Il coraggio di Francesca. Il calvario di una ragazza lesbica
Articolo pubblicato sul sito Huffington Post Italia il 7 marzo 2019
“Meglio una figlia morta che lesbica”, queste furono le parole pronunciate otto anni fa dalla madre di Francesca, 23enne palermitana la cui drammatica storia viene riportata oggi da Repubblica. Quando i genitori della ragazza scoprirono l’orientamento sessuale della figlia, arrivarono le percosse e perfino lo stupro. Approfittando dell’assenza della moglie, il padre abusò della giovane per punirla.
A distanza di anni dal dramma subito, la ragazza ha finalmente trovato il coraggio di denunciare e raccontare la sua storia:
Francesca ha deciso di costituirsi parte civile contro i suoi genitori, che la sostituta procuratrice di Termini Imerese Annadomenica Gallucci vuole portare a processo con accuse pesanti. “Maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori”. Hanno anche fatto tre giorni di carcere. Loro negano, hanno sempre negato. Sicuri del silenzio della comunità in cui vivono. È un paese della provincia di Palermo, che faceva finta di non vedere, di non sentire. Anzi, aiutava sempre il padre a ritrovare la figlia, quando lei scappava.
Secondo la testimonianza della ragazza, Francesca aveva solo 15 anni quando la madre e il padre scoprirono quale fosse il suo orientamento sessuale attraverso degli sms scambiati con le amiche. A raccontarlo è stata la ragazza stessa:
Mi tagliavo i capelli e vestivo maschile, la mia famiglia aveva già capito qualcosa delle mie scelte. Poi, una mattina ho lasciato il cellulare a casa, mia sorella ha letto i messaggi e li ha fatti vedere a mio padre. Quel giorno sono corsi a scuola a prendermi. Tutti. Mio padre, mia madre, mia sorella e il suo fidanzato. E mentre eravamo in macchina, mi davano botte in testa, nelle gambe, mi davano botte dappertutto.
La famiglia andò a prenderla a scuola e, una volta riportata a casa, la rinchiuse nella sua camera. Solo qualche ora dopo, suo padre approfittò di lei per punirla.
Fu allora che il padre si spogliò, dicendo: “Tu queste cose devi guardare, non le donne”. E la violentò […] Dopo gli abusi una sequenza di messaggi alle sue amiche. Lo stesso sms per tutte: “Buttana, lascia stare a mia figlia”. E poi distrussero il cellulare della ragazza.
Nel tempo, la giovane ha tentato il suicidio per ben 3 volte e, una volta compiuta la maggiore età, è fuggita di casa, lasciandosi alle spalle quella famiglia violenta e un paese che sapeva tutto ma si nascondeva dietro l’omertà. Dopo aver abbandonato la propria abitazione natale, Francesca ha vissuto in una comunità protetta per diverso tempo e solo poi è giunta alla decisione di denunciare.