Padre James Martin: “il valore positivo della rabbia dei cattolici per lo scandalo degli abusi nella Chiesa”
Riflessioni di padre James Martin SJ* pubblicate sul sito del quotidiano The New York Times (Stati Uniti) il 15 agosto 2018, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Tutti i cattolici americani che conosco sono arrabbiati, e per buone ragioni. Le recenti indagini di un gran giurì su 70 anni di abusi sessuali da parte dei sacerdoti della Pennsylvania rivelano qualcosa di terrificante e molto ampio.
Uno di questi sacerdoti faceva lavare la bocca alla sua vittima con acqua santa dopo averla costretta a un atto sessuale; un altro ha fatto abortire una minore da lui messa incinta. Questi crimini terrificanti sono stati coperti (il gran giurì lo ha documentato) dai vescovi. Molte di queste storie risalgono a decenni fa, ma questo non diminuisce l’orrore e lo schifo dei cattolici che oggi le leggono.
Tutto questo marciume sta venendo a galla proprio nel momento in cui uno dei più potenti cardinali cattolici, Theodore E. McCarrick, arcivescovo di Washington per molti anni, è accusato di un gran numero di molestie su giovani seminaristi e sacerdoti e dell’abuso sessuale di un minore.
Infuria l’ira cattolica, e i più arrabbiati sono le vittime e le loro famiglie, tra le quali diverse persone di mia conoscenza, le cui vite sono state distrutte dalle violenze sessuali. Il resto dei cattolici sono furiosi con i sacerdoti stupratori e i vescovi che li hanno protetti, e molti di essi vedono la loro fede nella Chiesa scossa dalle fondamenta. Molti credevano che, dopo lo scandalo del 2002, la Chiesa avesse voltato pagina, e sono rimasti atterriti dalle nuove rivelazioni.
I cattolici della Pennsylvania (io sono uno di loro, perché sono cresciuto nell’arcidiocesi di Philadelphia) mi hanno parlato della loro personale rabbia nel leggere di pastori di loro conoscenza che con loro erano stati inflessibili sulla morale sessuale mentre in privato violentavano bambini. Alcuni cattolici millennial, che nel 2002 erano bambini, sono molto scossi ora che, in età adulta, leggono degli abusi sessuali per la prima volta.
Anche i consacrati cattolici sono furiosi. Come molti altri sacerdoti sono inondato di email di cattolici che mi dicono “Non so come faccio a rimanere nella Chiesa”. Vedere qualcuno che mette in dubbio la sua fede nella Chiesa vuol dire rendersi conto che potrebbe essere tentato di prendere le distanze da Dio, un’altra tragedia. Siamo anche dolorosamente consapevoli che i risarcimenti alle vittime (ovviamente giustificati) significano rinviare progetti di cui c’è disperato bisogno, a livello diocesano e parrocchiale: progetti educativi per i giovani, assistenza per gli anziani, aiuti finanziari per i poveri.
Poi ci sono le ragioni più egoiste: queste storie, se pure rappresentano sono una piccola parte del clero, gettano una luce sinistra su ogni sacerdote cattolico. Durante lo scandalo del 2002 in due occasioni qualcuno mi sputò addosso in metropolitana e a volte mi trovavo in imbarazzo a esibire il collarino.
In questo periodo sono arrabbiato anche con gli opinionisti cattolici che usano queste rivelazioni per i loro fini personali, così che la sofferenza dei bambini diventa per esempio un’occasione per attizzare l’odio verso i sacerdoti gay o le persone LGBT in generale, oppure per scatenarsi nel loro disprezzo senza limiti per papa Francesco.
Una delle cose più assurde che ho letto da parte degli opinionisti di estrema destra è il gettare fango su Francesco per i crimini di McCarrick, ignorando bellamente il fatto che costui è stato fatto vescovo da Paolo VI e poi cardinale da san Giovanni Paolo II. Francesco avrà pure le sue colpe e le sue esitazioni, anche a proposito dell’attuale scandalo abusi, ma non lo si può rimproverare per McCarrick.
Tutta questa rabbia potrà forse sembrare un qualcosa di anticristiano, che rischia di spaccare la Chiesa, ma in realtà è cosa buona e salutare, e ci aiuterà a fare chiarezza.
Nei Vangeli Gesù viene descritto molte volte in preda alla rabbia, in forte contrasto con l’immagine che molti hanno di lui: l’uomo di pace dagli occhi miti. Gesù fustiga i discepoli per la loro mancanza di fede (“Generazione perversa e adultera!”). L’episodio più famoso in questo senso lo ritrae mentre si fa una frusta di cordicelle e caccia i cambiavalute dal tempio di Gerusalemme, rovesciando i loro tavoli in un atto drammatico che lo porterà ad essere giustiziato dalle autorità romane.
La rabbia è parte integrante della vita e del ministero di Gesù, e dovrebbe fare parte anche della vita dei cattolici, avendo Gesù come guida. La rabbia di Gesù è sempre giusta, mai nel suo interesse personale, bensì reazione a come vengono trattati gli altri. Anche mentre sta morendo sulla croce rifiuta di arrabbiarsi con i soldati romani che lo hanno crocifisso, piuttosto prega per loro: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”. La rabbia di Gesù, in poche parole, è altruista e costruttiva, è tesa a produrre un risultato e un cambiamento.
I cattolici che oggi si sentono arrabbiati, nella visione cristiana provano la rabbia di Dio. Per come la vedo io, questo è il modo principe con cui Dio agisce nel mondo: attraverso le nostre emozioni umane. In che modo potrebbe agire, in che modo intervenire, in che modo spingerci a cambiare le cose se non infondendoci un ardente desiderio di rovesciare i tavoli della cultura clericale e cacciare tutti coloro che hanno sporcato e abusato della fiducia posta in loro?
Cosa possiamo fare noi cattolici? Ascoltate la vostra rabbia, fatevi impregnare da essa, lasciate che vi spinga ad agire in modo da proteggere i bambini e sradicare quel marciume clericale che ha prodotto quei crimini. Posso suggerire solamente alcune azioni specifiche: parlate con il vostro parroco, scrivete al vostro vescovo, esprimete la vostra rabbia al nunzio pontificio in questo Paese, ma soprattutto fate sì di essere vero cambiamento, anche a costo di essere dei rompiscatole.
Più importante dei miei suggerimenti, però, è ciò che ogni singolo cattolico si sente chiamato a fare. Nascosto in uno dei testi centrali del Concilio Vaticano II, la Lumen gentium (“La costituzione dogmatica della Chiesa”), un documento emanato dalla più alta autorità cattolica promulgato nel 1964, sta una forte chiamata alle armi rivolta ai laici. I laici, secondo il Concilio, “secondo la scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora anche il dovere, di far conoscere il loro parere su cose concernenti il bene della Chiesa”. Oggi le loro forti emozioni dovrebbero incitarli a seguire la chiamata della loro Chiesa, anzi, la loro rabbia li obbliga a farlo.
* Il gesuita americano James Martin è editorialista del settimanale cattolico America ed autore del libro “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt” (Editore Marcianum, 2018). Padre James ha portato un contributo sull’accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa Cattolica all’Incontro Mondiale delle Famiglie Cattoliche di Dublino e ha portato una sua riflessione anche al 5° Forum dei cristiani LGBT italiani (Albano Laziale, 5-7 ottobre 2018).
Testo originale: The Virtues of Catholic Anger