.
Dove attinge la sua ispirazione?
In ojibway, si dice odebwewin, che si traduce con “parlare con il proprio cuore”. La verità viene dal cuore.
Finisca la frase. Io so che ho stabilito un contatto con l’uditorio se…
Si può sentire volare una mosca.
I consigli ai futuri conferenzieri?
Ricordatevi che non parlate solo per voi stessi. Così, non dovreste avere un vostro proprio programma personale. Quando vi lanciate in una strada di questo ambito e fate questo passo in avanti, parlate per gli altri. Essenzialmente, vi aprite per cercare di dare agli altri dei mezzi di agire.
JACQUES GELINAS
63 anni, Vive a Victoriaville (Québec). Diagnosi ricevuta nel 1992. Conferenziere per l’Ufficio locale d’intervento che tratta l’AIDS (Bureau local d’intervention traitant du sida – BLITS)
Che cosa la ispira?
Ciò che mi entusiasma di più ora, è di essere ancora qui dopo più di 16 anni, in vita e in buonissima salute. Io sono ancora qui per dire che è possibile vivere con l’HIV e trovare una strada che ci permette di vivere positivamente. Mi entusiasma anche credere e rendermi conto che gli esseri umani sono certo degli esseri complessi, ma che sono capaci di cambiamenti e di evoluzione.
Vero o falso: parlare in pubblico è la sua più grande paura?
Parlare in pubblico comporta sempre una certa paura, soprattutto quando si parla di un’infezione come l’HIV. Tuttavia, più mi sento competente e più il mio cammino è chiaro, meno ho paura.
Finisca la frase. Io so che ho stabilito un contatto con l’uditorio se…
L’assemblea si permette di fare domande indiscrete e si permette di ridere, o quando sguardi intensi si incontrano.
I consigli ai futuri conferenzieri:
Bisogna innanzitutto essere ben preparati, essere in contatto stretto con sé stessi, e soprattutto con il proprio cammino. Inoltre, dobbiamo essere pronti a sentire ogni sorta di domande e capaci di dire: “Penso che questa domanda riguardi la mia vita privata, allora non è necessario che risponda”.
LULU GURNEY
25 anni, vive a Vancouver (Columbia Britannica). Diagnosi ricevuta nel 2005. Conferenziera per Projet Playing It Safe, YouthCO in partenariato con l’Uffico nazionale del film del Canada
Che cosa l’ha spinta a cominciare a tenere conferenze?
Ho capito che la mia storia doveva essere raccontata. Avevo una solida rete di persone per incoraggiarmi e ricordarmi che i giovani affetti da HIV/AIDS avevano bisogno di un portavoce. Non abbastanza giovani raccontano la loro storia, e ciò è particolarmente vero presso i giovani affetti da HIV/AIDS.
Sentono vergogna o colpa per aver contratto il virus e hanno l’impressione che devono mentire e nascondere la loro malattia. A mio parere, è importante che questi giovani abbiano la possibilità di raccontare la loro storia senza essere giudicati. Le conferenze mi hanno veramente aiutato a organizzarmi come persona, oltre a darmi una nuova direzione da seguire. Non solo questa direzione è di ispirazione per gli altri, ma mi ha motivato a mettere ordine nella mia vita e a rendermi utile.
Che cosa ricava dalle sue conferenze?
Per me, l’obiettivo consiste veramente nel cercare di raggiungere la gente e nel farmi conoscere. Anche essere molto semplicemente un esempio per persone che hanno bisogno d’ispirazione fa una differenza.
Finisca la frase. Io so che ho stabilito un contatto con l’uditorio se…
Svelo loro cose che mi hanno ferita e che mi feriscono ancora talvolta. La gente può ferirmi, e ciò mostra a che punto sono umana. Se riesco a fare amicizia con persone recalcitranti all’inizio, è un contatto.
I consigli ai futuri conferenzieri:
Seguite un corso in composizione o in letteratura francese. Quando ho cominciato a tenere conferenze, andavo a scuola per migliorarmi, e ciò mi ha molto aiutato.
JAMES LORD EDWARDS
43 anni, vive a Sorrel Ridge (New Brunswick). Diagnosi ricevuta nel 1996. Conferenziere per AIDS New Brunswick ed AIDS Saint-John
Che cosa la fa arrabbiare?
Ne ho abbastanza di fare attenzione alle parole che voglio utilizzare. Il movimento di lotta contro l’HIV è ora troppo educato. Non c’è niente di educato ad essere affetti dall’HIV. Quando parlavo con uno studente in scienze infermieristiche che lavora con omosessuali, ero sul punto di dire “Quando si hanno dei rapporti anali…”, ma ho cambiato idea e ho detto “Quando si incula…”.
Che cosa l’ha spinta a prendere la parola in pubblico?
Dopo la mia diagnosi, io non ho operato in seno ad organismi di lotta contro l’AIDS perché ciò mi toccava da troppo vicino. In seguito al mio ritorno sulla costa est, mi sono impegnato in AIDS New Brunswick. Ero stato sostenuto da diversi organismi, e speravo di restituire ciò che mi era stato dato. Recentemente, le mie intenzioni sono cambiate quando la mia amica Jocelyne, una militante, autoctona, è morta di AIDS. Sentivo la rabbia in seguito al suo decesso e avevo bisogno di trasformarla in qualche cosa di positivo.
Vero o falso: parlare in pubblico è la vostra più grande paura?
Vero. Anche se dico che me ne infischio di ciò che gli altri pensano di me, le reazioni che vedo o leggo, particolarmente se la gente ha dei giudizi, mi colpiscono. Ogni volta che una persona si presenta davanti ad un uditorio, per quanto forte possa essere, vuole essere amata. Non vuole essere giudicata.
I consigli ai futuri conferenzieri:
Talvolta la gente dice delle cose che risvegliano cattivi ricordi. Tutto a un tratto, le sue parole vi colpiscono in una maniera che non avreste mai immaginato. Fatevi delle domande. Come controllate questo sentimento? Avete bisogno d’erigere confini?
*Jessica Yee, fondatrice e direttrice del Native Youth Sexual Health Network, si occupa di questioni legate alla salute sessuale, ai diritti genesici, alle competenze culturali e al rafforzamento dell’autonomia dei giovani.
** “I racconti derivano dalla trasformazione creativa della vita stessa in un’esperienza più potente, chiara e significativa. Rappresentano la moneta di scambio dei contatti umani.” [Traduzione libera]
– Robert McKee, Professore di Redazione di sceneggiature di Hollywood.
Testo originale: Parler avec son cœur (file pdf)