La difficile situazione delle persone LGBT in Brasile, dopo l’elezione del presidente Bolsonaro
Riflessioni di don Paolo Cugini [1] per La tenda di Gionata
Sono molti che in Brasile si chiedevano nelle settimane anteriori alle votazioni presidenziali in Brasile, che cosa sarebbe avvenuto se avesse vinto quel personaggio omofobico che era il candidato della destra Bolsonaro. Ora lo sappiamo, perché da pochi mesi è al potere. La situazione è drammatica. Durante i suoi quasi trent’anni di mandato, Jair Bolsonaro è divenuto famoso nella Camera dei Deputati per le sue dichiarazioni assurde, come la proposta della castrazione chimica per gli omosessuali, o per la dichiarata preferenza di avere un figlio morto piuttosto che un figlio gay.
Oppure, che dire delle recenti dichiarazioni fatte su facebook in cui sosteneva che le “minoranze” che non si adeguano alla maggioranza devono sparire? Ora, l’autore di queste dichiarazioni pubbliche è il presidente di uno dei più grandi Paesi del mondo, nonché uno dei paesi emergenti dal punto di vista economico. Non è un caso, allora, se il giorno dopo della sua assunzione come Presidente decide di firmare una Misura Provvisoria in cui toglie la popolazione LGBT dalle direttrici dei Diritti Umani.
Secondo lo studioso brasiliano di scienze politiche Bruno Silva, l’atto di togliere la dicitura LGBT dalle direttrici dei Diritti Umani è più simbolico che pratico. “Questa situazione rivela una mancanza da parte del Governo attuale di dialogare con i gruppi di minoranza sociale. C’è un disinteresse a dar loro visibilità pubblica, così come invece facevano i governi anteriori”.
In questa prospettiva, i gruppi LGBT sono una sorta di cartina di tornasole di come il Governo Bolsonaro si muoverà sui temi classici della sinistra che nel Paese ha governato negli ultimi anni. C’è senza dubbio la voglia di cambiare pagina nel nuovo Governo che il primo gennaio 2019 si è insediato a Brasilia.
La stessa elezione di Jair Bolsonaro a Presidente del Brasile, viene letta dagli esperti di scienze politiche, come un voto di protesta nei confronti del clima di corruzione che ha dominato i governi di sinistra degli ultimi tempi, più che un vero e proprio voto in favore della proposta politica del gruppo legato a Jair Bolsonaro. Sta di fatto, comunque, che ora al Governo del Brasile c’è lui e le sue prime mosse sono tutte nell’ordine di ciò che andava proclamando durante la campagna politica.
Javier Corralles[2], professore di scienze politiche nell’università del Massachusetts, in un’intervista rilasciata alla rivista IHU Unisinos di Porto Alegre (Brasile), sostiene che nelle zone del mondo in cui la democrazia liberale è debole, i gruppi di minoranza sono a rischio. Confrontando lo stile del neo eletto presidente del Brasile Bolsonaro con l’ex presidente venezuelano Chavez, ritiene che entrambi hanno lo stesso stile politico, che consiste nel castigare gli oppositori al Governo e favorire chi li ha sostenuti.
“Si vede in loro una forte aggressività nei confronti di tutto ciò che è stato fatto nel passato, accompagnato dalla volontà di rifondare il sistema politico”. E allora, se nel governo di sinistra del PT (Partito dei Lavoratori), che ha guidato il brasile per circa 16 anni, erano garantiti i diritti delle minoranze – la popolazione di colore, i quilombola[3], i popoli indigeni, i Senza Terra, le comunità LGBT – nella prospettiva del nuovo governo, le minoranze devono adattarsi alla maggioranza.
L’elezione di Jair Bolsonaro a Presidente del Brasile è venuta a consolidare una tendenza già percepita e considerata preoccupante nell’anno anteriore. Entro settembre 2018 erano stati, infatti, segnalati circa un centinaio di persone LGBT uccise in situazioni di dichiarata omofobia. Un caso che possiamo prendere come simbolo del clima teso che si percepisce in Brasile contro i gruppi di minoranza e, in modo speciale, contro i gruppi LGBT, è quello del deputato Jean Wyllys, dichiarato omosessuale e difensore in parlamento della causa e dei diritti delle persone LGBT. Proprio per questa sua difesa è stato ripetutamente minacciato di morte da quando Bolsonaro è divenuto presidente del Brasile e, ultimamente, ha deciso di lasciare il Paese.
In una nota ufficiale Jean Wyllys ha dichiarato che: “rinuncio al mio terzo mandato di deputato ottenuto con 24.295 voti. Voglio proteggermi e mantenermi in vita”. Assieme alla dichiarazione, il deputato ha inviato le prove delle minacce ricevute. Secondo l’avvocata cilena Antonia Norrejola Noguera, corrispondente speciale del Brasile nella commissione Interamericana di Diritti Umani, “il Paese non è stato capace di garantire sicurezza e condizioni basiche affinché il deputato Jean Wyllys potesse esercitare le sue funzioni”.
La decisione di Jean Wyllys di lasciare il paese perché minacciato, ha avuto una grande ripercussione in tutto il Brasile. Molti s’interrogano sulla situazione in cui si è giunti nell’attuale clima politico che sembra incentivare gli atteggiamenti omofobici. C’è un ambiente teso molto chiaro, palpabile nelle grandi città.
Si potrebbe pensare che l’unico baluardo rimasto in piedi per difendere i gruppi LGBT sia la Chiesa cattolica, ma in realtà non è così. Nonostante, infatti, che il Brasile abbia alle spalle una tradizione di cattolicesimo progressista, attento ai problemi dei poveri e degli esclusi, da qualche anno si assiste ad un ritorno dei gruppi tradizionalisti, molto conservatori e poco attenti e sensibili con i settori più deboli della società.
Nel quadro politico attuale, questi gruppi conservatori stanno trovando in Bolsonaro il loro profeta, colui che difende la famiglia dagli attacchi della così detta dottrina gender.
Che poi il neo presidente Bolsonaro sia divorziato e sposato tre volte è un altro discorso (secondo loro). “Da tutti i lati – sostiene il professor Javier Corralles – vediamo attacchi contro l’”ideologia del gender”. È chiaro che questo è un attacco contro tutti i gruppi che difendono la diversità sessuale e di genere. Ci sarà un attacco in Brasile contro le femministe e i gruppi LGBT, che sarà un attacco lanciato da settori religiosi”.
Nelle pagine di “Progetto Gionata” accompagneremo l’evoluzione della situazione politica in Brasile, soprattutto per quanto riguarda i gruppi LGBT.
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[1] Paolo Cugini è missionario in Amazzonia (Brasile), direttore della collana: Cammini della diversità delle edizioni San Lorenzo di Reggio Emilia.
[2] Nel 2018 Javier Corralles, ha pubblicato il libro: Fixing Democracy (Oxford Press, 2018) sulle riforme costituzionali in America Latina negli ultimi anni e i suoi impatti.
[3] Sono gruppi di afro-discendenti che nei secoli passati, durante il periodo della schiavitù, formarono comunità con i fuggitivi dalle case dei padroni.