Contro la cultura clericale dove nascono gli abusi
Articolo di Paolo Rodari pubblicato in “la Repubblica” del 27 marzo 2019.
Intervento di Padre Federico Lombardi in un volume vaticano sullo scandalo pedofilia:
“Trasformare il male in opportunità di purificazione. Può sembrare impossibile davanti ai crimini più terribili, gli abusi sessuali commessi dai sacerdoti sui minori, eppure è quanto chiede Francesco rifacendosi alla mistica Edith Stein che era convinta come anche nella notte più oscura potessero sorgere profeti in grado di indicare la via, «anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia», che con la loro umiltà, così ne parla il Papa, possono essere capaci di liberare la Chiesa «dalla piaga del clericalismo, che è il terreno fertile per questi abomini».
È il senso più profondo di un testo scritto da padre Federico Lombardi, moderatore al recente summit sulla pedofilia che ha avuto luogo a fine febbraio in Vaticano, intitolato Consapevolezza e purificazione (Lev) e nel quale sono svelati tutti i dialoghi che i vescovi convocati allo stesso summit hanno avuto fra loro a porte chiuse.
Messi per la prima volta davanti alle testimonianze nude e crude delle vittime, i presuli hanno dovuto accettare un cambio di paradigma non da poco per la Chiesa cattolica: le vittime, spesso relegate ai margini, sovente non credute, o al massimo accolte dagli stessi vescovi come ospiti non graditi, sono divenute le protagoniste della scena. A loro è stata data per la prima volta e in modo pubblico la parola al centro della cristianità, entro le mura leonine, la Città-Stato del Vaticano.
Lombardi, gesuita, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Ratzinger- Benedetto XVI che già da portavoce del predecessore di Bergoglio ha dovuto gestire l’emergere dei primi scandali avvenuti negli Stati Uniti, riporta con precisione certosina le parole dei vescovi, senza omettere anche gli interventi più netti come, ad esempio, il rifiuto di molti della facile teoria che vi sia un legame fra abusi e omosessualità.
Come ha recentemente affermato su La Croix padre Stéphane Joulain, sacerdote e psicoterapeuta, gli abusi sono figli piuttosto di una cultura clericale imposta dai preti e accettata dai laici, quella stessa cultura che con ogni probabilità è propria di coloro che vedono nell’omosessualità l’origine di ogni male: «Tradizionalmente, i preti – dice Joulain – godono di una forma di rispettabilità legata alla convinzione, mantenuta dai fedeli, che lavorano alla loro santità. Ma questo rispetto vale solo per i preti nel loro insieme, non individualmente. Ritenere che, dato che si è stati ordinati, si ha diritto ad una forma di riverenza, è un errore».
È da questa reverenza che nascono gli abusi, come se un sacerdote per il sol fatto di essere tale sia immune dal commettere crimini. È da questa reverenza che la libertà dei singoli è calpestata, con abusi che divengono sessuali non senza essere stati precedentemente di potere, di coscienza.
Lombardi parla della necessità di «rompere e superare la cultura del silenzio». E, insieme, quella mentalità per la quale l’autorità nella Chiesa è vista «come potere e non come servizio». L’ascolto delle vittime è fondamentale in questa strada, non a caso Benedetto XVI prima, Francesco poi, hanno iniziato a riceverle, dedicando loro tempo, spesso nel silenzio perché non tutte le vittime vogliono rendere pubblici gli abusi subiti.
Scrive Lombardi: ciò che «ha spesso provocato un risentimento profondo e ha indurito gli atteggiamenti critici» è proprio il «non-ascolto». Per molti vescovi è necessario che nei tribunali ecclesiastici, lì dove si giudicano i preti, vi siano più laici e donne. Spesso, la piaga della pedofilia, è stata favorita anche da ecclesiastici troppo indulgenti. E, insieme, da superiori di seminari non capaci di valutare i candidati al sacerdozio. Mentre occorre «valutare bene chi entra in seminario», con donne che siano «presenti anche nel corso della formazione dei seminaristi».
Sulla formazione hanno insistito molto i convocati al summit, anche per quanto riguarda il mondo digitale, «dato che il rischio di dipendenza dalla pornografia è presente fra i seminaristi e il clero».”